Caravana de la Muerte: così a fine millennio l’Eta sfidava ancora la Spagna

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Il 21 dicembre 1999 uno degli episodi più inquietanti della storia dell’Eta, l’organizzazione separatista basca, prese vita con il tentato attacco noto come la “Caravana de la Muerte”, che non solo segnò una tappa cruciale nel conflitto tra l’Eta e le forze dello Stato spagnolo, ma evidenziò anche la crescente brutalità dell’organizzazione.

Fondata infatti nel 1959 durante la dittatura di Franco, l’Eta inizialmente si costituì come un gruppo che lottava per l’indipendenza del Paese Basco, ma con il tempo la sua lotta assunse toni violenti e sanguinosi. Durante gli anni ’80 e ’90, l’Eta compì una serie di attentati, omicidi e attacchi che causarono la morte di oltre 800 persone, tra cui poliziotti, politici e civili; fu sempre un’organizzazione clandestina, ma con una forte componente di sostegno popolare nelle aree basche. Dopo una serie di attentati e rapimenti finiti con la morte dei sequestrati, la lotta dei governi centrali contro l’organizzazione divenne sempre più dura, tanto da costringere l’Eta nel settembre 1998 alla prima tregua a tempo indeterminato della sua storia.

Il 21 dicembre 1999, la Guardia Civil intercettò nei pressi di Calatayud (in Aragona) un’autobomba carica di 950 kg di esplosivo. Il giorno seguente, venne trovato un altro furgone che trasportava 750 kg dello stesso esplosivo, che – si scoprì successivamente – doveva servire per far crollare la Torre Picasso, un altissimo grattacielo della capitale. Questo incidente, noto appunto come la ‘Caravana de la Muerte’ (‘carovana della morte’), avrebbe portato a compimento un massacro di dimensioni sconosciute in Spagna, stando alle parole del direttore generale della polizia di allora, Juan Cotino.

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Si scoprì da indagini successive che Ana Belén Egues (nome di battaglia Dolores), al tempo consigliera di Herri Batasuna – coalizione di partiti della sinistra nazionalista basca – era in quel momento a capo del ‘commando Madrid’, ovvero la cellula di Eta incaricata di compiere attentati nella capitale; fu sua la responsabilità di ricostruire il gruppo dopo la tregua e a lei sarebbe toccato schiacciare il pulsante che avrebbe fatto detonare i 1700 kg di esplosivo.

La Caravana de la Muerte divenne simbolo di come l’Eta fosse disposta a perseguire la sua causa a qualsiasi costo, senza tener conto delle vite umane sacrificabili nell’ambito della sua “lotta di liberazione”.

L’isolamento internazionale e la crescente pressione interna portarono poi a una serie di declini operativi e a un indebolimento dell’organizzazione. Nel 2011, dopo decenni di lotta violenta, l’Eta annunciò un cessate il fuoco definitivo. Il conflitto che aveva infiammato la Spagna per decenni giungeva finalmente a una fine ufficiale, anche se molte delle ferite sociali e politiche lasciate dalla violenza dell’organizzazione rimangono ancora vive nel Paese Basco. Nel 2018 l’Eta ha definitivamente rinunciato alla lotta armata.

L’arresto della terrorista avvenne anni dopo in maniera rocambolesca: dopo l’esplosione di un’altra autobomba il 6 novembre 2001, un cittadino che assistette all’attentato seguì la macchina con cui i responsabili erano fuggiti e spiegò in diretta telefonica alla polizia il tragitto dell’auto. In questo modo le forze dell’ordine arrestarono Egues e il compagno, Aitor Garcia Aliaga. Egues fu accusata di essere coinvolta nei due attentati e anche in un terzo attacco, che l’8 agosto 2000 – sempre a seguito dell’esplosione di un’autobomba a Madrid – provocò undici feriti. Per questo ultimo attentato Egues è stata condannata nel settembre 2024 a 85 anni di carcere, dopo essere stata già condannata nel 2014 a 126 anni per l’assassinio del tenente colonnello Pedro Antonio Blanco nel gennaio 2000.

Oggi, l’Eta non esiste più come organizzazione operativa. Dopo il suo annuncio di cessazione delle attività armate e lo scioglimento ufficiale nel 2018, il Paese Basco si trova ad affrontare una nuova fase della sua storia. Sebbene la violenza sia cessata, i temi della sovranità, dell’autodeterminazione e dell’indipendenza rimangono centrali nel dibattito politico.

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