l’istantanea sulla povertà nel Metapontino con i referenti Caritas · IlMetapontino.it · l’essenziale è la notizia

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La povertà si nasconde bene, a volte è la persona che lavora ma guadagna poco e per andare avanti ha bisogno del pacco Caritas. La povertà è anche nella difficoltà di chi chiede supporto anche parziale per il pagamento delle bollette. Poi ci sono quelli che vengono da situazioni strutturali gravi: malattie, impossibilità a svolgere attività lavorative e in generale situazioni di famiglia molto gravi. I dati ISTAT nazionali, che certificano l’aumento della “povertà” nelle sue numerose forme, si trovano anche vicino a noi, non così lontano da casa nostra.

IL REEL 

Sono stati ascoltati i referenti Caritas di Policoro, Scanzano Jonico, Montalbano Jonico, Craco e Bernalda per avere un quadro generico conoscitivo della situazione nel Metapontino.
Un dato sembra unire le diverse forme di povertà ed è quello della precarietà del reddito: chi lavora guadagna molto poco e non arriva a fine mese. Inoltre, manca la “stabilità” temporale dell’impiego.

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Altro dato è il caro bollette, un aspetto che spinge le persone nel bisogno. E poi l’emergenza abitativa segnalata più marcatamente a Bernalda e Policoro.
“Ammesso che si trovi un alloggio disponibile, gli affitti sono altissimi”.
Già, perché appartamenti per uso abitativo non ce ne sono (quasi) più.

“Figuriamoci per chi ha bisogno di un tetto ha un reddito precario che offre poche garanzie”.

CAROLA RENNA, CARITAS INTERPARROCCHIALE BERNALDA

“I bisogni sono tanti. Tante le famiglie che non ce la fanno e che non arrivano alla fine del mese. A Bernalda c’è una fortissima emergenza abitativa. Non si trovano case in affitto. Quelle popolari (Ater) sono ‘bloccate’.

“Abbiamo grandissima urgenza di alloggi che non si trovano nemmeno a pagare prezzi alti.
L’emergenza abitativa si aggrava quando è legata al bisogno di un tetto”.

“Il lavoro precario fa il resto, non ci sono stipendi sufficienti ad offrire garanzie. Le persone che si rivolgono a noi non hanno un lavoro stabile, non hanno continuità. Manca la stabilità economica.

Poi ci sono famiglie che vivono situazioni di disagio solo momentanee. Dopo il Covid tante cose sono cambiate, la stessa stabilità lavorativa come i bisogni delle famiglie. Sono cresciuti i disagi. La gente che si rivolge a noi perché non riesce ad arrivare alla fine del mese aumenta.

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Gli stranieri vivono anche loro il problema legato alla mancanza di alloggi e poi hanno bisogno di supporto per l’acquisto di abbigliamento idoneo ai lavori che svolgono. Ma anche coperte, scarpe, vestiti per lavorare in campagna.

I cittadini italiani hanno situazioni diverse, c’è un bisogno economico per esempio legato alle utenze: sono alte e le persone non riescono a pagarle. Come Caritas proviamo a dare supporto. E’ molto difficile stare dietro a tutte le esigenze perché stanno aumentando.

Si ha l’impressione che la povertà a Bernalda sia aumentata.

Il numero delle famiglie che si rivolgono alla Caritas di Bernalda è di circa 300”.
Separazioni e divorzi determinano precarietà sia per lei che per lui”.

DON FRANCESCO LAUCIELLO. SACERDOTE SCANZANO JONICO

“Chi si rivolge alla Caritas non è chi vive per strada. In realtà chi si rivolge alla Caritas sempre più di frequente sono le famiglie italiane ma anche straniere. A Scanzano siamo nell’ordine del 50 e 50, quanto alla nazionalità.

Sempre più spesso, la persona che si rivolge alla Caritas apparentemente non vive un disagio economico. A volte – fermandosi all’apparenza – si ha l’impressione che la persona non viva un disagio. Parliamo di difficoltà ad avere liquidità disponibile per le spese di consumo. Ci sono tanti papà alle prese con la separazione e non hanno soldi sufficienti perché buona parte del reddito va in mantenimento, spese per i figli e tutto ciò che riguarda la separazione. Tendenzialmente – benché non sia sempre così – riguarda più gli uomini perché i bambini vengono affidati quasi sempre alla mamma”.

Il concetto è che il genitore non affidatario si trova in forte difficoltà e non riesce ad affrontare la spesa quotidiana.

