di Adolfo Tasinato
Un movimento dimenticato, troppo a lungo messo al bando
Nell’ampio panorama delle correnti artistiche che hanno scosso l’immaginario culturale del Novecento, il futurismo emerge come un urlo di ribellione, un movimento così dirompente da spaventare persino i suoi contemporanei. Nato nel 1909 dalla mente vulcanica di Filippo Tommaso Marinetti con il suo celebre “Manifesto del futurismo”, pubblicato sul quotidiano parigino Le Figaro, questo movimento artistico non fu semplicemente un’esperienza estetica, ma una vera e propria rivoluzione culturale che ha pagato a caro prezzo il suo coraggio di innovare.
Le radici di una rivoluzione artistica e non solo
Il contesto storico è fondamentale per comprendere la portata dirompente del futurismo. L’Italia degli inizi del Novecento era una Nazione alle prese con profondi cambiamenti: l’industrializzazione, l’urbanizzazione, le nuove tecnologie stavano trasformando radicalmente la società. I futuristi colsero immediatamente questa energia, facendone il cuore pulsante della loro poetica.
Marinetti e i suoi compagni non vollero semplicemente dipingere, ma “cantare l’amor del pericolo“, esaltare la velocità, la macchina, l’industria. L’arte doveva essere dinamite, rottura con la tradizione, inno alla modernità. Artisti come Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Gino Severini trasformarono la pittura in un’esplosione di linee di forza, movimento, energia cinetica.
Il futurismo fu impeto rivoluzionario teso a distruggere la società borghese a cavallo tra i due secoli, azione rivoluzionaria riconosciuta dallo stesso Antonio Gramsci.
La censura politica: una pagina oscura della cultura italiana
Ma è qui che la storia si fa amara. Il futurismo, troppo spesso ridotto a mero capitolo artistico, è stato in realtà vittima di una sistematica opera di censura e rimozione, soprattutto da parte dei movimenti di sinistra italiani e da certa critica ammantata di presunta supremazia culturale. Paradossalmente, coloro che si professavano paladini del progresso, hanno combattuto con ogni mezzo un movimento che del progresso aveva fatto la sua bandiera.
Gli intellettuali ed i politici di sinistra, con un atteggiamento ideologico miope e ottuso, hanno bollato il futurismo come un movimento “fascista”, dimenticando le complesse dinamiche del rapporto tra i futuristi e il fascismo.
Fascismo e futurismo: una relazione controversa
Il rapporto tra futurismo e fascismo è un capitolo tanto difficile quanto sfaccettato della storia culturale italiana. Marinetti e alcuni dei principali esponenti del movimento inizialmente videro nel fascismo rivoluzionario di Mussolini una potenziale occasione di rinnovamento nazionale. Nel 1919, lo stesso Marinetti fondò i “Fasci Futuristi”, un movimento politico che anticipò di poco il fascismo. Alcuni futuristi, come Fillia e Prampolini, ebbero incarichi e collaborazioni con il regime, credendo di poter realizzare attraverso esso la loro rivoluzione culturale.
Tuttavia, questo fu un matrimonio destinato a logorarsi rapidamente. Nonostante l’iniziale entusiasmo, i futuristi mal sopportavano l’impostazione conservatrice e tradizionalista del fascismo proteso verso un nuovo Impero.L’arte ufficiale del regime prediligeva uno stile neoclassico e celebrativo, lontano dalle ricerche dinamiche e rivoluzionarie dei futuristi. Marinetti e compagni vennero progressivamente emarginati, con le loro opere considerate troppo ardite.
Lo stesso Marinetti, pur avendo firmato nel 1924 il Manifesto degli intellettuali fascisti redatto da Gentile, mantenne sempre una posizione critica e indipendente. Il fascismo tollerava i futuristi, ma non li amava fino in fondo: troppo rivoluzionari, troppo internazionalisti, troppo poco allineati con la retorica ufficiale.
La mostra di Roma: l’ultimo capitolo di una lunga censura
La mostra in corso alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea è stata preceduta da una campagna denigratoria agita per colpire personalità di Destra responsabili e promotori della Cultura, persone che giustamente hanno ritenuto importante far conoscere meglio agli italiani amanti dell’arte e della nostra cultura, un movimento artistico che immaginò l’avvento di molte delle innovazioni che avrebbero rivoluzionato la società.
Ma certa politica nostrana, giustamente libera di criticare una mostra dal punto di vista artistico od organizzativo, si è invece lasciata andare a becere illazioni tese a costruire il solito stantio dossier da proporre nei canali Tv che costituiscono l’orticello che, dai tempi della prima Repubblica, sembra appartenere agli eredi del PCI ed ai suoi soci di minoranza democristiana.
Un’altra occasione persa per sviluppare un dibattito di alto livello tra le diverse anime politiche e culturali della nostra Nazione, ma evidentemente da parte dell’opposizione gli argomenti latitano a parte le “profondissime” disquisizioni sugli staff di Ministri ed altre personalità.
La recente mostra di Roma, lungi dall’essere una semplice retrospettiva, è diventata quindi terreno di scontro ideologico. Alcuni critici hanno alzato la voce cercando di limitare la narrazione del futurismo a un mero episodio di propaganda politica.
Tutto molto poco artistico ma comunque le polemiche hanno avuto l’effetto di moltiplicare l’attenzione del pubblico per l’evento e la mostra, che è ampia e ricca di numerosi documenti originali, è visitata da tanta gente e tantissimi giovani!
La realtà storica è che il futurismo è stato un movimento internazionale, che ha influenzato l’arte, l’architettura, la letteratura, la musica ben oltre i confini italiani. Ha precorso esperienze come il Bauhaus, ha dialogato con le avanguardie russe, ha ispirato movimenti artistici in tutto il mondo.
Un’eredità culturale misconosciuta
Le polemiche attuali altro non sono che l’ultimo capitolo di una lunga storia di rimozione. I futuristi nel corso del tempo hanno pagato un prezzo altissimo per il loro coraggio: emarginazione, accuse di esaltazione della violenza, etichette politiche che nulla avevano a che fare con la loro ricerca artistica.
Eppure, guardiamo oggi le loro opere: quadri che sembrano ancora più rivoluzionari di molte proposte contemporanee, manifesti che anticipano la grafica pubblicitaria e la comunicazione moderna, concezioni architettoniche che sembrano uscite da un film di science fiction.
Conclusione: rivalutare, finalmente
È giunto il momento di scrollarci di dosso decenni di pregiudizi. Il futurismo va ricordato per quello che è stato: un movimento artistico rivoluzionario che ha avuto il coraggio di guardare avanti, di immaginare un mondo nuovo quando tutti erano ancora legati a vecchie convenzioni.
La mostra romana, al di là delle polemiche, rappresenta un’occasione unica: riportare alla luce un capitolo fondamentale della nostra storia culturale. Un movimento che non merita di essere né mitizzato né demonizzato, ma semplicemente compreso nella sua complessità.
I futuristi hanno declamato “Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia”.
Oggi possiamo finalmente ascoltare il loro canto, liberi dai pregiudizi del passato.
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