Cosa deve coprire l’ospitalità lungo la Moscova del feroce dittatore mediorientale? Sollecitata dal Cremlino prima ancor di essere richiesta da lui — ha raccontato lo stesso Bashar fin nei minimi particolari —, potrebbe servire a togliere dalla scena un testimone pericoloso, improvvisamente loquace e già pronto a vendersi la pelle spifferando gli ultimi vent’anni di trame e traffici russi in Medioriente. A cominciare dall’eventuale compartecipazione ai traffici di Captagon, la droga di jihadisti e miliziani di Hamas, pagata fino a 25 dollari a pillola contro i pochi centesimi di costo produttivo nei laboratori gestiti dalla famiglia Assad. Per noi europei l’orizzonte orientale non promette nulla di buono. Pur di sciogliere l’abbraccio tra Pechino e Mosca, a Trump interessa disimpegnarsi dal Vecchio Continente e concentrarsi in Asia sul confronto con i cinesi. E bye bye Zelensky. A Kiev e alla quadratura del cerchio ci pensi l’Europa, se economicamente e politicamente — vuole affondare ancora
◆ L’editoriale di MAURIZIO MENICUCCI
► In politica, e in particolare in geopolitica, i fatti non sono mai come appaiono e lo stesso confine tra il bene e il male diviene incerto, quando dai fatti si risale alle cause. Dovremmo saperlo, ma ogni volta, sopraffatti dalle emozioni e dall’apparente oggettività delle immagini, lo ignoriamo. Così, se Mosca dà rifugio e scampo all’ex presidente siriano Bashar Al Assad, non è certo colpa di Putin, che di proteggere uno dei leader più esecrati dei nostri tempi avrebbe fatto volentieri a meno. C’è stato costretto, costretto dalla coerenza, perché gli amici non si abbandonano mai. Ma chi conserva ancora un po’ di capacità critica, dovrebbe onestamente riconoscere che a obbligarlo a questo passo, senza dubbio imbarazzante, sono stati la Nato, gli Usa, la Gran Bretagna e l’Unione Europea. Anche della nuova crisi siriana, spacciata per liberazione, che consegna il paese ai lupi di Al Qaeda e del Califfato islamico travestiti da agnelli, sono loro i veri responsabili: le solite potenze colonialiste, abilissime nel seminare ingiustizie globali e assopire le opinioni pubbliche nazionali con la propaganda, il relativismo moral-sessuale e il consumismo, ma ormai incapaci di ingannare quella parte sempre più larga e lucida del mondo che guarda alla Federazione Russa come a un faro di libertà e giustizia.
Avvisiamo subito i lettori, presi in contropiede dall’attacco di un articolo che forse non si aspettavano su questo giornale: le righe di cui sopra sono solo la previsione, fin troppo facile, di un pezzo che, almeno in questi termini, non è stato scritto. E se nessuno, per ora, lo ha fatto, è per una ragione molto banale. Perché nemmeno i più accaniti difensori dell’ex vicesindaco di San Pietroburgo, tappa fondamentale, ma molto trascurata, della sua formazione mafiosa, hanno trovato il coraggio e soprattutto le parole per dirlo, senza sembrare ancora una volta grotteschi burattini al suo servizio. Del resto, non è semplice giustificare un’ospitalità che, come ha raccontato in tutti i particolari lo stesso Bashar, è stata sollecitata dal Cremlino prima ancora di essere richiesta. Dopo di che, sarebbe il caso di riflettere se non sia il pretesto per togliere dalla scena un testimone pericoloso, improvvisamente loquace e già pronto a vendersi la pelle spifferando gli ultimi vent’anni di trame e traffici russi in Medioriente. Per citarne uno, l’eventuale compartecipazione ai traffici di Captagon, la droga di jihadisti e miliziani di Hamas, pagata fino a 25 dollari a pillola contro i pochi centesimi di costo produttivo nei laboratori gestiti dalla famiglia Assad, che in Svizzera avrebbe parcheggiato per i tempi migliori ben 99 milioni di dollari. Dalla risposta a questi dubbi, potrebbe dipendere quanto durerà il soggiorno sulla Moscova del dittatore alawita, anche perché è difficile immaginare un luogo sulla Terra dove possa restare al sicuro e impunito, con quel che sta venendo fuori dalle galere e dalle fosse comuni in Siria. Caso mai la tutela fosse a vita, la successiva domanda dovrebbe porsela lo stesso ex presidente, sulla scorta del destino toccato ad altri compagni di viaggio dello Zar, e sarebbe inquietante.
