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Appena due anni or sono la martellante propaganda turbo-progressista di mezzo mondo dipingeva un’Italia letteralmente in balia delle squadracce d’azione al servizio di una pericolosa estremista di destra che di lì a poco avrebbe compresso le libertà fondamentali, sospeso la democrazia e restaurato il Gran consiglio del fascismo e le leggi fascistissime.

“L’Italia dovrebbe avere il primo governo di estrema destra dopo Mussolini”, titolava con evidente preoccupazione il Washington post all’indomani del successo elettorale del 25 settembre 2022, accostando sprezzantemente Giorgia Meloni a Benito Mussolini e rievocando senza troppi giri di parole il ritorno nel Belpaese del regime fascista, un secolo dopo la Marcia su Roma. Sulla stessa lunghezza d’onda del Wp si collocava anche l’autorevole testata transalpina Le Figarò, che riportava testualmente: “Dopo la Svezia nuova svolta in Europa con la vittoria dell’estrema destra di Giorgia Meloni alle legislative in Italia. Per la prima volta dopo il 1945 un partito post fascista è alle porte del potere”.

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Ancor più catastrofisti dei francesi erano stati i tedeschi del settimanale Stern, che definivano Giorgia Meloni “la donna più pericolosa d’Europa”, e quelli della rivista Der Spiegel, che con un pezzo dal titolo eloquente “Povera Italia, povera Europa” annunciavano di fatto l’avvento dell’Apocalisse nel vecchio continente, spiegando altresì come la truppa di estrema destra guidata da Giorgia Meloni avrebbe causato scontri e divisioni in Europa che avrebbero poi condotto al disfacimento dell’Ue. Una narrazione che i progressisti nostrani portano avanti ininterrottamente da due anni, evocando ad ogni occasione utile lo spettro del Ventennio e il pericolo di un’imminente deriva autoritaria, sebbene poi la realtà dei fatti sia assai diversa da quella ingannevolmente rappresentata da media, sindacati e opposizioni, e tutta la grande stampa internazionale abbia più volte riconosciuto i meriti dell’azione politica di Giorgia Meloni in questo primo biennio al governo del Paese.

Al tal proposito, tralasciamo pure i recenti riconoscimenti giornalistici provenienti da oltreoceano, con Politico.eu e Forbes che rappresentano la Meloni rispettivamente come “persona più potente d’Europa” e “terza donna più potente del mondo”, e focalizziamo l’attenzione sui dati, che certificano inequivocabilmente la bontà del lavoro svolto sin qui dall’esecutivo di centrodestra. Con Francia e Germania nel bel mezzo di una crisi politica (proprio loro che avevano teorizzato la svolta autoritaria e la crisi della democrazia in Italia), quello italiano è senza ombra di dubbio il governo più stabile di tutto il vecchio continente, e Giorgia Meloni la leader più credibile ed apprezzata sulla scena politica europea, accreditata oggi come il principale interlocutore di Washington. Da un punto di vista squisitamente finanziario l’Italia targata Giorgia Meloni è percepita all’estero come un paese solido e in forte crescita. Le agenzie di rating hanno rivisto in positivo il giudizio sull’economia italiana, evento verificatosi solo tre volte negli ultimi quarant’anni, i titoli di Stato tricolore hanno fatto registrare una domanda record da 200 miliardi di dollari, il più alto valore di sempre, e lo spread è in calo di quasi 100 punti base rispetto all’ottobre 2022.

Di più: l’Italia è ad oggi il primo paese in Europa per misure attivate e per obiettivi centrati in riferimento al Pnrr, si colloca al quarto posto nel mondo nella classifica dei paesi esportatori, l’occupazione, che ha fatto il registrare il record di 24 milioni di occupati, ha raggiunto il picco più alto di sempre, sia come numero di occupati e sia come numero di contratti a tempo indeterminato. Per quanto concerne i dati sull’immigrazione, questi risultano in forte calo (-61%) rispetto a un anno fa, e il cotanto bistrattato modello italiano di esternalizzazione dei migranti ha incassato il gradimento di mezza Europa, a partire dai governi socialisti di Inghilterra e Germania.

Un ultimo dato può infine essere utile per smontare una volta per tutte la retorica dell’oppressione patriarcale che si è improvvisamente fatta largo in Italia dopo il 25 settembre 2022. Mai così tante donne prima d’ora avevano occupato in Italia delle posizioni apicali ai vertici delle istituzioni: da Giorgia Meloni prima donna presidente del Consiglio, a Daria Perrotta prima donna alla guida della Ragioneria Generale dello Stato, passando per Giuseppina Di Foggia, prima donna amministratore delegato di una partecipata (Terna). Altro che patriarcato e Italia in camicia nera.

A dispetto delle infauste previsioni di due anni or sono, che dipingevano l’Italia del 2023 alla stregua di quella fascista del 1923, quella che si affaccia al 2025 è invece un’Italia stabile politicamente e finanziariamente, con una leadership forte e autorevole, un’economia e un’occupazione in forte crescita, un’anima liberale e uno spiccato impulso riformatore. Alla faccia dei mistificatori, dei gufi e dei detrattori di professione affetti da allucinazioni da indigestione, i quali, faticando dannatamente a digerire i risultati elettorali, politici ed economici ottenuti da Giorgia Meloni e dal suo governo, continuano a intravedere gerarchi e camice nere in ogni dove, persino nei presepi, dentro ai pacchi regalo sotto l’albero o nelle slitte travestiti da Babbo Natale. Auguri anche a voi, cari comunisti!

Salvatore Di Bartolo, 25 dicembre 2024

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