Intervista al ministro Piantedosi: «I centri per i migranti sono pronti, non possiamo fermarci. Linea dura? La chiedono gli elettori»

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di
Fiorenza Sarzanini

Intervista al ministro dell’Interno: «Io candidato alle regionali in Campania? No, resto al Viminale. Nessuna divisione con il mio amico Salvini, lui e Meloni apprezzano il mio lavoro»

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 Ministro Matteo Piantedosi, davvero riaprirete i centri in Albania?
«I centri sono pronti e saranno molto utili per velocizzare le procedure di riconoscimento della protezione a chi ne ha diritto, ma soprattutto del rimpatrio di chi non ne ha diritto. La recente sentenza della Cassazione ha confermato la possibilità di un prossima riattivazione dei centri che valuteremo proprio a partire da questo vertice».

La Cassazione ha detto che i giudici non possono sostituirsi al governo per la lista dei «Paesi sicuri» lasciando però la possibilità di decidere caso per caso. Se la Corte europea deciderà diversamente?
«Non credo che questo potrà succedere, almeno non in termini tali da impedire del tutto che il progetto possa decollare ed essere efficace. Ho da sempre avuto fiducia nella giustizia, e il recente primo pronunciamento della nostra Cassazione me ne dà conferma. La ragione e il diritto prima o poi si affermano. E poi non dimentichiamoci che nel 2026 entreranno in vigore nuove regole europee che puntano proprio su procedure e centri di trattenimento come quelli che abbiamo realizzato in Albania, ma anche a Modica e a Porto Empedocle. Io c’ero in quel Consiglio dei ministri dell’Interno europeo nell’estate del 2023 e posso assicurare che all’epoca una scelta simile non era scontata».




















































Riuscirete a contenere i costi?
«Penso che su questo si sia fatta spesso confusione. Adesso c’è solo un piccolo contingente di operatori che vigila le strutture in attesa della ripresa. Lo stanziamento di 650 milioni in 5 anni è una previsione di legge del costo massimo possibile con le strutture a regime, non è detto che corrisponderà alla spesa reale. Comunque è singolare che questa critica ci provenga da ambienti che spesso, al contrario, hanno ritenuto di censurare la presunta inadeguatezza degli stanziamenti e della qualità dei servizi che vengono resi nei centri governativi».

Ammetterà che adesso appare solo un spreco.
«Io dico che quando funzioneranno a pieno regime, i centri in l’Albania, al pari di quelli realizzati in Italia, potranno sul lungo periodo produrre effetti importanti soprattutto per chi viene accolto ma non ha alcuna prospettiva di integrazione. Tengo a sottolineare che per questo aspetto abbiamo ereditato un peso di circa due miliardi di euro e una gestione non accettabile. Ecco perché penso sia miope, da parte di alcuni, concentrare tutti gli sforzi politici nella acritica, pregiudiziale ed assoluta contrarietà a questo progetto».

Quanto influisce sulla linea dura del governo la sentenza di assoluzione del ministro Salvini?

«Non avrà nessuna influenza, perché quella sentenza rappresenta solo la fine di una vicenda paradossale di cui è stato vittima il mio amico Matteo Salvini che, peraltro, ha sempre tirato dritto con dignità e coerenza. È stato un esito importantissimo, ma la linea del governo è stata tracciata dal voto degli elettori che ha dato vita alla maggioranza parlamentare di centrodestra a cui, da tempo, gli italiani chiedono di fronteggiare l’immigrazione irregolare ed insostenibile».

E i risultati la soddisfano?
«Sì perché abbiamo molteplici iniziative di cooperazione operativa con i principali Paesi interessati e con un’azione diplomatica che, soprattutto in ambito europeo, cominciano a far intravvedere esiti incoraggianti. Il tutto, posso assicurarlo, in una cornice di assoluta legalità internazionale. È un lavoro di grande complessità, ma andremo avanti su questa strada. Possiamo certamente raggiungere risultati ancora maggiori, ma abbiamo sicuramente fatto meglio di quanto avrebbe fatto chi teorizza rassegnazione o, addirittura, compiacimento rispetto ad un’immigrazione incontrollata che avvantaggia solo i trafficanti di esseri umani».

