costi in aumento e nuova tassazione. Cosa cambia per i dipendenti

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Il governo Meloni conferma la stretta sulle auto aziendali assegnate ai dipendenti che sono ancora alimentate a benzina e a diesel, premiando invece quelle elettriche e le Plug-hybrid. Tra le novità contenute nella Manovra economica del 2025, è prevista una tassazione più “salata” pari al 50 per cento di imposta sul reddito per i veicoli alimentati a carburante tradizionale, mentre i veicoli elettrici e ibridi verrano premiati perché dovranno pagare rispettivamente il 10 e il 20 percento. Ma anche per quelli che rientrano nella fascia di emissioni tra 61 e 160 g/km ci sarà un aumento significativo dell’Irpef, che schizzerà dal 30% al 50%. Di fatto, questo nuovo sistema fiscale andrà a sostituirsi a quello che, invece, si basava su un criterio legato alle emissioni di CO₂ che suddivideva i veicoli in quattro fasce. In particolare, il vecchio metodo stabiliva che la percentuale si calcolasse applicandola al costo per chilometro (determinato annualmente dalle tabelle Aci) che veniva poi moltiplicato per una percorrenza standard di 15mila chilometri. Insomma, si trattava di un meccanismo che premiava i modelli meno inquinanti, senza fare discriminazioni sulla tecnologia.

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Se il vecchio approccio consentiva alle aziende di pianificare i costi con una certa prevedibilità e incentivava l’adozione di veicoli più efficienti dal punto di vista delle emissioni, ora quello nuovo potrebbe rivoluzionare gli equilibri e mettere difficoltà le imprese dal punto di vista gestionale.

A maggior ragione perché la Manovra 2025 produrrà effetti retroattivi anche su chi ha acquistato una macchina nel 2024. Infatti, l’obiettivo dell’esecutivo sarà proprio quello di scoraggiare l’utilizzo di mezzi inquinanti, privilegiando quelli che producono un impatto ambientale minore. Secondo il calcolo effettuato dal Sole24Ore, per un dipendente con auto a diesel o benzina un fringe benefit potrebbe salire nell’ordine di 1.600 euro, mentre per una elettrica si ridurrebbe di oltre mille euro (rientrando peraltro nella soglia di esenzione). In questo modo, lo Stato conta di incassare 25 milioni solo quest’anno, per poi salire fino a circa 120 milioni nel 2027-2028.

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LE REAZIONI

Ad esprimere un parere negativo è stata l’Aniasa, l’associazione che all’interno di Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità, che parla addirittura di un un danno rilevante al settore dell’automotive e prevede una riduzione – soltanto nel 2025 – delle immatricolazioni di vetture a uso noleggio a lungo termine (circa 60mila unità) che supererà il 30%. Inoltre, l’Aniasa stima che vi sarà anche una diminuzione del 20% degli acquisti da parte di società (15.000 unità) «con minori entrate per l’Erario e gli Enti Locali pari a 125 milioni di euro nel 2025». Prendendo in considerazione i veicoli aziendali più noleggiati, l’associazione sottolinea un aumento annuo del valore imponibile del benefit auto in media di 1.600 euro (+67%) e teme che questa stretta possa colpire un settore già provato da crisi precedenti, con conseguenze a catena sull’occupazione e sulle scelte di mobilità delle imprese.

LE CONSEGUENZE

Tuttavia, saranno proprio i dipendenti ad essere maggiormente danneggiati da questo scenario perché rischiano di vedere il benefit trasformarsi in una zavorra. Con costi così elevati, molti potrebbero essere spinti a rinunciare del tutto all’auto aziendale, oppure a sostituirla con soluzioni più economiche.

Dall’altro lato, le aziende potrebbero optare per alternative come l’indennità chilometrica o altre forme di compensazione, limitando ulteriormente il ricorso a vetture aziendali. Questo cambiamento, se confermato, modificherebbe radicalmente il modo in cui le imprese supportano la mobilità dei propri dipendenti.

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