23 Dic 2024
cgil modena, daniele dieci, sfide 2025,
L’anno 2024 si chiude, per la provincia di Modena, con segnali poco rassicuranti. Il nostro sistema industriale mostra i suoi lati più fragili, con l’aumento esponenziale del ricorso agli ammortizzatori sociali (+60% rispetto al 2023), la marcata contrazione della produzione in alcuni settori (maglieria -2,4%, abbigliamento -5,2%, ceramico -4,7%, metalmeccanico -5,3%, macchine e apparecchiature -10,0%) e la precarietà del mercato del lavoro (basti pensare che è solo 1 lavoratore su 2 ad avere un contratto a tempo indeterminato, a orario pieno e con 52 settimane di contribuzione).
Ancora: nel 2024 gli infortuni sul lavoro si avvicineranno a quota 13mila (11 di cui mortali) e le denunce di malattie professionali saranno circa 700. Dati esplosivi, che fanno il paio con la difficoltà rispetto alla crescita delle retribuzioni e alla parallela crescita del costo della vita.
Lo vogliamo quindi esprimere con forza: siamo di fronte a una crisi strutturale del nostro modello produttivo e di consumo e non possiamo accettare che tutto questo si scarichi esclusivamente sulle tasche dei lavoratori e delle lavoratrici, dei pensionati e delle pensionate.
Riteniamo un errore grossolano la scelta del Governo di abdicare ad una politica industriale nazionale, che indichi in che direzione andare, verso quali settori, che sostenga la riconversione industriale e che miri ad una grande azione di transizione ecologica e digitale. Così come riteniamo folle il taglio lineare agli Enti locali previsto nella legge Finanziaria 2025, che produrrà effetti a cascata nefasti proprio sulla pelle di chi continua a sobbarcarsi il 90% della tassazione Irpef in questo Paese, vale a dire la gente che lavora onestamente o che è andata meritatamente in pensione.
E riteniamo altresì inaccettabile che, da nostre elaborazioni su un campione di 120 aziende del territorio modenese, l’aumento del fatturato che si è registrato nel 2023 abbia prodotto esclusivamente l’aumento dei dividendi e niente sul lavoro. Per dirla in altre parole: i lavoratori e le lavoratrici hanno prodotto valore aggiunto, le aziende hanno fatto profitti e di quello non è stato redistribuito nulla.
Per questo, chiediamo al sistema delle imprese e alle amministrazioni di agire su 3 direttrici: lavoro degno e di qualità, riconversione industriale e giustizia fiscale.
Come? Sottoscriviamo protocolli che tengano fuori dal mercato degli appalti pubblici le aziende che non applicano i CCNL firmati dalle Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative, garantiamo continuità lavorativa a chi lavora in appalto, redistribuiamo le risorse ed estendiamo le regole degli appalti pubblici a tutti gli appalti privati. Qualifichiamo il lavoro nei settori più deboli, usiamo la legalità come leva competitiva.
Secondo punto: bisogna sostenere i percorsi di riconversione industriale, difendere il sapere dei lavoratori e delle lavoratrici ed allargare le maglie della partecipazione reale alle decisioni delle imprese. I bisogni delle persone devono trovare risposta non solo dal punto di vista salariale, ma anche sui tempi di vita, sulla qualità della vita, sull’ambiente, sulla mobilità, sulla casa.
Terzo: bisogna evitare di alzare la tassazione locale solo sulle fasce che già pagano di tasca loro le scelte sbagliate del Governo e la congiuntura economica negativa. Contemporaneamente bisogna difendere la loro possibilità di accedere a servizi di qualità, universali, efficienti, di avere una casa che non costi in media, come ormai è, più del 40% di quanto si guadagna. La casa è un diritto, non è profitto. Per fare questo si deve utilizzare sempre lo schema della progressività fiscale (chi ha di più paghi di più, chi ha di meno paghi di meno) e la logica di garantire strumenti oggettivi per una giusta redistribuzione.
Permetteteci infine un’ultima riflessione: il nostro territorio sta affrontando alcune importanti crisi industriali, che ne minano alle fondamenta la tenuta, su tutte Maserati e Bellco.
Bellco ci ha insegnato una cosa, in attesa che si possa arrivare ad una sperata conclusione positiva: a fare la differenza saranno sempre le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici, la loro capacità di difendere il lavoro e la dignità che sapranno mettere in campo, contro scelte prese sulle loro teste da chi persegue solamente l’interesse di un mero profitto.
Maserati invece ci racconta un’altra storia: ci racconta di come un potere economico possa tenere in scacco un Governo. Non ne possiamo più di sentire falsi proclami, impegni generici, promesse. Tutto questo crea solamente aspettative nelle persone che davvero hanno a cuore quell’azienda, chi ci lavora e più in largo una intera comunità.
A fianco di queste battaglie, a fianco dell’idea di rendere queste lotte un unico grande movimento, ci saremo sempre. E siamo sicuri che il grande appuntamento referendario del 2025 (con i nostri 4 referendum per un lavoro libero, sicuro e stabile, e quelli sulla cittadinanza e contro l’autonomia) sarà l’occasione per lottare per un’idea alternativa di Paese.
Daniele Dieci, segretario generale Cgil Modena
Modena, 23.12.24
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