Per che cosa dovremmo giubilare davvero, tolti i soldi a Roma – AlessioPorcu.it

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Stasera Papa Francesco aprirà la Porta Santa e forse con essa si schiuderanno gli animi di una terra inaridita

A spiegarlo si stanno affannando tutti, ma proprio tutti. E il Giubileo, segnatamente questo del 2025, viene descritto dalla più parte dei media per quello che è malgrado sia ben altro: una grande orgia di soldi. Vagonate giubilanti di soldi che arriveranno a Roma, nel Lazio, nelle province e, più generalmente, in tutti i posti dove la Chiesa ha i suoi spot di eccellenza fideistica. Perciò ed a traino, in ogni posto d’Italia dove la società faccia bordone alla professione di fede grazie al “bouquet” del turismo.

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A Veroli, ad esempio, città che in cui risiede parte delle origini del Presidente Cei, cardinal Matteo Zuppi, c’è una delle tre sole Scale Sante presenti al mondo. Non c’è una sola organizzazione di categoria che non abbia passato sotto la lente l’evento che prenderà il via oggi con l’apertura della Porta Santa da parte di Papa Francesco.

Veroli, Piazza Mazzoli (Foto © Ciociaria Turismo)

Tutti a fare studi prospettici, analisi dei flussi turistici, screening dei pellegrini talmente meticolosi che li si pelerà come patate fresche di vanga in ogni step del loro soggiorno, dal bar alle ritirate. Sacralizzare un anno intero sembra servire prioritariamente a questo: a rievocare in chiave occidentale 2.0 i tempi in cui la Chiesa incoraggiava i pellegrini a raggiungere la Città Alma Mater dietro un congruo abbuono degli anni da trascorrere in Purgatorio una volta trapassati.

I vantaggi, ma non solo quelli

Tra indulgenze plenarie ed esigenze di cassa siamo andati avanti fino ad oggi, e nel derby dei benefit, almeno secondo la narrazione prevalente, le seconde stanno surclassando tutto il resto.

Eppure non è così, maledizione, o non dovrebbe esserlo. Nessun singolo o sistema complesso che siano sani di mente casserebbero i vantaggi economici di un anno giubilare come sola ed esecrabile fuffa da adoratori di Mammona.

Foto © Carlo Carino / Imagoeconomica

Il mondo deve pur vivere e le società hanno il dovere di evolvere secondo dettami delle proprie economie di scala. Eppure qualcosa ci sfugge, un qualcosa di cui dovrebbero riappropriarsi tutti, credenti, atei, agnostici, laici e chierici. Qui non è un problema di divisa, qui il problema è l’Uomo.

Non si tratta, a ben vedere, di un elemento importante surclassato fino a scomparire, ma di un elemento cardinale arretrato fino a diventare cadetto nella trattazione mainstream. Piaccia o meno, un Giubileo è un’occasione. Occasione per rimettere a fuoco i nostri sguardi su quella parte di mondo che non corre con noi. E che non si affanna perché il fiato non ce l’ha più.

La cura dell’altro secondo Spreafico

Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e, “in persona Episcopi”, di Anagni-Alatri, ha tracciato una rotta. Tuttavia in mezzo ai flutti rabbiosi della vita non esistono nocchieri se non ci sono marinai, perché le navi si governano in equipaggio ed a fine tempesta i marosi si prendono tutto: feluche da capitani e braghettoni da mozzo.

Perciò il prelato ha detto: “La solidarietà e la cura dell’altro possono essere una chiave spirituale e umana di prevenzione”. Le avesse dette un bonzo tibetano o un nerd agnostico della Silicon Valley, quelle parole, avrebbero avuto lo stesso, straordinario potere.

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Perché non è mai chi preghi o se preghi, ma cosa e chi guardi nel tuo cammino.

Papa Francesco e “la speranza”

Papa Francesco (Foto: Andrea Giannetti / Imagoeconomica)

Il Papa “ad esempio”, ha sottolineato, in attesa della cerimonia in mondovisione delle 19.00, che questo è un Giubileo dedicato “alla speranza”.

Una cerimonia tanto smart a causa del raffreddamento del Pontefice quanto cruciale, a volerla intendere bene nel suo significato “extra gettito”. Quello etereo e di pietra al contempo. Ma chi è che spera? Chi ripone fiducia nella parte di mondo che a quella speranza induce, parte minoritaria purtroppo.

Una frazione di pianeta, Nazione, città, quartiere e pianerottolo se ne sta nell’Inferno travestito da Limbo in cui non devi scegliere il panettone meno costoso ché la vita è cara. Non devi farlo perché semplicemente il panettone non te lo puoi comprare. E non è solo una questione di soldi che mancano, perché a volte il panettone semplicemente non te lo vuoi comprare. Perché non è di melasse che hai fame.

Gli sguardi distratti

Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica

Ci sono menti e cuori in giro che lavorano solo allo specchio, troppo e troppo male, animi distrutti calati nell’abisso cupo della depressione e dello sconforto. Dove eravamo, tutti, un attimo prima che anche qui da noi in Ciociaria gli animi dei nostri figli cedessero agli assalti della solitudine ed issavano bandiera bianca su quelle maledette bare precoci?

Ci sono giovani che si ammazzano perché nessuno ha mai volto su di loro qualcosa di più di uno sguardo distratto, poi però dopo i funerali li abbiamo capiti tutti, siamo entrati in sintonia con il loro malessere. E, pieni di magone fesso, siamo andati sui maledetti social a spiegare di anime volate in cielo troppo presto ed a fare la sociologia sorniona degli spettatori.

In giro, ai bordi delle strade di questo Paese che non viaggia più alla stessa velocità del suo ultimo cittadino, ci sono case dove i film di Frank Capra sono una burletta amara. Gente che dorme in strada, gente con lividi sotto gli occhi, gente con brutti pensieri spersi tra le luminarie. Stanze con “troppa pioggia e pochi ombrelli”, direbbe Ligabue.

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Stellantis, Cassino Plant e Beko

Case in cui ancora per un anno si respirerà, ma poi Stellantis forse non si inchinerà più a questo Green Deal corridore e deciderà che in quelle case arrivi il freddo. Ci sono Cassino Plant da noi e Beko altrove, ma il senso del Giubileo dovrebbe essere questo: non c’è mai un altrove e non ci sono mai “altri”.

Non c’è o non ci dovrebbe essere quello che quel marpione di Guicciardini chiamava “el suo particulare”. Cioè quella cosa per cui stasera oltre il nostro pianerottolo il tepore finirà e con esso cesserà la sicurezza per cui almeno noi stiamo bene e si fottano gli altri.

Foto: Stefano Carofei © Imagoeconomica

Non serve essere cristiani per capire cose del genere, ma essere cristiani davvero magari aiuta. Aiuta a capire che stasera, con quella Porta Santa aperta, magari si spalancherà anche un’occasione per noi. Anche per chi legittimamente non ha altari da pregare. Non solo per fare soldi come società, ma per fare del bene come individui.

E finirla di ignorare gli altri fin quando non ne leggiamo i necrologi. Tendendo una mano prima per non doverla nascondere, sudaticcia, dietro la schiena dopo. Buon Natale. A tutti.



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