Aphrodite’s Closet debutta a Reggio Calabria, la storia di un ritorno a casa e un progetto di moda handmade

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Non tutti i giovani reggini vogliono andarsene da una città che le classifiche descrivono come ultima in tutto, c’è anche chi, dopo anni lontano, ha deciso di tornare per creare qualcosa di nuovo – qualcosa che aiuti a smentire quelle classifiche.

Emilia Mallamaci lo sta facendo con l’attività di stylist che adesso avrà una sua sede fisica, il concept store Aphrodite’s Closet. Sito in via Bolzano 34, sarà un atelier per la realizzazione di capi vintage customizzati o reinventati dalla brand owner, e l’inaugurazione è prevista sabato 21 dicembre dalle 17.30 alle 20.30 con un evento di moda arricchito da aperitivo e dj set in collaborazione con il gruppo SocioCrew.

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Un progetto aperto al territorio, perché il laboratorio ha uno spazio che si candida a ospitare esposizioni valorizzando la creazione di una rete con operatori del mondo della moda e la cultura. Fashion stylist e artista, Emilia racconta così la genesi di Aphrodite’s Closet: “Il nome fa riferimento al mio armadio, che è il fulcro di questa iniziativa.

Nel mio lavoro  ho acquistato molti capi per l’archivio e il mio monolocale milanese con il tempo si era affollato di abiti che non sapevo più dove tenere, molti dei quali di lusso e mai indossati. Qualche amico, scherzando, mi fece notare che con il contenuto del mio armadio avrei potuto aprire un negozio. Me lo hanno ripetuto così tante volte da convincermi – spiega – e il resto si deve alla passione folle per i vestiti e lo stile che ho da sempre. Quando ero bambina giocavo a rifare il look alle mie compagne di classe”.

Partendo dagli articoli vintage dell’armadio, il concept store reggino è aggiornato con i pezzi ispiranti che Emilia continua a cercare nei negozi e mercatini in giro per l’Italia. Ci sono abiti di seconda mano ricondizionati e customizzati, cioè totalmente rimessi a nuovo, o modificati secondo la creatività della stylist con l’inserimento di applicazioni, trattamento tie-dye o scritte. Inoltre oggetti di design, capsule limitate e creazioni su richiesta. Poi una sezione a cui la stilista tiene molto, le borse handmade all’uncinetto, abilità che Mallamaci ha appreso in famiglia, tramandata dalla nonna e la madre: “Ho ripreso l’uncinetto da poco e le borsette che avevo fatto per me erano notate e piacevano tantissimo, così ho creato una collezione”. 

Ogni articolo è unico con l’obiettivo di appartenere alla persona che lo indosserà e rappresentarne la personalità. Un manifesto creativo che si contrappone anche al dilagare della fast fashion industriale. Oltre al concept store che sarà aperto sabato, il marchio ha una pagina web che da gennaio si occuperà di gestire ordini a distanza e spedizioni. 

“Il mo brand è appena nato e voglio farlo crescere – dice – ma per me è già un traguardo importante, perché nella mia città sto ricostruendo la mia carriera nella moda e ho fatto tutto da sola”. A Reggio Calabria è tornata da un anno, dopo sette di studio e vita trascorsi a Milano, che erano iniziati come per tutti i giovani dell’ultima generazione di emigranti.

La sua partenza era stata emblematica di questo strappo dalla terra natìa grazie al racconto che ne aveva fatto il padre Nino in una lettera, diventata virale, sul dolore di chi vede andare via un figlio. Milano, una delle prime della classe, Reggio la Cenerentola delle statistiche, ma l’esperienza di Emilia è un’altra. “Lasciare Milano è stato un lutto – confida – Quando sono partita, condividevo con tanti giovani della mia età quel sentimento di impotenza, perché non si vuole farlo ma si è costretti. Per questo di solito chi poi torna lo percepisce come un passo indietro, un fallimento. Io invece ho capito che la vita a Milano non mi rispecchiava. Qui sono felice, sono vicina agli affetti, respiro l’aria della mia infanzia e soprattutto non mi sento un numero. Milano dà tanto ma toglie di più, ti chiede cose importanti che non restituisce”. 

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Sulle bocciature collezionate dalla sua città, commenta: “Non credo che l’erba del vicino sia più verde. Tutte le città hanno problemi, e avendo vissuto sia a Milano che a Reggio posso dirlo in prima persona. Reggio è sicuramente un luogo impegnativo e con tante criticità. Io sono stata fortunata a incontrare un gruppo di giovani che la pensano come me. Con SocioCrew organizziamo tante iniziative e penso che anche così, nel nostro piccolo, rinnovando la movida e animando la città, si possa contribuire a un’inversione di tendenza. Reggio ha bisogno di persone che tornino, che si faccia la nostra parte per cambiare la situazione”. 



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