Nell’ex convento di strada Maggiore, di proprietà dell’Asp, residenze per anziani con rette fino a 3.800 euro mensili. Nel nostro approfondimento: lo scandalo degli anni di abbandono, l’occupazione e lo sgombero-lampo, le tariffe “accessibili” e due conti sugli aspetti economici del nuovo progetto.
21 Dicembre 2024 – 13:26
Progettare e gestire “servizi sociali e socio-sanitari a favore delle persone anziane, adulti in difficoltà, migranti e richiedenti asilo oltre a progettualità che rispondono ai bisogni di abitare”. Sono le finalità dell’Asp Città di Bologna, l’Azienda dei servizi alla persona del Comune. Nulla di strano, ma vale la pena partire da qui per tornare a parlare di un luogo della città di cui questo giornale negli anni si è occupato più volte. E mai per dare buone notizie. Si tratta dell’ex convento di Santa Marta, in strada Maggiore 74. La stampa mainstream ne ha parlato, nell’ultimo periodo, perchè dopo anni e anni di abbandono questo complesso sembra finalmente destinato alla riapertura. In che vesti? Quelle di una “senior house”, cioè un insieme di appartamenti destinati a persone anziane.
Fin qui, una destinazione che sembra coerente con le funzioni sociali dell’Asp qui sopra descritte. Ma è davvero così? Rispondiamo, per ora, limitandoci a specificare l’ammontare delle rette che le/gli ospiti della residenza, persone autosufficienti o al massimo con lievi fragilità, saranno chiamate/i a corrispondere: tra i 1.700 e i 3.800 euro mensili, a seconda delle tipologia degli appartamenti (che sono monolocali e bilocali, singoli o doppi). Lo ripetiamo, scandendo bene: tra i millesettecento e i tremilaottocento euro ogni mese. Un target non proprio popolare, insomma, perchè anche solo i 1.700 euro corrispondono a stipendi o pensioni che tante intere famiglie in città si sognano. Ma prima di entrare nel dettaglio del progetto, sbandierato come esempio di “approccio innovativo di welfare generativo”, conviene fare qualche passo indietro.
Alle radici dello scandalo
Zic si occupò dell’ex convento di Santa Marta già nel 2011, nell’ambito di un’inchiesta sull’Asp Poveri Vergognosi, proprietaria dell’immobile, che in seguito si sarebbe unita alle altre due Asp cittadine (Giovanni XXIII e Irides) per dare vita all’Azienda attuale. In quel momento, il complesso di strada Maggiore era già inutilizzato da ben cinque anni. Cioè da quando, nel 2006, chiusero le due strutture (casa protetta Santa Marta e centro diurno Riccardo Ballotta) che lì erano state attivate alla fine degli anni Ottanta. C’era la necessità di ristrutturare ed adeguare quel convento ma, come ricostruisce con più dettagli l’inchiesta del 2011, ne era seguita solo una sfilza di progetti, annunci, promesse e scadenze: la fine dei lavori era prevista nel 2009, poi nel 2010. Ma nulla di fatto.
L’occupazione e lo sgombero-lampo
L’ex convento è tornato ad occupare le pagine del nostro giornale due anni dopo, nel gennaio 2013, quando il complesso fu occupato da Bartleby al termine del corteo che seguì allo sgombero della sede del collettivo in via San Petronio Vecchio.
L’Asp chiese immediatamente di cacciare le/gli attiviste/i sostenendo, guarda caso, che c’era la necessità di far partire i lavori di ristrutturazione (quelli fermi da anni, proprio quelli) per trasformare l’edificio in residenze per anziane/i e servizi per l’infanzia. La riapertura dal basso del Santa Marta, così, durò solo quattro giorni e poi arrivò lo sgombero. E i lavori? Un paio di mesi dopo la stessa Asp comunicò che sarebbe servito ancora un anno per iniziarli e poi altrettanto tempo per concluderli. L’urgenza manifestata nei giorni dell’occupazione? Solo un ricordo.
Chiedi, sempre, alla polvere
Un classico bolognese, quello degli spazi che vengono occupati e poi sgomberati al grido di “c’è un progetto”, salvo poi tornare puntualmente nel dimenticatoio: è il tema di cui parla l’inchiesta “Chiedi alla polvere”, la mappa degli spazi sgomberati e poi rimasti abbandonati in città, nella quale l’ex Santa Marta non potè che meritarsi un capitolo. Eravamo ancora nel 2013. Un paio di anni dopo, nel 2015, Zic dedicò una nuova inchiesta all’ex convento: era infatti emersa la notizia di un coinvolgimento nella riqualificazione del complesso della Fondazione Falciola, gravitante nell’orbita di Comunione e Liberazione. Ma poi trascorse un altro biennio senza novità concrete sul destino dell’immobile: era infatti il 2017 quando Zic pubblicò un aggiornamento di “Chiedi alla polvere” inserendovi di nuovo l’ex Santa Marta perchè, ovviamente, a quel punto l’immobile continuava a risultare chiuso e inutilizzato. Un dato di fatto mostrato pubblicamente, nello stesso anno, anche da un tour in bicicletta proprio tra le occupazioni sgomberate e poi riportate all’abbandono, organizzato nell’ambito di una giornata di solidarietà con Xm24.
