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Nel libro c’è un capitolo su Matteo Lo Vecchio ( sbirro infame). A Palermo abbiamo una via intitolata a questo infame. Matteo Lo Vecchio che si distinse per la crudeltà siamo negli anni dell’Inquisizione. In particolare nella lotta tra lo Stato spagnolo e la Chiesa che all’inizio scomunicò Lo Vecchio per poi riabilitarlo. Questo (sbirro infame per antonomasia) venne ammazzato in vicolo Brugnò e addirittura non furono eseguite le esequie. Questo personaggio storico fu ereditato da Natoli che lo trasformò. Un personaggio che venne odiato dal popolo e poi dalla mafia. Un’analisi che può essere calata in qualsiasi tipo di contesto sottolinea Governale. Anche Palermo è una cittá straordinariamente doppia. “Occorrono professionisti dell’ investigazione ma che siano affidabili sottolinea Governale. Quello dellìinvestigatore è un mestiere che non é il più difficile del mondo dipende metaforicamente la frequenza che vuoi suonare.Ecco che la capacità di assumere le mille tonalità é fondamentale, di cogliere le sfaccettature dove vi sono contesti in cui le regole non scritte prevalgono sulal legge formale”.
E aggiunge il Generale Governale: “Se vogliamo salvare Palermo ci vuole lo sbirro nato e il prete nato”. Un racconto introgante, provocatorio e che invita a riflettere. Alla domanda attualizzata della giornalista sul perché i pentiti sono diminuiti. Il Generale risponde:” Secondo me non sono diminuiti. Vedete non bisogna spegnere l’interruttore sul fenomeno mafioso. Cosa nostra vive un momento difficoltà è vero e le tre Forze di Polizia agiscono bene ma non pensiamo sia svanita. Un Report di quattro giorni fa ci dice che le mafie hanno un fatturato di 40 miliardi. Ecco non bisogna abbassare la guardia”.Una narrazione affascinante per questo libro che vede la prefazione di Marcella Padovani e pubblicato dalla casa editrice Zolfo.
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