In ogni caso, si accettano scommesse: il coraggio di correre in soccorso di Putin sul caso Bashar verrà presto fuori, magari sollecitato dalla garanzia di una bella quantità di rubli, o di una convincente quantità di terrore. C’è tutto uno schieramento di sodali, di destra e di sinistra, pronto a latrare. Aspettano solo che qualcuno punti il dito contro il capo del Cremlino, ormai autorizzato dai cortigiani interni ed esterni a mostrarsi talmente sicuro, non solo della propria impunità giudiziaria, ma anche dell’immunità morale, da trascurare ogni cautela. Lui non rispetta le regole, le impersona, regista e interprete di una concezione sempre più orientale e mistica del potere. Tutto gli verrà perdonato, anche perché, nell’escalation globale di violenza bellica, ogni crimine contro l’umanità e ogni pulizia etnica si giustificano con quelli del giorno prima e del paese accanto.
Per quel che ci riguarda direttamente come europei, l’orizzonte orientale non promette nulla di buono. È evidente che la soddisfatta arroganza ostentata da Putin nella conferenza di fine anno, è alimentata dall’arrivo dell’amico neoinquilino alla Casa Bianca. Perché a Trump interessa, soprattutto, sciogliere l’abbraccio tra Pechino e Mosca – subìto, peraltro, anche dai russi – per disimpegnarsi dal Vecchio Continente e concentrarsi in Asia sul confronto con i cinesi. In tal modo, un’eventuale tregua con Kiev, ‘mediata’ dalla nuova amministrazione Usa, minaccia di essere un nulla osta a Putin per fare quel che vuole con l’Ucraina, affettandone il territorio, e con l’Europa, affettandone l’unità grazie all’aiuto dell’internazionale sfascista formata dai vari Orbán, Fico, Le Pen, Salvini e Vannacci e ormai controllata dal sempre più incontrollabile Muskalzone. Anche in questo caso, la pretesa dello Zar di sedersi al tavolo di pace solo dopo nuove elezioni ucraine punta sul logico logoramento della popolarità di Zelensky, ma svela anche la presunzione di potere distorcere il voto e sbarazzarsi del presidente, via ‘trollstorming’. Ha già dimostrato di saperlo fare, dovunque e comunque, negli ultimi 15 anni – caso più recente, la Romania – ed è pronto a ripetere la ‘prova di farsa’ con Kiev, se avrà la carta bianca che la coppia Trump-Musk sembra promettergli. Ed è proprio perché Bruxelles teme di essere scavalcata dagli eventi che nelle ultime ore, e col solito ottuso ritardo, sta proponendo a tutti, ma più che altro a se stessa, una forza di interposizione europea.
Come si diceva, richiamare l’autocrate slavo a qualsiasi ortodossia che non sia la fede medioevale condivisa col compare e patriarca Cirillo I, è tempo perso, come d’altronde lo è ragionare con il suo alter ego politico, Netanyahu. Se si guarda, però, alla verità nella sua forma più evidente, quella che, ad esempio, fa transitare la colpa di un crimine dall’autore ai conniventi, la domanda da porre ai filoputiniani di casa nostra resta la stessa; anche se, prima di formularla, dobbiamo considerare che in questa mal assortita schiera di cavie di Pavlov, pronte a scattare sull’attenti a prescindere dalla banda che suona a Mosca, non tutti hanno le stesse motivazioni. C’è una stragrande maggioranza mossa da ragioni di bassa bottega elettorale, ma anche parecchi buontemponi che davvero credono nella fascio-democrazia neozarista. Quindi, a beneficio di questi ultimi, e magari anche dei tanti pacifisti che non vedono l’ora di ballare il Trepak con l’orso russo, è meglio riassumere la questione con parole semplici e senza tanti sarcasmi: come mai non hanno nulla da eccepire sulla protezione che Mosca sta accordando a una belva come Bashar Al Assad, che ha le mani sporche del sangue di centinaia di migliaia di concittadini? © RIPRODUZIONE RISERVATA
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