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Focus di Carolina Vallini
Corte di Cassazione, Sentenza n. 18689 del 9 luglio 2024
Nel caso in esame, una Commissione tributaria provinciale ha accolto le contestazioni di una Società contro il sollecito di pagamento Tares 2013 e l’avviso di pagamento Tari 2014, annullando questi atti.
La decisione si basava sul fatto che la tassazione riguardava aree industriali dove si generavano principalmente rifiuti speciali non assimilabili ai rifiuti urbani. Il tema principale era determinare la quantità di rifiuti speciali assimilabile ai rifiuti urbani e quella non assimilabile, con conseguente obbligo di smaltimento diretto e non soggetto al tributo. Questa questione era stata risolta dal 2009 con una riduzione del 25% su richiesta della Società, senza ulteriori richieste di riduzione. La Società ha ricorso per cassazione contro la Sentenza.
La Suprema Corte ha osservato che il regime fiscale dei rifiuti, a partire dalla Tarsu prevista dal Dlgs. n. 507/1993, ha subìto numerose modifiche legislative, sostituita prima dalla Tia1 (Tariffa di igiene ambientale) introdotta dal Dlgs. n. 22/1997 e poi dalla Tia2, di cui all’art. 238 del Dlgs. n. 152/2006. La Tares è stata l’imposta sui rifiuti dal gennaio al dicembre 2013, sostituita dalla Tari dal 10 gennaio 2014, introdotta dal Dl. n. 201/2011.
La prima questione affrontata dalla Suprema Corte riguarda l’interpretazione dell’art. 1, comma 649, della Legge n. 147/2013 in relazione ai magazzini e depositi delle attività produttive.
Il Consiglio di Stato, con le sentenze n. 6266/2023 e n. 8279/2023, ha affermato che non sono soggetti alla Tari i magazzini destinati ai prodotti finiti e semilavorati, oltre ai depositi di materie prime e merci destinate alla lavorazione industriale. Di conseguenza, sono state ritenute illegittime le disposizioni regolamentari comunali che esonerano dall’applicazione della Tari solo se la superficie risulta “occupata da materie prime e/o merci merceologicamente rientranti nella categoria dei rifiuti speciali”, escludendo espressamente “i magazzini destinati allo stoccaggio di prodotti finiti e di semilavorati”.
Tali disposizioni regolamentari, invece, per la Corte di Cassazione sono legittime, avendo più volte chiarito che per i produttori di rifiuti speciali non si considera la parte dell’area dei magazzini strettamente collegata all’attività produttiva, occupata da materie prime e/o merci, la cui lavorazione genera rifiuti speciali, fermo restando l’assoggettamento alla Tari dei magazzini destinati allo stoccaggio di semilavorati e/o prodotti finiti.
Per quanto riguarda la seconda questione, i Giudici di legittimità ribadiscono che la parte fissa della Tari è sempre dovuta per intero, basandosi sul solo presupposto del possesso o detenzione di superfici nel territorio comunale teoricamente idonee alla produzione di rifiuti, essendo destinata a finanziare i costi essenziali e generali di investimento per l’intera collettività, indipendentemente dalla qualità e quantità dei rifiuti prodotti.
Questo orientamento è poco convincente e contrasta con i presupposti del tributo e la sua disciplina, che prevede chiaramente l’esclusione dal tributo (non l’esenzione) delle superfici produttive di rifiuti speciali e dei magazzini collegati funzionalmente, senza distinguere tra quota fissa e quota variabile. Ciò altera la natura giuridica del prelievo, che, nei confronti dei magazzini e delle superfici produttive di rifiuti speciali, assume i connotati tipici delle imposte, piuttosto che delle tasse.
Inoltre, c’è un disallineamento tra i vertici della giustizia amministrativa e ordinaria, poiché il Consiglio di Stato ritiene che i magazzini funzionalmente collegati alle attività produttive siano totalmente esenti dal pagamento della Tari, mentre la Corte di Cassazione ritiene applicabile la quota fissa del tributo.
Questa questione dovrebbe essere risolta definitivamente attraverso l’introduzione di una norma interpretativa.
In conclusione, i Giudici di legittimità chiariscono che i magazzini destinati allo stoccaggio di prodotti finiti devono pagare la Tari, a differenza dei magazzini strettamente legati all’attività produttiva, che devono comunque pagare la quota fissa della Tari, essendo l’esenzione limitata solo alla parte variabile del Tributo.
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