Vino senza alcol, via libera della Regione Veneto alla sua produzione

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di
Mauro Pigozzo

L’assessore Caner: «Giovani e estero trainano il settore». Produttori divisi tra dubbi e opportunità

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Anche le Regioni hanno dato il loro via libera, il vino dealcolato è ad un passo da diventare realtà in Italia. Mercoledì scorso a Roma il ministro Francesco Lollobrigida durante la Conferenza permanente tra lo Stato e le Regioni ha accolto alcune modifiche al decreto, che adesso attende solo la pubblicazione. C’è chi ipotizza che ci vogliano pochi giorni, forse prima della fine dell’anno. Chi si spinge a gennaio. Ma di fatto, rivoluzione è fatta.

Gli aggiustamenti tecnici

Per quanto riguarda le decisioni più recenti, si tratta di aggiustamenti tecnici: la dealcolizzazione potrà esser realizzata dalle distillerie, che prima non erano incluse, ma anche in locali «separati» nel perimetro delle aziende vinicole. I produttori non saranno più costretti a «togliere» l’alcol rivolgendosi ad aziende all’estero, come facevano fino ad oggi; potranno farlo in casa. L’Italia così si allinea a normative già esistenti in Spagna, Francia, Belgio, Austria e Germania. «Abbiamo sostenuto questo decreto perché crea nuove opportunità», commenta l’assessore regionale, Federico Caner. «Il dealcolato è in continua crescita per tante ragioni: i giovani apprezzano vini di grado inferiore, alcuni Paesi all’estero lo chiedono. È una opportunità per il nostro territorio perché si produce dalle uve, non mette al rischio le attuali produzioni e anzi tende a cambiare e aumentare i consumi. Resta inteso che per ora non sarà possibile vedere un “Prosecco dealcolato”, dato che le Dop e le Igp sono state escluse dalla normativa».




















































I tempi che cambiano

I tempi cambiano, evidentemente; con buona pace dei tradizionalisti. Il provvedimento ha già incassato il sostegno del mondo degli industriali del vino e le categorie economiche sono state gratificate: la possibilità di organizzare stabilimenti che possono portare a termine l’intera filiera e il segmento aggiuntivo di business per le distillerie hanno reso tutti contenti. Così, presto vedremo al supermercato nuove etichette di vino dealcolato (alcune, importate, già esistono); saranno per lo più vini generici «bianchi» e «rossi», ma si troveranno anche i monovitigni delle sei bacche generiche previste dall’Unione Europea. 

Chi non è contento

Tutti contenti, dunque? Quasi. I produttori storici preferirebbero chiamarla «bevanda». «Non penso sia corretto chiamarli vino», ha detto ai soci in una lettera Franco Adami, presidente del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco. «Esprimo preoccupazione riguardo alla possibilità di definire “vino” un prodotto dealcolato. La parola vino è densa di significati culturali che vanno ben oltre la definizione di un prodotto. Il vino rappresenta una parte consistente della cultura agroalimentare di un Paese come il nostro in cui la cultura enologica è solida e antica». Va detto che quello dei vini dealcolati è un settore ancora praticamente vergine nel nostro Paese, sia come mercato (secondo un rapporto di Nomisma Wine Monitor, diffuso da poco ai soci del Prosecco Conegliano Valdobbiadene Docg, il mercato italiano dei vini a basso contenuto alcolico rappresentava meno dello 0,5% del totale nel 2022, ma con tassi di crescita che si aggirano intorno al 10% annuo), ma soprattutto come normative, che la nuova legge dovrebbe almeno in parte risolvere. Per questo le aziende stanno guardando con interesse alla riforma. «Considerata la normativa vigente – ha detto ai soci della Docg in una newsletter interna Luca Serena di Serena Wines – quello che posso confermare è sicuramente il nostro interesse nei confronti del trend globale che strizza l’occhio al no e low alcol. Nel 2024 abbiamo messo sul mercato un’etichetta 0.0 Alcol, una bevanda derivata dal mosto d’uva che si presta perfettamente alle tipiche occasioni di consumo conviviali legate alle bollicine, ma alcol free, e che sta avendo grande successo. Il mercato più forte dello 0.0 Alcol è sicuramente quello estero, con una grande dominanza della Scandinavia».

Come funziona e l’equilibrio

Per i non addetti ai lavori, la dealcolizzazione consiste nel ridurre parzialmente o totalmente il contenuto di alcol del vino, mantenendone al contempo le caratteristiche organolettiche. A partire dal 2021 l’Unione Europea ha introdotto la possibilità di commercializzare vini «dealcolati» (che devono avere un contenuto alcolico inferiore allo 0,5%), mentre quelli «parzialmente dealcolati» possono variare tra 0,5% e 5,5%.«Non possiamo ignorare che le nuove generazioni prestano sempre più attenzione alle novità e tendono a evitare tutto ciò che percepiscono come tradizionale – conclude Adami -. Questo trend globale deve però trovare un equilibrio con la salvaguardia della qualità e del patrimonio culturale».

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