Natale a Betlemme. Card. Pizzaballa: “Credere o lasciare. Non avere paura delle potenze di questo mondo”

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“Credere o lasciare, abitare questa nostra terra e vivere questa nostra storia o andarcene per la nostra strada”. Questa la scelta che il Natale chiama l’uomo a fare. Una scelta significativa specialmente se assunta in un contesto come quello attuale della Terra Santa. Lo ha ricordato ieri sera alla Messa di Mezzanotte a Betlemme, il patriarca di Gerusalemme, card. Pizzaballa. Un monito contro “i Cesari Augusti di questo mondo” che “sono dentro il circolo vizioso della forza, che elimina a vicenda i nemici per crearne sempre di nuovi” come accade in Terra Santa

(Foto Lpj.org)

“Gesù non ha avuto paura di nascere in questo mondo né di morire per esso. Ci chiede di non avere paura delle potenze di questo mondo, ma di perseverare nel cammino della giustizia e della pace, di trovare gli spazi adatti dove possano nascere e crescere stili nuovi di riconciliazione e di fraternità, fare delle nostre famiglie e delle nostre comunità le culle del futuro di giustizia e di pace, che è già iniziato con la venuta del Principe della Pace”. Così il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, nell’omelia della Messa di Mezzanotte celebrata ieri sera, nella chiesa di santa Caterina, attigua alla Natività, a Betlemme, colma di persone. Il cardinale era giunto al mattino in città accolto dalle autorità civili e religiose locali, dagli scout e dai fedeli locali. Il clima di festa non è stato lo stesso degli anni scorsi quando il grande albero luminoso, le luci, i mercatini, i gruppi di pellegrini, riempivano la piazza della Mangiatoia. La guerra a Gaza, con le sue conseguenze anche economiche e sociali, si fa sentire ed ha permeato tutta l’omelia del patriarca.

La fatica di annunciare. Chiare le sue parole iniziali: “Non ho problemi quest’anno a riconoscere la mia fatica ad annunciare a voi che siete qui e a quanti da tutto il mondo guardano a Betlemme la gioia del Natale di Cristo. Il canto degli Angeli, che cantano gloria, gioia e pace mi sembra stonato dopo un anno faticoso, fatto di lacrime, sangue, sofferenza, speranze spesso deluse e progetti infranti di pace e di giustizia. Il lamento sembra sopraffare il canto e la rabbia impotente sembra paralizzare ogni cammino di speranza”. Il patriarca ha così riletto il Natale collocandolo “dentro il contesto sofferto nel quale ci troviamo, non molto diverso da quello di allora”. Dunque, Giuseppe e Maria che vivono la grazia del loro Natale, non in un modo, in un tempo o in circostanze decise da loro, o particolarmente favorevoli. Una volontà imperialistica di potenza governava allora il mondo e pensava di deciderne i destini, sociali ed economici. Questa nostra Terra Santa in quel tempo era soggetta a giochi di interessi internazionali non meno di oggi”.

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Dio non fugge la storia. E come Giuseppe e Maria hanno visto Dio nella storia, ha spiegato il patriarca, “noi vediamo in questo Bambino il gesto inedito e inaudito di un Dio che non fugge la storia perché troppo dolorosa e cattiva ma la ama, vi entra con il passo delicato e forte di un Bambino appena nato”.

La Luce della Pace di Betlemme

“Il Natale del Signore è tutto qui: attraverso il Suo Figlio, il Padre si coinvolge personalmente nella nostra storia e se ne carica il peso, ne condivide la sofferenza e le lacrime fino al sangue, e le offre una via di uscita di vita e di speranza”.Ma il Figlio, ha aggiunto il card. Pizzaballa, non entra “in concorrenza con gli altri potenti di questo mondo. La potenza dell’amore divino non è semplicemente più potente del mondo ma è diversamente potente.

I Cesari Augusti di questo mondo sono dentro il circolo vizioso della forza, che elimina a vicenda i nemici per crearne sempre di nuovi (e dobbiamo constatarlo amaramente ogni giorno).

L’Agnello di Dio, invece, immolato e vittorioso, vince, perché vince davvero, guarendo alla radice il cuore violento dell’uomo, con l’amore disposto a servire e a morire, generando così vita nuova”. Così facendo Maria e Giuseppe “hanno attraversato e dominato la storia con il passo di chi guarda a Dio e al suo progetto, e vi fanno entrare gloria e pace”.

La scelta. Da qui deriva la scelta: “abitare questa nostra terra e vivere questa nostra storia o andarcene per la nostra strada.

Credere o lasciare.

Decidersi per Cristo e fare nostro lo stile di Betlemme, lo stile di chi è disposto a servire con amore e scrivere una storia di fraternità. Oppure assumere lo stile di Cesare Augusto, Erode e tanti altri, e scegliere di appartenere a chi presume di scrivere la storia con il potere e la sopraffazione”. “È vero – ha riconosciuto il patriarca – siamo pochi e forse anche insignificanti nelle costellazioni del potere e nello scacchiere dove si giocano le partite degli interessi economici e politici. Siamo però, come i pastori, il popolo cui è destinata la gioia del Natale ed è partecipe della vittoria Pasquale dell’Agnello”.





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