«È molto plausibile. A breve pubblicheremo lo studio»

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E se i Bronzi di Riace avessero anche dei legami con la Sicilia? L’ipotesi non è completamente inedita, ma negli ultimi mesi se n’è tornato a parlare con più insistenza. Questo perché una ricerca nella quale è coinvolta anche l’Università di Catania ipotizza che le famose statue – la cui origine risale al V secolo avanti Cristo – possano essere state assemblate a Siracusa e che in origine fossero esposte in città (su quest’ultimo elemento torneremo più avanti). «Tutto nasce a gennaio 2024, quando mi ha contattato Anselmo Madeddu». A parlare è Rosolino Cirrincione, direttore del dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania, nel quale il docente insegna anche Petrologia e Petrografia. Il Madeddu a cui Cirrincione fa riferimento è un medico siracusano esperto di storia e di bronzistica greca. «Lui ha ricostruito tutto l’aspetto storico della vicenda – dice Cirrincione a MeridioNews – e mi ha chiesto se fossi interessato a svolgere delle indagini, a investigare su questa teoria».

«Inizialmente ero molto titubante – continua Cirrincione – e presi la cosa molto, molto alla leggera. Ma la fortuna geologica di Siracusa è che l’unico areale nel quale è possibile che affiorino terre utilizzabili per le saldature è molto ristretto: si tratta della zona dei Pantanelli. Quindi non c’era da investigare un’area vasta. In più, avendo svolto attività Carg per conto dell’Ispra», cioè l’Istituto superiore per la protezione
e la ricerca ambientale, «avevamo già preso una serie di campioni con carotaggi a circa dieci o undici metri, che ora sarebbero costati moltissimo: ne avevamo fatti 20, quindi sarebbero costati 30mila o 40mila euro, che è un costo non affrontabile per una ricerca di cui non mi interessava tanto». Avendo, quindi, i campioni già in laboratorio, «li abbiamo presi e abbiamo fatto altre tipologie di indagini, di tipo geochimico». Cirrincione racconta che «sentita la mia collega Carmela Vaccaro, che insegna all’Università di Ferrara ed è una specialista in questi campi, ho preparato insieme alla professoressa Rosalda Punturo questi campioni, li abbiamo sistemati e inviati a Ferrara, a un costo quasi zero. I primi risultati che sono arrivati ci hanno incuriosito, perché queste analisi erano simili a quelle pubblicate – disponibili in letteratura scientifica – sulle terre di saldatura». Queste terre sono «quelle utilizzate per assemblare la statua nel sito dove le statue sono state allocate», dice Cirrincione. Ecco perché se dovesse essere dimostrato che le terre di saldatura dei Bronzi vengono dall’area di Siracusa, questo vorrebbe dire che le statue sono quasi sicuramente state esposte in città, che è considerata dagli storico come uno dei più importanti centri della Magna Grecia.

«Abbiamo raffinato queste analisi – dice Cirrincione – cercato livelli più indicati e alla fine abbiamo trovato nel livello 5 (cioè circa sei o sette metri di profondità) una corrispondenza molto significativa. Quando questi risultati sono venuti fuori abbiamo fatto una conferenza stampa, a luglio scorso». Il docente dice al nostro giornale che a breve queste analisi «saranno disponibili su un libro di cui è autore Madeddu e che sarebbe dovuto uscire a settembre; in uno dei capitoli del volume noi avremmo disposto le tabelle relative alle analisi e avremmo anche fatto un articolo scientifico per le riviste specialistiche, visto che i dati li abbiamo». A quel punto, però, è successo qualcosa che ha ritardato le pubblicazioni.

