Nella vicenda Unicredit-Commerzbank-Banco Bpm il governo tedesco e quello italiano cercano di condizionare l’esito di operazioni di mercato. Dovrebbero invece completare l’unione bancaria, creando un ambiente favorevole alle concentrazioni cross-border.
Stato e mercato
La notizia della ulteriore ascesa di Unicredit nell’azionariato di Commerzbank (fino al 28 per cento) prova la determinazione del management della banca italiana a proseguire nella sua strategia di creare un gruppo bancario europeo con una forte presenza cross-border. Allo stesso tempo, Unicredit si è creata una opportunità di espansione all’interno dei confini nazionali, lanciando una operazione di acquisizione (tramite offerta pubblica di scambio) sul Banco Bpm. Entrambe le operazioni sono osteggiate dai top manager delle banche target, che le hanno bollate come “ostili” e contrarie agli interessi dei rispettivi azionisti e dei dipendenti. In entrambi i casi, i governi sono entrati nella contesa, dichiarando di vedere con sfavore le operazioni lanciate da Unicredit e di essere intenzionati a usare tutti gli strumenti a loro disposizione per ostacolarle.
Viene spontaneo domandarsi: qual è il ruolo dei governi in queste operazioni? Qual è il confine tra stato e mercato nel determinare l’assetto proprietario delle banche?
La risposta è che lo stato deve limitarsi a definire il quadro di regole all’interno delle quali le operazioni avvengono e deve vigilare affinché non facciano danni in termini di stabilità degli intermediari e di trasparenza nei confronti degli investitori. Le regole che governano questo tipo di operazioni ci sono e le autorità dei mercati finanziari (la Consob in Italia) sono lì per farle rispettare; lo stesso vale per le regole di trasparenza. Sulla stabilità vigila la Banca centrale europea: Unicredit è sottoposto alla diretta vigilanza della Bce. Saranno queste le autorità che dovranno dare le necessarie autorizzazioni.
C’è poi un tema di tutela della concorrenza, che si pone ogniqualvolta vi siano rilevanti operazioni di concentrazione: anche in questo caso non mancano le autorità competenti (antitrust) di livello sia nazionale sia europeo.
Le invasioni di campo dei governi
Le esternazioni dei governanti, sia italiani sia tedeschi, sulle due operazioni avviate da Unicredit sembrano perciò fuori luogo: travalicano il confine tra stato e mercato. In entrambi i casi, i governi hanno una loro idea sul destino delle banche in questione e vorrebbero imporlo al mercato.
Il governo tedesco vuole evitare che una importante banca tedesca cada sotto il controllo di una banca italiana. Dopo avere per anni guardato con sufficienza gli istituti italiani e diffidato della loro solidità, tanto da rifiutarsi di fare una assicurazione comune dei depositi a livello europeo, quella eventualità verrebbe vista come una sconfitta per la Germania. Il governo italiano ha un suo disegno su Banco Bpm: farne il perno del “terzo polo” del settore bancario italiano, grazie alla acquisizione del Monte dei Paschi (insieme ad altri azionisti minori “vicini” al governo). Pur di attuare il suo disegno, il governo italiano sarebbe disposto a non fare obiezioni sul fatto che una banca francese (Credit Agricole) assuma una posizione di peso nell’azionariato di Banco Bpm e in prospettiva del “terzo polo”: una bella contorsione, dopo avere definito “banca straniera” Unicredit.
Insomma, al di qua e al di là delle Alpi, i governanti non resistono alla tentazione di travalicare il loro ruolo, indicando quello che secondo loro dovrebbe essere l’esito di operazioni che loro stessi definiscono “di mercato”. Ancora peggio sarebbe se decidessero di passare dalle parole ai fatti, ad esempio esercitando il cosiddetto “golden power”, come minacciato dal ministro Giorgetti.
Veti incrociati sull’unione bancaria
L’ostilità del governo tedesco (peraltro in fase di smobilitazione) all’operazione Unicredit-Commerzbank appare fuori luogo, oltre che sul piano delle regole istituzionali, anche nel merito. I governi europei (compreso quello tedesco) e le autorità sovranazionali (Commissione Ue, Bce) dicono da tempo che bisogna completare l’unione bancaria e dei capitali in Europa: rimuovendo le barriere tra un paese e l’altro, favorendo la creazione di banche presenti in più stati membri e di dimensione tale da competere con le grandi banche internazionali (americane). La necessità è stata ribadita dai Rapporto Draghi e in quello Letta. L’operazione lanciata da Unicredit su Commerzbank va proprio in questa direzione, quindi va vista con favore. Anziché ostacolarla, il governo tedesco dovrebbe collaborare con gli altri governi europei per portare a termine il progetto di unione bancaria, dando il via libera all’introduzione della assicurazione europea dei depositi.
Su questo fronte, anche il governo italiano non è senza peccato: il suo veto alla riforma del Mes (Meccanismo europeo di stabilità) impedisce che si realizzi un altro tassello della unione bancaria, cioè la possibilità che il Mes stesso possa essere una risorsa finanziaria per il Fondo europeo di gestione delle crisi bancarie. Sia la posizione tedesca sulla assicurazione dei depositi sia quella italiana sul Mes rispondono a esigenze di propaganda politica e non hanno alcuna ragione di sostanza. Anziché interferire con le operazioni cross-border, i governi dovrebbero creare l’ambiente regolamentare e istituzionale che le favorisca, rimuovendo i veti incrociati sull’unione bancaria europea.
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