La fotonica al centro delle ricerche nei laboratori di Unitn: in arrivo nuovi finanziamenti per lo sviluppo di nuovi progetti

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Le destinazioni sono diverse: una meta sono le interfacce neurali di nuova concezione, un’altra la sensoristica intelligente e un’altra ancora la computazione quantistica più efficiente e sostenibile. Ma in tutti e tre i casi si tratta di viaggi nelle applicazioni permesse dalla luce ovvero nella fotonica.

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A tracciare la rotta sono Clara Zaccaria, Alessio Lugnan e Alessio Baldazzi, tre giovani del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento che in queste settimane hanno ottenuto finanziamenti per sviluppare i loro progetti rispettivamente da Kavli Foundation, Fondazione Volkswagen e Rotonium srl.

«Non è la prima volta che il nostro laboratorio riesce ad attrarre dei finanziamenti importanti da realtà prestigiose», commenta Lorenzo Pavesi, responsabile di NanoLab, laboratorio Nanoscienze del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento.

«In questo caso c’è stata una felice convergenza con tre ricercatori che in queste ultime settimane hanno ottenuto finanziamenti di rilievo da fondazioni e aziende. Siamo nell’ordine dei 500mila euro complessivi. Un risultato che è indice della qualità della loro ricerca, ma anche del riconoscimento del ruolo della fisica e soprattutto della fotonica nel dare una risposta alle sfide attuali dello sviluppo scientifico e tecnologico».

Gianluca Lattanzi, direttore del Dipartimento di Fisica, sottolinea le relazioni consolidate negli anni con le aziende, a cominciare da quelle del territorio. «Le competenze specifiche della fisica contribuiscono all’innovazione di prodotto e di processo» ribadisce. Competenze che saranno al centro dell’insegnamento a scelta su “Fisica per l’innovazione tecnologica e industriale”, organizzato in collaborazione con Confindustria Trento.

Le lezioni saranno offerte a studenti e studentesse del corso di laurea in Fisica nel secondo semestre. L’obiettivo è aumentare in loro la consapevolezza del settore industriale come sbocco professionale, della realtà del trasferimento tecnologico e dell’importanza del pensiero critico sviluppato attraverso lo studio della fisica per l’innovazione tecnologica in azienda.

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Clara Zaccaria – un chip nanofotonico per leggere i neuroni (Kavli Foundation)

Studiare l’attività dei neuroni con metodi ottici e genetici integrati: è questo l’orizzonte in cui si muove Clara Zaccaria, assegnista di ricerca dell’Università di Trento, che ha ottenuto un finanziamento dalla Kavli Foundation.

L’idea di fondo è stimolare e monitorare con un chip fotonico cellule e circuiti del cervello. Per questo intende porre le basi per lo sviluppo di interfacce neurali, il meno possibile invasive, inferiori ai 50 micron, dimensioni simili a quelle dei neuroni.

«I chip nanofotonici – spiega Clara Zaccaria – consentono, usando l’optogenetica, di attivare o inibire i circuiti neurali con un’alta risoluzione temporale e spaziale, ovvero dettagliata e mirata, ma anche di registrarne l’attività elettrica.

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Attualmente non esiste una piattaforma fotonica su scala micrometrica in grado di eseguire otticamente sia la stimolazione sia la lettura delle reti neuronali.

Si mira quindi a progettare e implementare il primo chip fotonico in grado di svolgere entrambi questi compiti. Per la prima volta, le soluzioni fotoniche integrate saranno utilizzate anche per raccogliere segnali fisiologici fluorescenti dai neuroni, più specifici rispetto alla lettura elettrica».

Già oggi ci sono strumenti di optogenetica che permettono, illuminando i neuroni, di indagare quanto accade nelle aree cerebrali più profonde. Questo per studiare i meccanismi fisiologici ed effettuare otticamente, da fluorescenza, lo screening di una serie di parametri in diverse condizioni patologiche.

Ma nel progetto di Clara Zaccaria si ha un’ulteriore evoluzione. «La sfida è miniaturizzare quello che attualmente viene fatto con microscopi e impianti invasivi, in un chip fotonico capace di una comunicazione bidirezionale interamente ottica con le reti neuronali.

Inoltre, lo sviluppo di piattaforme nanofotoniche biocompatibili è di estrema importanza per la creazione di piattaforme affidabili e portatili per la stimolazione ottica e il monitoraggio dell’attività dei neuroni, non solo per la ricerca nelle neuroscienze, ma anche per applicazioni tecnologiche e cliniche».

Alessio Lugnan  – sensori intelligenti con idrogel ispirato al cervello (Fondazione Volkswagen)

La sensoristica è un settore ampio e in continua evoluzione tecnologica, che coinvolge tanti aspetti della vita, dalla diagnostica medica al monitoraggio ambientale.