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Mai fermarsi alle apparenze.
La Caritas ha due filtri: il modello ISEE, che per quanto utile a definire una situazione non è da solo sufficiente. L’altro è quello rimesso al parroco che deve conoscere personalmente la persona bisognosa. Occorre visitare la famiglia con l’aiuto degli operatori. Bisogna ascoltare”.

“Ci sono persone che solo apparentemente hanno una vita normale ma in realtà poi si scopre essere bisognose d’aiuto”.

Chi sta bene, deve fare. A Scanzano abbiamo proposto ai bambini del catechismo di portare un pacco di pasta a testa. Abbiamo 800 bambini al catechismo, quindi fra pasta e zucchero abbiamo raccolto una quantità enorme di cibo. Alla famiglia è costato 50 centesimi il pacco di pasta ma ha consentito alla Caritas di far fronte a tantissime richieste d’aiuto. Qui abbiamo 250 famiglie assistite, parliamo quindi di 500-600 persone che vengono alla Caritas mensilmente a cui si aggiungono quelli che saltuariamente si rivolgono a noi. Il poco di tutti, aiuta.

Nelle comunità di montagna, che ho conosciuto, il rapporto di vicinato è ancora più stretto. Nei piccoli centri ci si aiuta e la Caritas fatica di meno.

A Scanzano invece cosa accade?

“A Scanzano quando chiedi, la città risponde in maniera incredibile. C’è tantissima generosità.

Questa è una delle scoperte più belle che ho fatto da quando vivo e lavoro a Scanzano. L’anno scorso la mensa Caritas aveva finito tutte le scorte, l’arcivescovo mi chiese di contattare le aziende per fornire un aiuto. In una settimana abbiamo raccolto aiuti per circa 40 quintali per la mensa di Tricarico. La risposta caritativa è grande a Scanzano”.

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DON GIUSEPPE GAZZANEO,  POLICORO

“Anche a Policoro abbiamo unificato le azioni a livello parrocchiale. Una dimensione pastorale unitaria che comprende la Caritas. È inter-parrocchiale.
Serviamo 158 famiglie registrate attraverso ISEE ma ce ne sono tante altre.
Ci sono italiani bisognosi, per esempio i genitori che non riescono ad arrivare a fine mese.
Ci sono persone che non possono più lavorare e che non hanno maturato l’età della pensione.
Poi ci sono le famiglie che hanno vissuto situazioni gravissime e che non sono state capaci di riprendersi.

Ci sono gli stranieri che lavorano. Sono grandi lavoratori ma devono fare i conti con affitti altissimi e con utenze altrettanto alte e ciò che guadagnano è molto basso.
L’elemento comune a tutti bisogni è l’insufficienza del reddito.

Non abbiamo povertà estremissime a Policoro.
Il lavoro che svolgiamo è capillare e non diamo nulla se prima non abbiamo dialogato e conosciuto i richiedenti aiuto. Abbiamo un centro d’ascolto che funziona bene e che è di grande supporto. È fondamentale. Ci sono operatori e volontari.
A Policoro c’è la mensa domenicale che offre sì cibo ma dà a chi la frequenta la possibilità di vivere momenti di vita spensierata.

