“Ogni volta che voglio dar risposta alle mie domande, ne creo uno”. A raccontare come è nato questo progetto musicale è il percussionista José Mobilia che mette insieme le arti per riflettere sulla nostra lingua nella contemporaneità, partendo dalla corte di Federico II
Josè Mobilia è un noto percussionista della nostra terra, di Motta Sant’Anastasia. Trascorsi diversi anni lontano dalle sue radici, il ritorno ha suscitato il desiderio di condividere e di creare, di mettere insieme lo sperimentato e lo sperimentabile, con la certezza che il nostro territorio, così come le persone, è una grande risorsa, una ricchezza che non può rimanere nascosta.
Come in più occasioni ha raccontato, ogni suo festival nasce dalla volontà di dar risposta a delle domande e di continuare a dar voce alla tradizione dentro il contemporaneo.
U Giarddinu do rre fa parte di un progetto più ampio, il progetto Co.Ri., in collaborazione con l’Istituto comprensivo “Gabriele D’Annunzio” e il patrocinio del Comune di Motta Sant’Anastasia con la direzione artistica di Josè Mobilia. Il progetto comprende anche il Festival Rebound, festival delle percussioni, che si svolge in estate e un’attività di rigenerazione di spazi urbani nel territorio di Motta Sant’Anastasia.
I luoghi sono lo spazio dell’incontro tra le persone, di confronto, possibilità di espressione dell’arte, pertanto uno degli obiettivi principale di Co.ri. è quello di riscoprire luoghi, di rigenerarli, portarli alla loro dignità perché – come diceva Baumann – la relazione tra le persone possa verificarsi ed essere autentica.
Questo festival nasce, dunque, da un luogo; nasce dalla corte di Federico II che fece della lingua siciliana, la lingua del popolo, dei poeti, dei letterati, dei nobili. Il siciliano ha percorso cammini lunghi, tortuosi, a volte dimenticati; così, il direttore artistico ci riporta nei giardini del Re per indagare e capire quale è il presente e il futuro della lingua delle nostre radici attraverso incontri, storie, musica, teatro.
Quattro incontri in cui gli ospiti hanno raccontato il loro rapporto con il siciliano, come persone e come artisti e scoprire le meravigliose ricchezze professionali che la nostra Sicilia ha partorito.
Da Eleonora Bordonaro a Claudio Covato, da Biagio Guerrera e la piccola orchestra Jacaranda ai Lautari. Non sono mancati artisti, attori, registi, poeti ma anche etnomusicologi, pupari e cucinieri.
La piccola orchestra Jacaranda con da sinistra Sara Castrogiovanni, Simone Ardita, Francesco Messina, Gabriele Ricca. Al centro Biagio Guerrera
“Il siciliano ha vissuto un tempo, e molti di noi si ricordano, in cui era assolutamente vietato parlarlo sia in famiglia che nei luoghi sociali perché sarebbe stato un impedimento all’apprendimento della lingua nazionale. Intanto, nelle nostre famiglie, gli adulti parlavano il siciliano e i bambini, rigorosamente, l’italiano, generando un divario linguistico e una crisi di identità – come racconta Mobilia – che ci faceva già riflettere da bambini sul fatto di vivere in un luogo e non poter parlare la lingua delle nostre famiglie”.
“Chi siamo dunque? Qual è l’importanza del siciliano ieri come oggi?”, ha aggiunto il percussionista.
Il viaggio a Roma di Josè Mobilia, la distanza con cui ha potuto osservare le cose, ha fatto rilevare quanto, anche da lontano, la percezione sia quella che la lingua siciliana sia qualcosa da nascondere, da correggere, sinonimo di ignoranza, di zzaurdaggine, direbbero i catanesi, e ce ne vergogniamo.
Eppure, la lingua contiene le caratteristiche di ogni cosa che tocca, delle persone e vergognarsi della lingua significa vergognarsi di se stessi. La condivisione di questo argomento con gli amici artisti ha generato il bisogno non tanto di parlare della lingua come qualcosa che appartiene al passato e che, come tale, vada recuperata bensì come qualcosa che appartiene al nostro oggi, che arricchisce il nostro essere, il nostro modo di comunicare, di vivere i luoghi, di dare forma alle arti.
Interessante il “rituale” voluto da Mobilia che fa brindare con i rosoli siciliani, simbolicamente, gli artisti e condivide i biscotti all’anice con il pubblico durante la serata, il modo siciliano per accogliere e sentirsi “famiglia” grazie anche alla lingua.
La prima edizione di questo festival è già un pullulare di proposte, di voglia di esserci, di continuare a condividere il siciliano oggi guardando fiduciosi al futuro nostro, dei nostri luoghi, lavorando insieme per rendere fruttuoso “U ggiardinu do rre”.
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