Tra crisi economica e cambiamenti climatici, c’è un futuro per la nostra “Fruit Valley”?

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Le coltivazioni della Romagna stanno affrontando sfide titaniche. Ma puntano su ricerca, innovazione e agrivoltaico per rilanciare il settore e tornare competitive.

Se negli USA c’è la “Silicon Valley”, in Romagna ci si può vantare della “Fruit Valley”. La prima, come è noto, ha sede in California ed ospita numerose start-up e società internazionali specializzate in tecnologia. L’altra comprende la zona frutticola della Romagna, all’origine della frutticoltura nazionale. Lo stato di salute di questo importante settore dell’economia nazionale è stato al centro del convegno “Fruit Valley, guardiamo avanti”, tenutosi il 29 novembre, a cura dell’Accademia Nazionale di Agricoltura, una fondazione che promuove la conoscenza scientifica e culturale dell’Agricoltura, la sostenibilità dell’ambiente e la tutela del territorio, con sede a Bologna.

In soli 7 anni il valore produttivo del settore è passato da 320 milioni ai 116 di oggi.

Negli ultimi tempi il modello dell’agricoltura intensiva è andato in crisi per una serie di concause, tra cui: la riduzione della marginalità per i produttori, la scomparsa di molte attività, gli effetti del clima (le recenti alluvioni in Romagna docent) e la concorrenza internazionale, hanno ridimensionato il settore. Il ventennio 2000-2020 è stato devastante, con la scomparsa di 30 mila ettari di colture legnose agrarie, di cui 1/3 di pesche nettarine e pere, che erano le punte di diamante della produzione romagnola.

E’ vero che altri tipi di frutta hanno tenuto, però in soli 7 anni il valore produttivo è passato da 320 milioni ai 116 di oggi. Con questi dati, l’Italia ha perso il primato della produzione frutticola, ma l’Emilia Romagna ha ancora buone carte da giocare se punta sulla ricerca e innovazione. La prima è fondamentale per dare risposte agli effetti del cambiamento climatico che si sono manifestati in un’assidua presenza di… sgraditi ospiti: cimici asiatiche, infezioni delle piante, gelate, abbondanza o carenza di acqua, temperature sopra la media. L’innovazione, invece, può dare la spinta ad un maggiore sviluppo delle “TEA” (Tecnologie di Evoluzione Assistita), nuove biotecnologie sviluppate dagli anni 2000 con lo scopo di ottenere piante più resistenti alle malattie e ai parassiti e agli stress climatici.

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Il modello di frutticoltura come l’abbiamo conosciuto finora è in forte difficoltà, anche perché basato sul metodo intensivo e sull’uso di diserbanti.

Durante il convegno è stata ritenuta fondamentale l’aiuto alle imprese, a causa dei costi molto alti della manodopera e dei problemi nel trovarla. Ecco dove si va a parare, sempre lì, il nervo scoperto dell’imprenditoria italiana: l’aiuto dello Stato, però i profitti restano sempre privati e le perdite, eventuali, socializzate. Tanto paga sempre Pantalone! Ci sarà pure difficoltà nel reperire manodopera, però la pure operosa Romagna è stata indegna protagonista di casi di sfruttamento di manodopera straniera.

Comunque, il modello di frutticoltura come l’abbiamo conosciuto finora è in forte difficoltà, anche perché basato sul metodo intensivo e sull’uso di diserbanti. Inoltre, dal punto di vista economico e produttivo si è passati al biologico, chilometro zero, vendita diretta online e consegne a domicilio. Ma per salvaguardare il reddito del produttore, qualche relatore ha parlato di “agrivoltaico”, che consente di usare simultaneamente uno stesso terreno per l’attività agricola e per la produzione di energia elettrica attraverso pannelli. Come sta facendo grandi passi la robotica in tutte le varie fasi della lavorazione agricola. Secondo gli esperti il futuro del settore è per le aziende medio-grandi, ma per superare il guado c’è bisogno di organizzazione e riforme sul costo del lavoro, altrimenti la competitività va a farsi benedire. E’ emersa la richiesta di una armonizzazione e revisione della fiscalità, perché ci sono regioni a statuto speciale con una tassazione inferiore del 25% rispetto a quelle a statuto ordinario. Il settore agricolo è strategico per tutta l’economia, va sostenuto con efficacia se non si vuole diventare un Paese di importazione totale di frutta e verdura!



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