Ponte, aumentano i costi. Soldi sottratti alla Sicilia e alle infrastrutture

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 Il Ponte sullo Stretto di Messina, da sempre al centro del dibattito politico e infrastrutturale in Italia, torna a far parlare di sé con aggiornamenti sui costi previsti per la sua realizzazione. Secondo le ultime stime, il progetto, già definito come una delle opere più ambiziose e controverse della storia italiana, richiederà un investimento complessivo che si aggira attorno ai 14 miliardi di euro. Questo importo include i costi diretti della costruzione e quelli legati alle infrastrutture di collegamento necessarie per integrare il ponte con le reti viarie e ferroviarie di Calabria e Sicilia.

Dettaglio dei costi

L’importo di 14 miliardi di euro si suddivide in diverse voci:

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  • Costruzione del ponte: la struttura sospesa, destinata a essere la più lunga al mondo, rappresenta la parte più consistente del budget, con circa 8 miliardi destinati alla realizzazione del corpo centrale e delle campate.
  • Opere di collegamento: strade e ferrovie in Calabria e Sicilia per consentire un’integrazione ottimale del ponte con le infrastrutture già esistenti. Questa voce è stimata intorno ai 3 miliardi di euro.
  • Spese accessorie: studi tecnici, monitoraggi ambientali, e costi di sicurezza per circa 1 miliardo di euro.
  • Imprevisti e riserve: circa 2 miliardi sono stati stanziati per eventuali modifiche progettuali, ritardi o imprevisti legati alla complessità del territorio.

Tempistiche e finanziamenti

Il governo italiano, sostenitore dell’opera, ha sottolineato che l’investimento sarà finanziato attraverso fondi statali e partnership pubblico-private. Tuttavia, una parte significativa dei finanziamenti potrebbe provenire dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e da fondi europei, benché permangano alcune incognite sulla disponibilità effettiva di queste risorse.

Secondo le stime, i lavori dovrebbero partire ufficialmente nel 2025 e il completamento è previsto entro il 2032, salvo ulteriori rinvii.

Polemiche e prospettive

I costi previsti e le tempistiche non sono immuni da critiche. Organizzazioni ambientaliste, forze politiche contrarie al progetto e gruppi di esperti hanno sottolineato come il rischio di lievitazione dei costi sia alto, sulla base di precedenti esperienze con opere pubbliche di grande portata in Italia.

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Inoltre, rimangono aperti i dubbi sulla sostenibilità economica dell’opera: se da un lato il ponte promette di rilanciare l’economia del Sud Italia e migliorare la mobilità tra Calabria e Sicilia, dall’altro c’è chi teme che i costi possano superare di gran lunga i benefici reali.

Legambiente, LIPU e WWF Italia hanno notificato un ricorso al TAR del Lazio contro il parere favorevole con prescrizioni sulla Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) relativo al Ponte. Le associazioni contestano la decisione della Commissione VIA, evidenziando gravi carenze procedurali e scientifiche.

Le criticità principali sollevate nel ricorso

Gli avvocati Daniela Ciancimino, Elio Guarnaccia, Enrico Mantovani e Aurora Notarianni, che rappresentano le associazioni, sottolineano come il parere positivo della VIA sia contraddetto dalla Valutazione di Incidenza negativa. Secondo i ricorrenti, le prescrizioni imposte dalla Commissione per mitigare gli impatti ambientali avrebbero dovuto essere analizzate già nella fase di progetto definitivo, e non rimandate al progetto esecutivo.

I punti critici del progetto evidenziati dalle associazioni

  • Cantierizzazione e cumulo degli impatti: Non è stata effettuata un’analisi adeguata degli effetti cumulativi e sinergici degli impatti ambientali, come richiesto dalla normativa europea e italiana. Rimangono in sospeso questioni legate alla sicurezza sismica e ai test strutturali fondamentali, come le prove di fatica dei cavi portanti del ponte.

  • Tutela della costa e delle acque: Lo studio sulla morfodinamica delle linee di costa e la gestione delle risorse idriche per il cantiere sono considerati inadeguati. L’approvvigionamento idrico, cruciale in aree come Messina già soggette a carenze idriche, è stato valutato senza certezze né piani concreti.

  • Impatto ambientale su fauna e flora: La Commissione VIA ha riconosciuto impatti significativi e irreversibili su habitat protetti, migrazione degli uccelli e ecosistemi marini. In particolare, le praterie di Posidonia oceanica, gli habitat di cetacei e le comunità planctoniche richiederebbero misure di compensazione e monitoraggio non adeguatamente pianificate.

  • Monitoraggio ambientale insufficiente: La Commissione ha prescritto un monitoraggio di almeno un anno su diversi habitat e specie faunistiche, ma queste analisi sarebbero dovute essere effettuate prima di emettere un parere positivo.

  • Effetti sulla migrazione degli uccelli: L’area dello Stretto rappresenta una delle rotte migratorie più importanti d’Europa. La Commissione ha evidenziato impatti gravi ma ha comunque concesso parere favorevole, contraddicendo il principio di precauzione.

  • La posizione delle associazioni

    Legambiente, LIPU e WWF Italia ritengono che le gravi carenze evidenziate avrebbero dovuto portare al rigetto del progetto. Secondo le associazioni, la decisione di procedere con il parere favorevole riflette più una volontà politica che una valutazione tecnica basata su criteri scientifici.

    In una nota, le associazioni hanno dichiarato: “Il Ponte sullo Stretto rimane un’opera dall’impatto ambientale gravissimo e irreversibile. Non è accettabile che prescrizioni essenziali vengano rimandate a una fase successiva, compromettendo una visione d’insieme sull’applicazione e sull’efficacia delle misure proposte.”

    La prossima fase

    Il ricorso rappresenta un ulteriore ostacolo per il progetto, che continua a dividere l’opinione pubblica e a sollevare interrogativi sulla sostenibilità ambientale ed economica dell’opera. Il TAR Lazio sarà chiamato a esaminare il ricorso e a decidere se le criticità sollevate dalle associazioni ambientaliste siano sufficienti per bloccare o rivedere il parere VIA.

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