MONTALBANO JONICO,  IL REFERENTE DELLA CARITAS INTERDIOCESANA È  DON MASSIMO FERRAIUOLO

Sono maggiormente famiglie unite, pochissime quelle divorziate, tante invece le famiglie numerose. Circa il sessanta per cento è straniero. Gran parte tutti lavoratori, soprattutto nel mondo agricolo. Pochi gli anziani a fronte di una cospicua presenza di persone di media età; irrisorie quelle appena nate. La maggior parte ha una terza media o è senza istruzione (compreso i figli), qualcuno è di cultura medio bassa. È questo l’identikit dei residenti di Montalbano Jonico che ricevono aiuto dalla Caritas interdiocesana avente come responsabile Don Massimo Ferraiuolo. Il servizio è attivo nella città da circa 15 anni e stabile: tutti i mercoledì e i venerdì dalle 16:30 alle 18:00. Le famiglie ritirano il pacco una volta al mese e il rifornimento è in base al numero dei componenti di ciascuna di essa. Ma quali sono i requisiti per usufruire del servizio? Per prassi a tutti viene richiesto l’isee anche se non c’è un minimo e un massimo. Tutti possono avere bisogno di un sostegno perché il riuscire arrivare a fine mese o meno non combacia sempre con quanti zero hai nel tuo Isee. Molto dipende dalle varie problematiche che non emergono di certo da quella carta o che fa tanto pensare a quella tanto famosa frase a cui molti servizi italiani fanno riferimento e che suona più o meno così: “Hai diritto solo se non superi l’Isee”. Molto dipende invece da quante persone è composto il tuo nucleo familiare o se chi lavora riesce a mantenere i restanti familiari. Molto dipende anche non tanto dal se lavori o meno, ma dal se lavori che tipo di lavori fai, quanto guadagni, quali sono gli intoppi in base ai quali si può o meno campare… almeno dignitosamente. Da qui quel dato: “Gran parte tutti lavoratori, soprattutto nel mondo agricolo”. Sono 369 gli indigenti continuativi assistiti, di cui le donne superano di poco il numero dei bisognosi maschi. I saltuari assistiti sono invece 146. Questi i dati forniti dall’ultimo report risalente al maggio dell’anno in corso. I pacchi distribuiti in 12 mesi ammontano a 1.856, tra cui 1.000 kili di pasta; tanto per fare un esempio. Oltre alla pasta, viene donato anche il formaggio stagionato, il latte, varie confetture, a volte invece la busta donata contiene un rifornimento di salsa, biscotti per l’infanzia, frollini, succhi di frutta, legumi precotti, brioche, a volte anche farina, zucchero, e raramente il tonno e gli insaccati. Un pacco alla volta e in base al numero dei componenti della famiglia. Mensilmente, adesso, è la Protezione Civile locale che si occupa di andare assieme a qualche volontario della Caritas, alla sede di Matera per fare il carico da donare. Volontari per cui è previsto anche un percorso di formazione annuale presso la sede centrale di Matera, momento anche di confronto tra i vari volontari dei Comuni di Provincia, ciascuno con un identikit di bisognosi diverso e con varie misure relative alla povertà. Tutti accomunati da una stessa richiesta: quella di ricevere una busta, o meglio dire un po’ di sostegno e qualche sollievo almeno per una settimana al mese.

Già perché da sola la Caritas non fa miracoli. Insieme qualcosa in più si può fare per il bene di chi vive così, ma ha in cuore la voglia di vivere quantomeno dignitosamente.

Scommettiamo che ciascuno di voi almeno una volta nella vita ha pensato alla povertà, a chi può e a chi non può, al periodo che incide sempre sul suo andamento, a quella vita che mentre scorre lei (la povertà) sembra essere sempre un dato di fatto e sempre costante, e che a volte come in momenti di festa, di gioia come questi, si fa sentire un po’ di più, anche se in chi la vive è spesso costante, oltre il Natale.
“La povertà è aumentata” – ci spiega Simona Spada in qualità di collaboratrice della Caritas interdiocesana di Montalbano.

“Dopo il covid  è peggiorata la situazione.

I numeri sono aumentati a dismisura. Se fino al periodo antecedente al covid c’era un aumento di richiesta stabile con una media di 130 famiglie bisognose, dopo il covid si è arrivati a 250”. Oltre agli aiuti della Caritas, prima del covid era attiva anche la distribuzione dell’abbigliamento dato in beneficenza da parte di tutta la comunità. Poi con le restrizioni e con il sempre in allerta di un ritorno, il servizio è stato sospeso. Durante il covid inoltre c’è stata anche la beneficenza da parte dei più benestanti.

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CRACO, DON ALBERTO DELLI VENERI
Nella piccola realtà dove svolgo il mio ministero, la maggior parte degli assistiti che bussano alle porte della Caritas parrocchiale sono di nazionalità italiana, ma non mancano cittadini di nazionalità straniera, anche se sono solo una piccola parte. Non incidono molto. La maggior parte degli assistiti sono nuclei familiari costituiti da madre padre e figli.

Questo è il reale problema che investe la piccola comunità in generale e nello specifico la comunità di Craco. Poche, pochissime opportunità lavorative.

Si cerca di fare quel che si può. Fino a quando non si cerca di trovare nuove opportunità lasciando la propria terra, aumentando il già pericoloso spopolamento che investe la nostra regione di Basilicata. L’appello, soprattutto in questo periodo, è di vedere in chi versa in condizioni di precarietà sociale ed economica il bambino Gesù che nasce nell’umiltà, nel nascondimento, nella povertà. Chi può, dona con generosità e slancio.
La comunità di Craco è veramente generosa.

 

 

Gianluca Pizzolla

Cristina Longo

 

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Nella foto di apertura i parroci e i volontari intervistati

 





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