cosa dice la circolare del ministero

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24 Dicembre 2024



16:37

Con il nuovo Codice della strada basta un test positivo per far scattare le sanzioni verso chi guida dopo aver assunto cannabis o altre sostanze stupefacenti. Una circolare del ministero dell’Interno chiarisce come funzioneranno i controlli. Intanto, le associazioni di pazienti che usano cannabis terapeutica hanno diffidato il ministero, chiedendo di essere convocate per discutere le modifiche alla norma.

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Il nuovo Codice della strada, entrato in vigore il 14 dicembre, ha suscitato polemiche per alcune delle novità che contiene. Tra queste le nuove sanzioni per la guida in stato di ebbrezza. Ma anche le norme che riguardano la guida sotto effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope come la cannabis: le regole sono diventate molto più punitive, dato che non è più necessario verificare se la persona che guida si trova “in stato di alterazione psico-fisica”.

Sostanzialmente, in caso di controlli, anche chi ha assunto cannabis molte ore prima ed è perfettamente in grado di guidare potrebbe risultare positivo e quindi essere sanzionato. Una circolare del ministero dell’Interno è intervenuta per dare alcuni chiarimenti su come funzioneranno i controlli. Anche se non ha dato risposta alle lamentele dei pazienti che usano cannabis terapeutica, discriminati dalle nuove norme: le associazioni che li rappresentano, perciò, hanno diffidato il governo chiedendo di essere ascoltate. Ecco i chiarimenti arrivati dal ministero.

Quando scatta il reato di guida sotto stupefacenti con il nuovo Codice della strada

Nel cambiare le norme, dall’articolo 187 del Codice – che riguarda appunto le droghe – è stata rimossa la frase “in stato di alterazione psico-fisica”. Così adesso l’articolo recita: “Chiunque guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con l’ammenda da euro 1.500 ad euro 6.000 e l’arresto da sei mesi ad un anno“. Quando il reato viene accertato ne deriva “la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni”. Se poi c’è la recidiva nel giro di tre anni, “la patente di guida è sempre revocata“.

Questo è il cambiamento fondamentale e contestato. Non servirà dimostrare che aver assunto una certa sostanza ha reso la persona ‘alterata’ (ad esempio barcollante, o delirante, o anche solo poco lucida e reattiva), e quindi inadatta a guidare.”A seguito della modifica è sufficiente acquisire la prova dell’assunzione della sostanza prima della guida”, ha spiegato il ministero.

Dato che “non è più necessario accertare l’effettivo stato di alterazione del conducente”, l’autista potrà “essere denunciato per il reato di guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope sulla base dell’esito positivo degli accertamenti analitici di secondo livello”. Ma quali sono questi accertamenti?

Come funzionano i controlli per la cannabis: il primo tampone

Il nuovo Codice della strada dice che, quando una macchina viene fermata, gli agenti della polizia stradale possono “sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili”. Si tratta sostanzialmente di un tampone salivare, se gli agenti in questione ce l’hanno a disposizione.

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Se poi questo primo tampone dà un esito positivo, si procede con gli “accertamenti analitici di secondo livello”. Ma non è detto che sia necessario. Proprio perché può succedere che gli agenti non abbiano con sé il test necessario, la circolare spiega che per passare agli esami più accurati basta anche che ci sia “il ragionevole motivo di ritenere che il conducente si trovi sotto l’effetto della sostanza”.

Le analisi in laboratorio o il prelievo di saliva sul posto

Che sia per un tampone positivo o per dei sospetti “ragionevoli”, l’autista a quel punto “può essere sottoposto al prelievo di liquidi biologici”, cioè la saliva. Il campione deve poi essere inviato a dei laboratori per analisi più approfondite. Questo, almeno, sulla carta. In realtà, per regolare le modalità in cui questo prelievo deve avvenire servirà un’altra direttiva del ministero dell’Interno e della Salute. Fino a quel momento, quindi, la polizia non può procedere con il prelievo di saliva.

E allora, in caso di positività al primo tampone? Eliminato l’uso del cosiddetto “drogometro” (che doveva essere regolato da anni con un decreto “che non è mai stato adottato”, spiega la circolare), si può procedere in un solo modo: l’autista viene accompagnato “presso strutture sanitarie fisse o mobili”, e quindi vengono effettuati sia il prelievo sia gli “esami necessari ad accertare la presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope”.

Bisogna specificare che per questi esami – sia il tampone iniziale, sia quelli effettuati in laboratorio dopo – non c’è una soglia minima da raggiungere come per l’alcool. Qualunque traccia di sostanze stupefacenti, anche minima, che dia un risultato positivo equivale a un’incriminazione. Questo può sollevare problemi anche perché i tamponi acquistati nell’ultimo anno dai carabinieri hanno, ad esempio, una soglia più alta di quelli acquistati dalla polizia stradale. Perciò, la positività può dipendere anche da chi effettua il controllo, dato che non c’è una soglia stabilita per legge.

