Mamuthones e issohadores: sembrano nomi incomprensibili, ma sono la vera essenza del Carnevale più bello della Sardegna

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Mamoiada è un borgo pittoresco nel cuore della Sardegna, precisamente in Barbagia, nella provincia di Nuoro. Con i suoi 2.500 abitanti, sorge a 650 metri sul livello del mare ed è circondato da boschi e colline ricche di vigneti e pascoli. La natura rigogliosa del territorio è di impulso alla produzione di eccellenze gastronomiche come i formaggi tipici (il fiore sardo è solo il più celebre) e pregiati vini come il Cannonau.

Ma il paesino di Mamoiada è famoso soprattutto per le tradizioni del Carnevale, con le iconiche maschere dei Mamuthones e degli Issohadores. A partire dal 17 gennaio di ogni anno, con la festa di Sant’Antonio Abate, hanno storicamente inizio le sfilate in cui compaiono queste figure che, secondo la leggenda, hanno un legame profondo con antichi riti propiziatori legati all’agricoltura.

Il Carnevale di Mamoiada, tra storia e leggenda

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Il Carnevale di Mamoiada è uno degli eventi più affascinanti e antichi della Sardegna, profondamente radicato nella cultura e nella tradizione del borgo. Al centro della celebrazione ci sono le maschere dei Mamuthones e degli Issohadores, che hanno reso celebre questo evento in tutto il mondo. 

Le prime testimonianze scritte sul Carnevale di Mamoiada risalgono al XIX secolo, ma si ritiene che le maschere abbiano origini molto più antiche, forse legate già ai culti nuragici o alle celebrazioni in onore di Dioniso. Il carnevale prende ufficialmente il via il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio Abate, quando i fuochi accesi in tutto il paese creano un’atmosfera di raccoglimento e festa. I Mamuthones indossano abiti di velluto nero, pelli di pecora e una maschera di legno scura, accompagnati da campanacci (sa carriga) legati alla schiena. Si muovono in file ordinate, eseguendo una danza ritmica e cadenzata che richiama il suono ipnotico delle campane. Gli Issohadores, invece, indossano un corpetto rosso, una maschera bianca e un copricapo. La loro danza è più agile e vivace e utilizzano una corda (soha) per catturare simbolicamente gli spettatori, in particolare le giovani donne, in segno di buon augurio.

Per celebrare Sant’Antonio Abate si preparano alcuni dolci tipici come il Popassinu biancu e il Popassinu nigheddu a base di sapa (mosto cotto), uva passa e noci; Il coccone in mele, ossia il pane con miele e le caschettas, dei biscotti con lo zafferano. Durante il restante periodo del Carnevale, invece, i dolci tipici di Mamoiada più diffusi sono i ‘Ulurjones de mendula – ravioli dolci alle mandorle –  e le orulettas, piccole trecce di pasta fritte servite con zucchero o miele.

Il Museo delle Maschere Mediterranee

Punto di partenza per comprendere l’origine e il significato delle iconiche maschere dei Mamuthones e Issohadores, è il Museo delle Maschere Mediterranee (Piazza Europa, 15) che inserisce queste figure in un più ampio contesto culturale che esplora le tradizioni simili in altre zone del Mediterraneo. C’è una sezione dedicata esclusivamente ai Mamuthones e gli Issohadores, ai loro costumi tradizionali, alle maschere in legno e ai campanacci, al loro ruolo simbolico e rituale, nonché al significato dei loro movimenti durante le celebrazioni.

Un’ampia sezione è invece dedicata a tutte le maschere del Mediterraneo, dove quelle di Mamoiada vengono messe in relazione con altre tradizioni carnevalesche, mostrando varie analogie culturali. Sono presenti maschere provenienti da altre parti della Sardegna, come Ottana e Orani, ma anche da altre culture, come dalla Corsica, dalla Grecia e dai Balcani. 

Il museo è un vero e proprio centro di studio e promozione folkloristica, che organizza laboratori, visite guidate e attività didattiche per chi vuole approfondire la storia delle maschere e delle tradizioni locali. Durante il periodo carnevalesco, ospita mostre ed eventi che celebrano le maschere in tutta la loro ricchezza culturale.

Cosa fare e cosa vedere a Mamoiada, oltre al Carnevale 

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Oltre alla celebre tradizione carnevalesca, Mamoiada è un borgo che si lascia apprezzare facilmente grazie alla ricchezza del suo patrimonio storico-culturale, archeologico e naturalistico. Tra i suoi tesori spicca il menhir di Sa Perda Pintà, conosciuto anche come Stele di Boeli, un’imponente pietra decorata con incisioni di cerchi concentrici risalenti al Neolitico. Il territorio ospita inoltre numerosi nuraghi e Domus de Janas (“case delle streghe”), antiche tombe ipogeiche scavate nella roccia che testimoniano l’importanza storica di questa zona.  Quelle di S’eredadu e Sa ‘e Matzozzo non si trovano in terreni privati.

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A pochi chilometri dal centro si trovano due chiese campestri molto suggestive, San Cosimo e Loret’Attesu. Il Santuario dei Santi Cosma e Damiano, appunto noto come San Cosimo, immerso nell’altopiano di Lidana-Marghine, forse di origine bizantina risalente al VII secolo, è circondato da una cinquantina di cumbessias, piccole abitazioni bianche che un tempo accoglievano i pellegrini durante la novena. Ogni anno, il 27 settembre, la festa in onore dei due santi trasforma il santuario in un luogo di intensa devozione e partecipazione comunitaria. A breve distanza sorge Loret’Attesu, dedicata alla Madonna della Neve, altro splendido esempio di architettura religiosa rurale. La festa ad essa dedicata si celebra ogni anno all’inizio di agosto.

La comunità di Mamoiada è rinomata per la sua ospitalità e per il forte impegno nella conservazione delle tradizioni locali. Il borgo si anima in occasioni come “Autunno in Barbagia, evento che celebra la cultura, i sapori e i mestieri tipici della Sardegna, permettendo ai visitatori di immergersi nell’anima più autentica e genuina dell’isola. 





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