Pensioni, parla Elsa Fornero. Ecco la verità sulla flessibilità

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Bisogna prestare attenzione a come si riportano le notizie, ci sono giornali che dovrebbero saperlo. Lo dimostra quanto successo in queste ore riguardo alla novità sulla pensione anticipata a 64 anni introdotta da un emendamento alla legge di Bilancio, riportata in maniera piuttosto fuorviante.

Secondo gran parte della stampa nazionale, infatti, il governo Meloni avrebbe “consentito di andare in pensione a 64 anni”, facendo pensare quindi al fatto che sia stata mantenuta la promessa di una riforma delle pensioni finalizzata a ridurre l’età pensionabile. Ne ho avuto conferma proprio in queste ore: confrontandomi durante una cena, infatti, c’è stato proprio chi ha riportato la notizia come è stata fatta passare, ritenendo appunto che nel 2025 si potrà andare in pensione 3 anni prima rispetto al raggiungimento dell’età legale per la pensione di vecchiaia.

A intervenire, smentendo in primis il leader della Lega Matteo Salvini, è Elsa Fornero, autrice della chiacchierata riforma del 2011 e spesso additata proprio dal ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture di essere la causa di gran parte dei danni del sistema previdenziale. Ecco quindi che Fornero sceglie, proprio in questi giorni in cui si parla tanto di pensione anticipata, di intervenire per togliersi qualche sassolino dalla scarpa.

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Iniziando dal chiarire perché quella in legge di Bilancio 2025 non è una vera e propria vittoria per il governo considerando che si interviene, in misura limitata, su una proposta che era prevista dalla stessa legge Fornero (presa in eredità dalla riforma Dini). Nessuna novità quindi, o quasi.

La verità sulla pensione anticipata a 64 anni

Oggi possono andare in pensione a 64 anni anziché 67 coloro che soddisfano questi requisiti:

  • hanno almeno 20 anni di contributi e tutti devono essere successivi alla data del 31 dicembre 1995;
  • hanno maturato una pensione almeno pari a 3 volte il valore dell’Assegno sociale, limite ridotto a 2,8 volte per le donne con un figlio, 2,6 volte per quelle con almeno due figli.

Come anticipato, questa misura è prevista persino dalla legge Dini del 1996 e sarebbe stata confermata in ogni caso anche nel 2025.

Cosa ha fatto, quindi, il governo Meloni per semplificarne l’accesso?

Semplicemente viene previsto che al fine di valutare il raggiungimento della soglia minima per l’accesso alla suddetta opzione, non si tiene conto solamente della parte di pensione liquidata dall’Inps ma anche dell’eventuale rendita garantita da un fondo per la pensione integrativa. Vengono quindi premiati coloro che sono stati più lungimiranti garantendosi una seconda pensione.

Una novità che va a favorire un numero limitato di persone, rendendo così esagerato qualsiasi proclamo. Almeno questa la posizione di Elsa Fornero, secondo la quale la legge di Bilancio 2025 rappresenta la “sconfessione” di Matteo Salvini e della sua intenzione di eliminare la riforma del 2011.

Nel corso di un’intervista rilasciata a Repubblica, Fornero ha spiegato che non solo questa misura già esiste dal 1995: la novità introdotta, infatti, va a premiare i “maschi di età matura” come già fatto con Quota 100.

Perché Matteo Salvini ha peggiorato la pensione anticipata secondo Fornero

C’è un aspetto che sta passando in secondo piano quando invece va sottolineato. Le novità non si fermano alla possibilità di accumulare la rendita del fondo pensione con l’assegno liquidato dall’Inps per valutare il raggiungimento delle soglie previste che nel 2025, alla luce di quello che sarà il nuovo importo dell’Assegno sociale, saranno le seguenti:

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  • 21.008,52 euro per la generalità dei lavoratori;
  • 19.607,95 euro per le donne con un figlio;
  • 18.207,38 euro per le donne con almeno due figli.

Parimenti infatti viene anche innalzato il limite di contributi per poter ricorrere a questa opzione. Nel dettaglio, viene portato a 25 anni dal prossimo anno e dal 2030 ne serviranno persino 30. Una decisione senza senso secondo Fornero, secondo la quale nel sistema contributivo puro dovrebbe contare solamente la storia contributiva e l’età di uscita. “Più versi e maggiore è l’età di uscita, e più prendi”, spiega la Professoressa.

È giusto prevedere un vincolo economico al fine di evitare che ci fossero pensionamenti anticipati che avrebbero comportato in futuro l’obbligo morale dello Stato e dei contribuenti di integrare pensioni troppo basse. Per questo lei stessa fissò il limite di 2,8 volte, ritenuto eccessivo (avrebbe voluto limitarlo a 2,5 volte) ma necessario.

Limite che il governo Meloni lo scorso anno ha innalzato a 3 volte e che con la legge di Bilancio 2025 viene portato persino a 3,2 volte a decorrere dal 2030. Insomma, in futuro andare in pensione con questa misura sempre più complicato e non basterà di certo la possibilità di cumulare quanto reso dal fondo pensione a renderlo più semplice.

Anche perché sono pochi i giovani che possono permettersi di versare anche a un fondo pensione, senza dimenticare poi che “non tutti i settori produttivi hanno fondi occupazionali nei quali anche i datori di lavoro contribuiscono”.

Parlare di riforma delle pensioni, quindi, è solo “fervore di interventismo”, un modo per poter dire di aver dato un “colpo alla legge Fornero”. Non è stato però questo governo a inventare la flessibilità.



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