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di Renato Costanzo Gatti

Socialismo XXI Lazio |

Può succedere, e non raramente, che il datore di lavoro non versi all’INPS i contributi previdenziali a suo carico destinati a costruire la pensione del dipendente.

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contributi previdenziali sono somme versate all’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) che garantiscono al lavoratore la copertura per diverse prestazioni, tra cui la pensione, le indennità di malattia, maternità e disoccupazione. Questi contributi sono suddivisi tra la parte a carico del lavoratore, trattenuta direttamente dalla busta paga, e la parte a carico del datore di lavoro, che dovrebbe essere versata all’ente previdenziale.

Il versamento dei contributi è obbligatorio e il datore di lavoro ha il compito di effettuarlo in modo regolare. Se non viene fatto, il lavoratore rischia di perdere importanti benefici. In pratica, ogni mese il datore di lavoro deve inviare i contributi raccolti per ogni dipendente all’INPS, garantendo così il diritto del lavoratore alla pensione e ad altre tutele. Quali rischi se i contributi non vengono versati da parte del datore di lavoro?

Il principale rischio per un lavoratore è la mancanza di copertura previdenziale. Se i contributi non sono versati, il lavoratore potrebbe:

  • Perdere l’anzianità contributiva necessaria per raggiungere la pensione. A lungo termine, ciò potrebbe comportare anche un prolungamento dell’attività lavorativa per anni rispetto ai piani originari.
  • Vedere ridotto l’importo della pensione futura, poiché il calcolo viene effettuato sulla base dei contributi effettivamente versati.
  • Non poter accedere alle prestazioni INPS come malattia, maternità o disoccupazione. Senza la giusta copertura contributiva, anche le prestazioni più fondamentali vengono compromesse.
  •  Inoltre, la mancanza di copertura previdenziale potrebbe avere conseguenze negative per il lavoratore in termini di accesso ai benefici sociali correlati all’anzianità di lavoro.

Il lavoratore può verificare la sua posizione contributiva mediante il Sito INPS accedendo con le tue credenziali SPID, ovvero con la carta nazionale dei servizi (CNS) ed accedere all’Estratto conto contributivo, il quale è un documento riepilogativo di tutti gli anni contributivi accreditati a tuo nome. A questo punto una volta accertata la mancanza, il lavoratore può chiedere all’azienda il versamento, e se continua a mancare è possibile recuperare questi contributi rivolgendosi direttamente all’INPS denunciando ciò che sta accadendo. L’ente previdenziale può provvedere al recupero di questi importi entro 10 anni dalla data effettiva presupposta per il versamento. In molti casi si può arrivare alla richiesta di risarcimento di danni. 

Il lavoratore dipendente preserva comunque il diritto alla pensione anche qualora il datore di lavoro non versi i contributi dovuti, fino a che non si verifichi la prescrizione (quinquennale). La Corte di Cassazione si è espressa in tal senso con la sentenza n. 2164/2021. L’art. 2116 c.c., co.1 , prevede che:

Le prestazioni indicate nell’art. 2114 sono dovute al prestatore di lavoro, anche quando l’imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali o delle norme corporative.

Occorre quindi, per prima cosa, verificare se i contributi non versati si riferiscono a un periodo inferiore o superiore a 5 anni. Qualora si riferiscono ad un periodo inferiore a 5 anni, è sufficiente informare immediatamente l’INPS che, insieme all’Agenzia delle entrate, provvederà a effettuare la verifica dei versamenti del datore di lavoro. Invece, qualora l’inadempienza si riferisca ad un periodo superiore a 5 anni, si verifica la prescrizione, pertanto decade l’obbligo di versare i contributi. In quest’ultimo caso, l’INPS non può agire nei confronti del datore di lavoro per ottenere il debito contributo. Tuttavia, il lavoratore ha la facoltà di riscattarli mediante la “costituzione di rendita vitalizia”. 

Ricapitolando:

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  • contributi non versati e non prescritti (contributi si riferiscono ad un periodo inferiore a 5 anni): il lavoratore può comunicare la situazione all’INPS in modo che possa agire in giudizio contro il datore di lavoro;
  • contributi si riferiscono ad un periodo superiore a 5 anni, pertanto è intervenuta la prescrizione quinquennale: il lavoratore ha la facoltà di riscattarli mediante “costituzione di rendita vitalizia”. Il lavoratore può anche agire comunque contro il datore di lavoro per il risarcimento del danno “poichè tale situazione determina l’attualizzarsi per il lavoratore del danno patrimoniale risarcibile, consistente nella perdita totale del trattamento pensionistico ovvero nella percezione di un trattamento inferiore a quello altrimenti spettante (Cass. n. 3790 del 1988; n. 27660 del 2018)”.

Abbiamo visto che il lavoratore può accedere e controllare sul sito dell’INPS, tramite SPID, se il datore di lavoro ha versato i contributi e quindi la sua situazione pensionistica si costruisce regolarmente.

Mi chiedo quanti lavoratori facciano questo esercizio e non facendolo rischiano di perdere i diritti pensionistici per prescrizione quinquennale. E’ vero, può costituire una rendita vitalizia, ma sia chiaro dovrà pagare di tasca propria l’inadempienza (il reato) del datore di lavoro.

La proposta di legge che suggerisco consiste nell’obbligo del datore di lavoro, a fine anno o a fine rapporto, di consegnare al lavoratore un attestato che certifichi la regolarità dei versamenti. Non mi inoltro nell’indicare la modalità procedurale, ma mi sembra un grosso servizio civile affrontare questo tema.     

                        



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