Si colloca in questo contesto il progetto “PhotoNeuroGel” di Alessio Lugnan, assegnista di ricerca dell’Università di Trento, che ha ricevuto un finanziamento dalla Fondazione Volkswagen sull’iniziativa Next – Neuromorphic Computing all’interno di una collaborazione con la Johannes Gutenberg University e la University of Strathclyde.

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Tutto parte da un pezzo di idrogel, materiale di cui sono fatte anche le lenti a contatto morbide e traspiranti, a cui vengono però aggiunte delle molecole speciali che gli permettono di cambiare forma e colore quando è esposto a luce di una determinata lunghezza d’onda.

Alessio Lugnan chiarisce i vantaggi del sistema: «Questo idrogel funzionalizzato chimicamente permette di connettere in maniera intelligente input ottici, chimici e meccanici. In altre parole: di combinare l’elaborazione di immagini, la rilevazione di composti chimici, ad esempio nell’acqua e nel corpo umano, la percezione di vibrazioni o suoni. Un po’ come noi nel nostro cervello, dove colleghiamo e diamo un significato a immagini, odori e suoni».

L’hardware è neuromorfico ovvero ispirato alla struttura e alla funzionalità del cervello e si basa sull’idrogel che offre vantaggi di scalabilità, plasticità e integrabilità.

La fotonica fornisce soluzioni efficienti dal punto di vista energetico, mentre la biochimica della materia soffice consente la plasticità ottica controllando la luce con la luce.

«Per la prima volta – racconta – l’approccio interdisciplinare del nostro team connette tre solide linee di ricerca dei nostri rispettivi laboratori a Magonza, Trento e Glasgow.

In primo luogo, svilupperemo idrogel fotosensibili in grado di modificare in modo complesso e reversibile le loro proprietà fisiche e chimiche quando vengono sottoposti a pattern luminosi.
Successivamente, utilizzeremo l’unità di idrogel di dimensioni millimetriche per implementare reti ottiche su larga scala con plasticità sinaptica, in cui la connettività locale conserva la memoria degli input ottici passati.

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Al tempo stesso svilupperemo dispositivi fotonici con funzionalità migliorate per future reti neurali. Infine, esploreremo i meccanismi di trasferimento dell’informazione chimica negli idrogel, con l’obiettivo di comprendere e sfruttare le dinamiche per future applicazioni multisensoriali».

Alessio Baldazzi – sorgenti a uno o due fotoni per computer più efficienti e sostenibili (Rotonium srl)

Sono tanti i passi da compiere ancora per arrivare a computer quantistici che siano efficienti, ma anche sostenibili dal punto di vista energetico. La strada passa da una conoscenza sempre più approfondita dei fotoni e dei quanti, ovvero le particelle di luce che hanno ancora molti segreti da svelare.

È su questo che si concentra l’accordo di ricerca firmato dal Dipartimento di Fisica con Rotonium srl. Si tratta di un progetto di collaborazione triennale incentrato sullo sviluppo di strumenti e circuiti quantistici innovativi in nitruro di silicio. Lo studio è coordinato da Alessio Baldazzi, assegnista di ricerca dell’Università di Trento.

«Si utilizza il nitruro di silicio perché ha delle proprietà molto interessanti sia per l’efficienza di trasporto dell’informazione sia per l’ampio spettro di lunghezze d’onda su cui può operare» osserva Baldazzi.

Gli obiettivi principali sono studiare sorgenti di singoli fotoni, sui quali poter codificare i qubit (quantum bit, l’unità di informazione quantistica), e sviluppare un chip fotonico integrato che implementi algoritmi quantistici.

«Lo sviluppo di sorgenti efficienti di singoli fotoni e/o coppie di fotoni a lunghezze d’onda dal visibile all’infrarosso è una tecnologia abilitante, che non solo avrà un impatto significativo sulle future applicazioni commerciali e industriali del calcolo quantistico, ma consentirà anche lo sviluppo di numerose altre applicazioni pratiche della fotonica quantistica», commenta.

«Dobbiamo approfondire le dinamiche e le varie interazioni della propagazione dell’informazione. Ma la vera sfida è creare delle sorgenti di luce quantistica. Queste sono una risorsa fondamentale per produrre algoritmi quantistici da implementare in sistemi integrati e processori fotonici.

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Se quindi pensiamo alle possibili applicazioni, avremo innanzitutto una computazione più efficiente e sostenibile anche dal punto di vista energetico. Poi, in un secondo tempo, delle prospettive promettenti per tutto il settore della comunicazione dati».



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