La senior house e le “tariffe accessibili”
Arriviamo così ai giorni nostri e all’annuncio della prossima apertura della senior house, al termine di una ristrutturazione da 7,1 milioni avviata infine dall’Asp nel 2019. La struttura è destinata ad accogliere 50 persone con più di 60 anni autosufficienti o con lievi fragilità, interessate ad uno stile di vita comunitario: a disposizione 31 alloggi (monolocali e bilocali, singoli o doppi). Un’operazione che rappresenta “l’emblema del lavoro che tutti giorni cerchiamo di fare per offrire sempre più servizi e opportunità”, ha dichiarato in conferenza stampa l’amministratore unico di Asp, Stefano Brugnara, sottolineando che “ci sono servizi analoghi a Torino e Firenze, ma non a Bologna e in Emilia-Romagna e anche questo per noi è motivo di orgoglio”.
Per arrivarci è servita una “ristrutturazione molto complessa”, finanziata dall’Asp con risorse proprie, che “ha dovuto tenere conto delle caratteristiche e del valore storico-archeologico” del complesso, ha aggiunto Brugnara. Il risultato finale si dispiega su 1.900 metri quadrati di servizi e spazi comuni, 2.100 di aree esterne e 1.400 di appartamenti: tutti privi di barriere architettoniche e dotati di videocitofono, cucina, tv, lavasciuga, wi-fi, persiane elettriche, porte blindate e riscaldamento a pavimento. Alle residenze potranno accedere persone singole o coppie, di qualsiasi natura ma con almeno un componente over 60. Chi è interessato a vivere in Santa Marta potrà partecipare a un bando che è stato aperto il 18 dicembre e si chiuderà il 18 marzo; previsti anche diversi open days per conoscere la struttura e poi un percorso formativo.
A seconda degli appartamenti le tariffe andranno dai 1.700 ai 3.800 euro comprendendo spese di gestione, imposte, manutenzioni e i servizi di accoglienza e supervisione; fuori tariffa saranno disponibili assistenza socio-sanitaria, lavanderia, trasporto e ristorazione. “L’Asp gestirà il progetto non prevedendo di generare utili ma ovviamente ne va garantita la sostenibilità”, ha affermato Brugnara, spiegando che gli introiti delle rette vanno così ripartiti: 14,8% per i servizi, 16,7% per manutenzione e pulizie, 17% per utenze e tasse, 51,5% come valore di godimento dell’immobile.
Nella presentazione del progetto c’è stato spazio perfino per un tocco di ironia. Di Santa Marta “è un po’ che se ne parla- ha detto Brugnara- per usare un eufemismo”. Si è iniziato quando Santa Marta “era ancora beata”, ha risposto il sindaco Matteo Lepore, aggiungendo che quando si decise di ristrutturare “probabilmente si fece il passo più lungo della gamba” e oggi “avremmo forse fatto scelte diverse”. Vero, Lepore è sindaco dal 2021. Ma nei dieci anni precedenti, cioè dal 2011, era pur sempre un assessore comunale e pure di peso; e dal 2016 al 2021 ha avuto in mano anche la delega al patrimonio. Per Lepore, comunque, alla fine l’Asp è riuscita a “far tornare i conti e presentare alla città un progetto di valore sociale e sostenibilità economica”. Lepore ha parlato di tariffe “accessibili e in linea con altre città”, ma senz’altro rivolte ad anziane/i “con possibilità economiche, non necessariamente ricchi ma con redditi o pensioni medie e la volontà di vivere in centro”.
Le priorità e due conti sugli utili
Tariffe non per ricchi? Dai 1.700 euro mensili in su? Ci sembra quantomeno azzardato. Di certo sono cifre fuori portata per quella massa di famiglie, studentesse/i, lavoratrici/ori che in questa fase storica a Bologna non riesce a trovare un’abitazione dignitosa in linea con le proprie possibilità economiche. Oppure: siamo proprio sicure/i che i servizi sociali per anziane/i di cui è chiamata ad occuparsi Asp corrispondano a residenze rivolte a persone di età non così avanzata e autosufficienti? Per carità, niente in contrario allo stile di vita comunitario delle persone in là con gli anni, ma – viste le tariffe – proprio non ci sono altre priorità per l’utilizzo del patrimonio pubblico di Asp?
Si dirà allora che la ristrutturazione dell’ex Santa Marta è costata cara e servono rette in grado di renderla sostenibile, come dicono Brugnara e Lepore, tanto più che dalla gestione della senior house non si prevede la generazione di utili. Ma qui allora viene da chiedersi: per quanto? Proviamo a fare due conti. Certo, bisognerà vedere che risposta avrà il bando, ma sommando le tariffe proposte per i 31 alloggi, consultabili nel bando pubblicato da Asp, a regime la senior house potrà incamerare fino a 77.800 euro al mese. Se il 48,5% delle rette serve a coprire servizi, manutenzione, pulizie, utenze e tasse, restano 40.000 euro al mese che in un anno diventano 480.000 euro. Per arrivare ai 7,1 milioni investiti nei lavori servono così circa 15 anni. Un periodo piuttosto breve. Sarà poi il momento degli utili, quelli che l’Asp ha assicurato non essere previsti?
Insomma, l’ex convento di Santa Marta è stato sì ripulito dalla polvere. Ma temiamo sia il caso giusto per dire che non è tutto oro quel che luccica…
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