Contro le banche e oltre. Salvini ha nuovo nemico: le carte di credito

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#finsubito

Conto e carta

difficile da pignorare

 


Bancomat, Visa, MasterCard: saranno questi gli obiettivi delle battaglie politiche della Lega con l’inizio del prossimo anno. Ringalluzzito dall’assoluzione sul caso Open Arms, il leader del Carroccio, Matteo Salvini riprende la sua lotta politica lì dove l’aveva lasciata prima dell’ultima udienza di Palermo: va all’attacco frontale al mondo bancario. C’erano già state due puntate nell’ultimo anno: prima la richiesta di far pagare gli istituti per gli utili record realizzati negli ultimi due anni e poi la dura critica a Unicredit per l’offerta su Banco Bpm.

“Troppo spesso le banche fanno le arroganti con chi non se lo può permettere e poi cedono con le grandi multinazionali. Non funziona così”, ha commentato il leader leghista da Milano a chi gli chiedeva cosa pensasse delle parole del ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina. Dalle colonne del Financial Times il numero uno di Ca’ de Sass aveva sollecitato il governo a non interferire con le operazioni bancarie. Esortando quindi i componenti dell’esecutivo italiano, ma anche il governo tedesco contrario al rafforzamento sempre di Unicredit in Commerzbank, a lasciar fare al mercato.

“Stiamo analizzando gli incassi multimiliardari delle società che gestiscono le principali carte di credito. Ormai non vivi se non hai la carta di credito”, ha tuonato Salvini indicato il nuovo bersaglio e assestando una nuova spallata agli istituti italiani, dopo aver di fatto preteso di finanziare lo sconto Ires per le imprese che investono prendendo altri 509 milioni alle banche, aggiuntivi ai circa 3,5 miliardi già previsti in manovra, con una ulteriore stretta sulla possibilità di dedurre le perdite. Si tratta di un mini sgambetto al credito di cui potrebbero beneficiare circa 18mila imprese. Tante avranno diretto allo sconto Ires di quattro punti, secondo le stime contenute nella relazione tecnica che ha accompagnato la legge di Bilancio in Senato.

Microcredito

per le aziende

 

Secondo le simulazioni del Politecnico di Milano condotte assieme a Confesercenti,  il costo delle commissioni che impatta sul transato annuale “varia da meno dello 0,9% per un negozio con scontrino medio di 5 euro, a oltre l’1,20% nello scenario in cui non vi siano microtransazioni in negozio, con percentuali che possono crescere ulteriormente per esercizi commerciali in zone turistiche o con grande flusso di viaggiatori”. Queste percentuali vanno inserite in un quadro di pagamenti che nei primi sei mesi dell’anno aveva toccato quota 223 miliardi e a fine anno arriveranno a un valore tra 465 e 475 miliardi. Si parla quindi di circa 5-6 miliardi.

Salvini non è nuovo a intemerate contro i pagamenti elettronici. Il Carroccio è tra i più strenui difensori dell’uso del contante. “Io sono un liberale, ognuno deve essere libero di pagare come vuole. Se uno vuole pagare due euro il caffè con la carta di credito è solo un rompiscatole”, aveva commentato a dicembre 2022, nei giorni in cui a dominare le discussioni sulla prima manovra meloniana erano le polemiche con Banca d’Italia per la decisione di alzare il tetto all’uso del contante.

Una delle prime proposte portate dai leghisti in Parlamento con la nuova legislatura è d’altronde l’esenzione dall’uso del Pos per le transazioni entro i 15 euro. Tra gli emendamenti all’ultima legge di bilancio i deputati salviniani aveva invece provato a inserire  un correttivo per “garantire la comparabilità e la trasparenza” dei costi delle commissioni. “Obbligo per le banche italiane di applicare il regolamento dell’Unione europea che fissa i costi massimi per l’utilizzo del Bancomat (allo 0,2%) e delle Carte di Credito (allo 0,3%), attualmente disatteso con costi applicati ben superiori e insostenibili per gli operatori turistici i cui margini operativi sono già risicati”, recitava infine uno dei punti del programma per le politiche del 2022. Subito seguito da un altro cavallo di battaglia, ritirato fuori a Milano dallo stesso Salvini: il diritto al conto corrente. Proposta riassunto nel programma delle passate politiche con l’intento di “eliminare la possibilità per gli istituti di credito di recedere dal contratto senza che vi sia un motivo grave e di prevedere l’impossibilità per la banca di esimersi dall’accendere un rapporto di conto corrente e di recedere dal contratto qualora i saldi risultino in attivo”.

Quelle del vicepremier e ministro delle Infrastrutture però sono al momento soltanto sparate da comizio. Fonti di governo sentite da HuffPost escludono interventi sulle carte di credito e sui pagamenti. Nell’estate 2023 il ministero dell’Economia aveva quanto meno ottenuto che banche, esercenti e fornitori di servizi di pagamento arrivassero a un protocollo d’intesa su alcuni punti: iniziative commerciali verso i negozianti per ridurre l’impatto delle transazioni fino a 30 euro e politiche suo costi quanto più competitive per i pagamenti entro i dieci euro. Propositi che dovranno trovare attuazione. Per adesso la manovra ha indicato un principio. I prestatori  di servizi di pagamento dovranno girare la cifra della transazione ai beneficiari entro un giorno lavorativo e non dopo mezzoggiorno.



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