Quanto dura la sospensione della patente e per chi

Ci sono poi le sanzioni. Già quando il primo controllo risulta positivo – e come detto questo può avvenire con un “ragionevole” sospetto degli agenti che svolgono il controllo, se non hanno un tampone – può scattare il “il ritiro della patente di guida fino all’esito degli accertamenti”, fino a un massimo di dieci giorni.

La sospensione della patente è immediata: l’autista sanzionato non può mettersi al volante per portare l’auto a casa, quindi o interviene una persona terza (ad esempio un parente o amico) che può guidare, oppure il veicolo viene trasportato fino all’autorimessa più vicina o fino a un luogo indicato dall’autista. Le spese per il trasporto sono a carico dello stesso autista.

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Anche se il primo test è positivo e non è possibile effettuare le analisi più accurate, per un qualunque motivo, il divieto di guidare scatta comunque: la norma non specifica per quanto tempo dura, e la circolare afferma solo che ha “carattere temporaneo, essendo legato alla transitorietà degli effetti derivanti dall’assunzione”. Di nuovo, in questo caso la macchina deve essere spostata a carico del conducente che ha subito il controllo. Per di più, la Prefettura può stabilire che la persona interessata deve svolgere una nuova visita medica per accertare di essere idoneo alla guida.

Chi dovrà fare la visita medica e chi rischia di perdere la patente

Dopo il primo controllo, quello effettuato direttamente dalla polizia stradale, come detto è sempre obbligatorio effettuare una seconda analisi, in laboratorio, con un altro campione di liquidi biologici. In alcuni casi però questo può essere impossibile (ad esempio, spiega la circolare, “quando la struttura ospedaliera presso la quale è stato trasportato il conducente non abbia la possibilità materiale di effettuare gli accertamenti”).

Il prefetto può decidere di obbligare l’autista a una nuova visita medica per la revisione della patente, sia quando le analisi in laboratorio sono positive, sia quando non è possibile svolgerle. E anche in un ultimo caso: se l’autista rifiuta di sottoporsi ai controlli, cosa che già di per sé comporta sanzioni uguali a quelle di chi viene trovato positivo.

La visita in questione è quella di idoneità alla guida, che si fa anche per rinnovare la patente. Deve essere svolta entro sessanta giorni dal momento in cui la Prefettura la obbliga, e fino a quel momento la patente sarà sospesa.

Se l’autista non si presenta alla visita, la sua patente resterà sospesa fino a quando non lo fa. Se, per qualche motivo, la persona interessata risulta essere non idonea alla guida la patente è revocata. Dovrà aspettare tre anni prima di poterla prendere di nuovo.

La diffida dei pazienti di cannabis terapeutica: “Il governo ci convochi”

Proprio perché le regole sulla cannabis ora non distinguono più tra chi è effettivamente ‘alterato’ e chi invece è perfettamente in grado di guidare anche se ha Thc nel corpo, chi rischia di essere più penalizzato sono le persone che per trattare la loro malattia devono usare regolarmente cannabinoidi a scopo terapeutico. Di fatto, queste persone rischieranno sempre di risultare positive – e quindi di dover pagare multe salatissime e vedere la propria patente sospesa o revocata – solo perché seguono una terapia medica regolare e legale. Per questo, è partita una diffida nei confronti del ministero dei Trasporti e di quello della Sanità.

Gli avvocati che assistono le associazioni dei pazienti hanno chiesto ai ministeri di indire un tavolo di confronto entro e non oltre il 20 gennaio 2025. In caso contrario, potrebbero partire azioni legali per risarcire i danni morali causati alle persone malate.

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La riforma del Codice della strada, hanno scritto i legali, ha delle “gravissime conseguenze” per i pazienti, che hanno “concretamente paura di mettersi alla guida“. Questa è di fatto una “limitazione della libertà di movimento”. Assumere un farmaco “non induce sempre e comunque un’effettiva alterazione dello stato psicofisico di un paziente conducente”, e “sarebbe un’offesa all’intelligenza ritenere il contrario”.

Da quando il problema è emerso, il ministro Salvini ha fatto sapere di aver chiesto di preparare un confronto sul tema. Il problema, hanno sottolineato le associazioni, è che un tavolo c’è già stato ma le ha ignorate.

“Secondo gli atti parlamentari a base della riforma del reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, già si è svolto un tavolo tecnico”. Ma “è inaccettabile” che tra le “associazioni di categoria maggiormente rappresentative dei settori” che il Parlamento diceva di aver convocato non ce ne sia stata nemmeno una dei pazienti che usano cannabis terapeutica.

La soluzione proposta per il momento da Salvini è quella di “valutare caso per caso“, ma così non può funzionare: “In uno Stato di diritto non è ammissibile” che a fare gli esami sia l’agente di polizia stradale, “con la pia speranza che, consultando una prescrizione medica, possa soggettivamente decidere di non incriminare un paziente”. Anche perché a quel punto sarebbe proprio l’agente a violare la legge.





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