l’alternativa che salva il fegato, un milione i giovani nel mirino per i danni da binge drinking

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Il momento è decisamente appropriato: le vacanze natalizie offrono l’opportunità di riunirsi con i propri cari, rilassarsi e concedersi piaceri gastronomici. Piccole trasgressioni che, in fin dei conti, fanno sentire meglio. Tuttavia, per alcuni, queste occasioni si accompagnano a un eccessivo consumo di alcol. Negli ultimi anni, i bar senza alcol o sober bar, stanno emergendo come una valida alternativa ai tradizionali luoghi di ritrovo giovanile, offrendo uno spazio sociale alternativo e più sicuro.

Sober bar: la nuova frontiera del divertimento senza rischi

In un contesto in cui i giovani sono abituati a frequentare locali per aperitivi e happy hour, i sober bar si distinguono per la loro offerta esclusivamente analcolica, puntando a promuovere abitudini sobrie e a favorire una socializzazione sana. Sono ambienti ideali anche per famiglie, donne in gravidanza e rappresentano un’interessante rimedio al consumo eccessivo di alcol, grave problema di salute pubblica in Europa.

Gli europei, infatti, sono tra i più grandi consumatori al mondo e questo ha conseguenze molto gravi sulla salute, soprattutto nella fase di crescita tra i 12 e i 24 anni, quando il cervello è particolarmente vulnerabile agli effetti negativi delle sostanze. Niente di nuovo, visto che l’OMS ha da tempo ribadito, in modo inequivocabile, che non esiste un consumo di alcol sicuro.

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Un milione di giovani a rischio per i danni da Binge Drinking

I numeri parlano chiaro: nel nostro Paese, circa un milione e trecentomila giovani tra gli 11 e i 24 anni sono considerati consumatori a rischio di alcolismo, con circa 650.000 minorenni. In particolare, i dati sono preoccupanti per le ragazze, in aumento rispetto agli anni precedenti, che risultano più sensibili ai conseguenti effetti dannosi, come riferisce Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto Superiore di Sanità: «Questa sostanza interferisce con il sistema ormonale, aumentando i rischi di patologie gravi, come la formazione di noduli maligni nelle mammelle». E poi, aggiunge: «In generale, il consumo precoce di alcol è particolarmente pericoloso per i giovani, poiché la loro capacità di metabolizzare l’alcol è inferiore rispetto agli adulti, aumentando il rischio di danni cerebrali e fisici».

La percentuale di trapianti legati all’alcol è passata dal 40,9% nel 2023 al 46,8% nel 2024, segno di un fenomeno in costante crescita

In un’epoca in cui si parla sempre più di binge eating e fame emotiva, il binge drinking, l’abbuffata alcolica, non fa eccezione. «Un fenomeno pericoloso che sta mettendo a dura prova il fegato e causando un aumento dei trapianti», afferma il Professor Adriano Pellicelli, direttore della UOC Malattie del Fegato dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini. Le conseguenze di questo comportamento, che porta a rischi immediati come la cirrosi epatica, l’insufficienza epatica acuta e il tumore al fegato, sono ben documentate. Inoltre, l’abuso di alcol è legato a un aumento significativo degli incidenti stradali e di altri comportamenti violenti.

Circa il 47% dei trapianti di fegato a causa dell’alcol: l’allarme dell’ospedale San Camillo

L’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma è in prima linea nella lotta contro le malattie epatiche causate dall’abuso di alcol. Nel 2024, circa il 47% dei trapianti di fegato eseguiti nel centro sono stati causati dall’alcol. «Questo dato è allarmante e richiede un intervento urgente a livello nazionale», afferma il professor Pellicelli, sottolineando l’importanza di strategie preventive per ridurre l’incidenza delle malattie epatiche.

Dal 2015, l’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini ha registrato un aumento significativo dei trapianti di fegato legati all’alcol. Nel 2023, su 88 trapianti di fegato effettuati, 29 erano dovuti a cirrosi alcolica e 7 a tumori epatici causati dall’abuso di alcol. Nel 2024, il numero di trapianti è salito a 94, con un forte incremento dei casi legati a malattie epatiche indotte dall’alcol. La situazione è definita dal professor Pellicelli una “crisi sanitaria crescente”, che richiede interventi urgenti e mirati in termini di prevenzione, diagnosi precoce e trattamenti tempestivi.

Le iniziative educative e le etichette come strumento di consapevolezza

Per contrastare il pericolo del consumo eccessivo di alcol, alcuni Paesi europei corrono ai ripari. Il Belgio, ad esempio, segue le orme dell’Irlanda e introduce l’obbligo di avvertenze sanitarie sui prodotti alcolici. Pertanto, a partire da gennaio, le bottiglie di vino, birra e superalcolici dovranno riportare etichette che informino sui rischi per la salute legati al consumo di alcol. Questa misura, simile a quella già in vigore per le sigarette, è stata introdotta per proteggere i consumatori, in particolare i più giovani. Malgrado le chiare indicazioni note da tempo, l’obbligo di etichette informative sugli alcolici è ancora una misura adottata da pochi.

Sulle etichette l’Italia si è schierata contro questa iniziativa, temendo ripercussioni negative sulle esportazioni e sulla reputazione del vino italiano

L’Italia, rappresentante di un’importante industria vinicola, si è schierata contro questa iniziativa, temendo ripercussioni negative sulle esportazioni e sulla reputazione del vino italiano. «Per arrivare a una cultura di questo tipo bisogna sorpassare le diciture deboli come “bevi responsabilmente”, perché è opportuno che le etichette parlino», sottolinea Scafato. Il vino si prepara quindi a indossare l’etichetta con le avvertenze sanitarie? Intanto, Scafato si domanda: «Se all’estero siamo obbligati a informare i consumatori sui rischi legati all’alcol, perché non farlo anche nel nostro Paese? Il diritto di sapere cosa si sta consumando è un principio fondamentale che dovrebbe valere per tutti, indipendentemente dal mercato di riferimento».

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