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«Subito dopo luglio – dice Cirrincione – a me e a Madeddu sono arrivate telefonate di alcune persone che volevano raccontarci delle storie. Una persona anziana con la quale ho parlato mi ha detto: “Quello che avete detto è vero, perché io ho assistito al recupero di queste statue nella zona di Brucoli” (in provincia di Siracusa, ndr) e ci ha raccontato anche tutta una serie di dettagli. Questo è lo sviluppo che c’è stato da allora a ora», dice il docente. «Nel libro, quindi, Madeddu ha voluto aggiungere un’altra parte sostanziale, nella quale ci sono le testimonianze di queste persone: alcune hanno raccontato di aver visto direttamente il recupero, altre hanno detto di aver parlato con i subacquei che avrebbero recuperato i Bronzi». Ecco il motivo del ritardo nell’uscita del libro. Invece il motivo per cui non è ancora stato pubblicato l’articolo scientifico ha a che fare con motivi meno romantici. «C’entrano i miei impegni da direttore di Dipartimento», dice Cirrincione, il quale spera «di poterci lavorare in questo periodo di feste. Tutto sommato si tratta di uno degli articoli più semplici che abbia mai scritto, perché questa è stata la ricerca più semplice della mia vita», visto che «non ho fatto altro che prendere un argilla che avevo già campionato in passato», fare alcuni passaggi tecnici «che si fanno in un paio d’ore e poi confrontare l’analisi con un’altra già presente in letteratura».

Cirrincione racconta che «nei livelli superiori le analisi non combaciavano, ma nel livello 5 combaciavano perfettamente. Qualcuno ha cominciato a criticare – continua il docente – anche perché questa è una notizia un po’ eretica, quindi hanno iniziato a saltare sulle sedie tutti. Anche perché io sono di Siracusa, Madeddu è siracusano, la professoressa Vaccaro pure, quindi qualcuno avrà detto “avete fatto un complotto”. In realtà queste analisi sono veramente molto simili; dal punto di vista scientifico non si può dire che siano identiche, ma questo perché c’è sempre un margine di errore legato allo strumento di misura, che ha sempre delle fluttuazioni. Infatti – spiega Cirrincione – se si fanno due volte delle analisi sullo stesso campione, il risultato non sarà mai uguale. Ma questa similitudine tra le terre di saldatura dei Bronzi e le terre dell’area dei Pantanelli ci hanno veramente sorpresi». Il docente dice che «le analisi sono state ripetute più volte: sullo stesso livello abbiamo fatto cinque campioni e fatto il procedimento tre volte per ogni campione, quindi abbiamo una solida certezza che l’analisi da noi prodotta è ottima».

Il fatto che queste analisi siano «sorprendentemente simili ha avvalorato l’ipotesi siracusana». L’eco della ricerca – racconta il docente al nostro giornale – si è sparsa ancora di più quando della cosa hanno parlato la rivista Archeo», che – come suggerisce il nome – si occupa di archeologia «e il noto archeologo Luigi Malnati, il quale ha detto che l’ipotesi era veramente plausibile». Ma quindi come sarebbero andate le cose? Quando i Romani sconfissero Siracusa avrebbero prelevato quelle che in origine sarebbero state cinque statue e due leoni, così da portarle a Roma come bottino di guerra; questa versione sostituirebbe quindi quella finora più accreditata, secondo la quale quando l’impero Romano conquistò la Grecia smantellò queste opere e tentò di portarle a Roma, ma la nave naufragò al largo di Riace, in Calabria; stando all’ipotesi siracusana, il naufragio sarebbe avvenuto al largo di Brucoli, appunto in provincia di Siracusa. Secondo Cirrincione, la cosa è possibile anche perché «il tiranno Gelone amava questo tipo di regali, era uno che commissionava statue in bronzo». E stando alle testimonianze delle persone che hanno parlato con Cirrincione e Madeddu, le statue mancanti sarebbero state trafugate e vendute illecitamente: «Ci hanno raccontato che gli scudi e gli elmi sono stati staccati, così da essere venduti a parte». Quello che si pensa è che i due Bronzi trovati nel 1972 a Riace siano stati fatti trovare lì, così da depistare eventuali indagini su un presunto traffico di opere d’arte. Per ora nessuno conosce la verità storica.





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