L’esito (scontato) dell’operazione di acquisto. Quando al capezzale di club in crisi si presentano faccendieri senza soldi. Manenti al Parma, Tuttolomondo a Palermo, lo sceicco a Roma, il caso Bari…
Arrivederci mister Campbell. Dopo aver promesso mari e monti al Taranto, ultimo in serie C e sull’orlo del crac sotto la gestione di Massimo Giove, il sedicente cavaliere bianco Mark Colin Campbell si è dileguato col suo grottesco seguito di holding americane “vuote” e presunti partner ricchissimi ma riservatissimi, lasciando percossa e attonita la città. E facendo fare una figuraccia al sindaco, Rinaldo Melucci, che aveva spalleggiato e difeso il simpatico squattrinato inglese come fosse l’oracolo di Omaha. Arrivederci e non addio perché tanto lo sappiamo, un Campbell ce lo ritroviamo periodicamente tra i palloni da calcio, dalla serie A in giù. Ricordate Giampietro Manenti al Parma? I mitici fratelli Tuttolomondo al Palermo? L’improbabile cordata di soci (con pornodivo) al Mantova, Tim Barton al Bari, lo sceicco della Roma ecc?
Faccendieri al capezzale
È matematico. Quando un club calcistico rischia il crac, al capezzale si presenta il salvatore della patria. Millantando ricchezze e facoltosi soci promette la rinascita, il salto di categoria, se non addirittura la Champions. È il classico furbacchione o faccendiere o finanziere sfrontato, a seconda dei casi, un po’ mitomane e un po’ avvoltoio, che approfitta del dolore dei parenti (i tifosi) e fa leva sull’esigenza della proprietà di dileguarsi prima del fallimento. Il più delle volte viene dignitosamente messo alla porta per manifesta cialtroneria senza nemmeno un minuto di celebrità. La quale, il più delle volte, è l’obiettivo primario.
Quando la piazza abbocca
Ma quando fa breccia e la piazza abbocca è uno spettacolo pirotecnico di closing, advisor e due diligence (fa molto alta finanza), di mail che si bloccano alle 23,59 dell’ultimo giorno utile, di fideiussioni bulgare che non arrivano o, se arrivano, chissà perché non vengono accettate, di bonifici internazionali che «sono fermi» come un Frecciarossa in galleria.
Follia Manenti
L’insuperabile Manenti ha abbindolato tutti nell’inverno 2015 riuscendo a prendere la guida del Parma, diventare presidente ed entrare in Lega Serie A. Mapi Grup era la sua inconsistente holding slovena (notare il “Grup” che dà l’idea di chissà quale estensione degli affari) mentre in realtà il pezzo forte del suo patrimonio consisteva in una vecchia Citroen C3 pignorata. Due mesi di follia e poi la Guardia di Finanza l’ha prelevato con accuse di peculato e autoriciclaggio chiudendogli la breve ma sfolgorante carriera. Ai nipoti racconterà, sorvolando sui dettagli, di aver parlato faccia a faccia da presidente a presidente (assemblea di Lega) con lo juventino Andrea Agnelli.
Palermo, stile Belushi
Era il 24 giugno 2019, il Palermo allora guidato dai fratelli Salvatore e Walter Tuttolomondo, subentrati a Maurizio Zamparini e agli inglesi di Emanuele Facile, non rispettò i termini l’iscrizione al campionato di Serie B. E poco dopo fallì. Ma naturalmente i Tuttolomondo che avevano scalato l’Everest del Palermo con alle spalle un’esperienza (fallimentare) nel turismo e pochissime risorse, non avevano colpe. No, la colpa era di circostanze sfortunate tipo Pec senza allegati, truffa del broker dell’est su una fideiussione da 800 mila euro, orologio della Lega di serie B inspiegabilmente rigido di fronte a un ritardo di soli sei giorni per l’iscrizione e così via. Ricordate le scuse di John Belushi all’ex fidanzata nel film cult Blues Brothers? «Non ti ho tradita, dico sul serio. Ero rimasto senza benzina, avevo una gomma a terra, non avevo i soldi per prendere il taxi, la tintoria non mi aveva portato il tight, c’era il funerale di mia madre, era crollata la casa, c’è stato un terremoto, una tremenda inondazione, le cavallette, non è stata colpa mia, lo giuro su Dio!»
Bari, la commedia di malesi e texani
Fino all’arrivo dei De Laurentiis, a Bari tra sceicchi, finanzieri malesi e miliardari texani non si sono fatti mancare niente. Datò Noordin venne dalla Malesia in Puglia nel 2016: un magnate della difesa si diceva («Secondo lui – scrive Wikipedia – Noordin per 20 anni ha lavorato per la filiale malese di Finmeccanica» e notare il «secondo lui»). Subito apprezza la cucina locale a base di pesce crudo. Poi tradizionale affollatissima conferenza stampa con la tipica promessa: voglio la Champions in 5 anni. La piazza impazzisce ma lui sparisce. Qualche anno prima Tim Barton era pronto a rilevare il club dai Matarrese. Viene comunicata la firma del preliminare, annunciati decine di milioni di investimento, il texano dai capelli rossi sbarca a Bari con un volo low cost, duemila tifosi lo accolgono con lo striscione «Passa a Tim» e lui: «Voglio farvi sognare». Due mesi a stringere mani e fare promesse, un mix tra una star del rock e Padre Pio. Poi purtroppo c’è sempre un momento meno romantico che è quello delle carte, dei conti, insomma dei soldi da tirar fuori. Dov’è Tim? Passato dalla dogana e tornato definitivamente in Texas.
L’insuperabile «chief growth officer»
Lo sceicco della Roma che in realtà abitava in una casa popolare in Umbria, la cordata di dieci soci (tra cui un pornodivo e faccendieri con pile di cambiali) che nel 2017 rilevò il Mantova portandolo al crac l’anno successivo: si potrebbe andare avanti all’infinito. Ogni piazza ha la sua croce ma c’è anche il lato comico. E negli ultimi due mesi Taranto ha dato il meglio correndo dietro a un ufo inglese piovuto dal nulla, titolare della società americana Apex Capital Global. Che però oltre all’altisonante denominazione e ai 150 euro spesi per costituirla in Delaware, non ha nient’altro. Si sapeva fin dall’inizio ma the show must go on. E Campbell ha raggiunto una vetta insuperabile annunciando sul sito ufficiale del Taranto (di cui non ha mai avuto una sola azione) «la nomina di Marcel Vulpis a Chief Growth Officer». Il Taranto… che non paga gli stipendi, che non è il Real Madrid e dove l’unico Cif che servirebbe è quello per la pulizia dei debiti. Arrivederci a mister Campbell & C. Chi sarà il prossimo?
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