In realtà le Ong protestano perché dicono di essere impedite a salvare le persone.
«È falso e offensivo sostenere che vengano impediti i salvataggi in mare, sui quali sono attive le nostre unità navali con un impegno e una professionalità che ci sono riconosciuti nel mondo. Basta guardare dati e numeri. C’è chi si ammanta della presunzione di essere titolare esclusivo delle connotazioni umanitarie di un impegno che, al contrario, per il modo sregolato con cui tende a svolgersi, spesso finisce per favorire l’azione dei trafficanti e incentivare traversate pericolose. Ho sempre trovato singolare che gli interventi di salvataggio delle Ong da sempre mirino a portare esclusivamente in Italia le persone raccolte in mare, come proprio la vicenda subita da Salvini dimostra».

E quindi bisognerebbe abbandonarli?
«No, anzi. Il governo ha dimostrato di non avere pregiudizi nei confronti di coloro che vogliono avere un futuro in Italia ricorrendo a canali di ingresso regolare, che abbiamo moltiplicato con numeri che non si registravano da tempo».

Domani apre la Porta Santa per l’inizio del Giubileo. Il dispositivo di sicurezza è attivato, ma, dopo quello che è accaduto in Germania, arriveranno altre misure?
«L’allerta è massima come è al massimo livello la mobilitazione degli apparati di sicurezza. Abbiamo un sistema di prevenzione rodato che si fonda sullo scambio di informazioni e la capacità di adattarsi ai profili di rischio. Per questo non cediamo all’allarmismo, pur mantenendo alta ogni possibile attenzione».

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La nuova minaccia è quella del radicalismo dei suprematisti. Quanto è alto il rischio che possano colpire anche in Italia?
«Si tratta di un profilo di estremismo insidioso ma, al momento, meno esteso nel nostro Paese rispetto ad altri. Le iniziative di polizia giudiziaria svolte hanno finora contenuto questo fenomeno, che comunque deve essere sempre tenuto nella dovuta attenzione».

L’attacco in un mercatino di Natale riporta a precedenti tragici. Non c’è un rischio di emulazione?
«Dobbiamo capire in quale contesto è maturato l’attentato di Magdeburgo, ma il ritorno a questa modalità è evidente che ci preoccupa. Il rischio maggiore è rappresentato da soggetti che possono muoversi come “lupi solitari” che agiscano con modalità non sempre prevedibili».

Sarà lei il candidato governatore in Campania?
«Assolutamente no e l’ho già detto più volte. Sono totalmente concentrato nello svolgimento dell’incarico che mi è stato affidato. I positivi risultati che stiamo ottenendo rappresentano uno stimolo a pensare esclusivamente ad andare avanti».

Direbbe no anche se a chiederglielo fosse Giorgia Meloni a nome di tutta la coalizione?
«Non me lo ha chiesto realmente nessuno e non vedo perché possa chiederlo Giorgia Meloni. Il centrodestra ha molte personalità politiche radicate nel territorio tra cui poter effettuare una scelta sicuramente migliore. La coalizione saprà esprimere un candidato in grado di governare la mia amatissima regione Campania. E poi come ministro dell’Interno ho l’opportunità, e qualche ambizione, di lavorare anche per la mia terra di origine in ambiti e con modalità che meglio mi si addicono».

Salvini ha smentito di voler tornare al Viminale ma non è sembrato troppo convinto. Ne avete mai parlato?
«Salvini, in poco più di un anno, fece un ottimo lavoro al Viminale ed io ho avuto il privilegio di essere stato partecipe di quella stagione. Chi ora, in modo malevolo, vuole insistere a proporre una connotazione divisiva all’esito del processo di Palermo si deve rassegnare: ha prodotto l’effetto delle espressioni di apprezzamento del mio lavoro da parte del presidente Meloni e dello stesso Salvini».


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