- Una partita IVA in regime forfettario che ha conseguito un reddito zero per un periodo dell’anno deve sostenere comunque dei costi fissi per la propria attività.
- Le imposte sono pari a zero se il reddito della partita IVA conseguito durante l’anno è azzerato.
- La dichiarazione dei redditi deve essere presentata anche dalle partite IVA in regime forfettario che hanno conseguito un reddito nullo, almeno per ciò che riguarda le spese.
Il regime forfettario è una garanzia per le partite IVA con un fatturato annuale inferiore a 85.000 euro perché garantisce costi ridotti e minori adempimenti fiscali. Questo permette al professionista di mantenere un listino competitivo e di conseguire dei risultati migliori.
Può accadere, però, di ottenere un reddito pari a zero nel corso dell’anno: in questo caso, seppur ridotti, ci sono dei costi fissi da sostenere.
A seconda della tipologia di attività svolta (libero professionista con o senza cassa, artigiano o commerciante) e della cassa di appartenenza, i contributi previdenziali e le imposte da pagare saranno differenti.
Regime forfettario e reddito zero: cosa fare
Una partita IVA in regime forfettario consegue un reddito zero se nel corso dell’anno non emette alcuna fattura e non ottiene nessun compenso. Sebbene sia una situazione piuttosto rara, può accadere di dover sospendere la propria attività per un certo periodo e dunque conseguire un reddito nullo.
Nonostante questo, il lavoratore autonomo che non ha ottenuto alcun reddito deve comunque sostenere dei costi per il mantenimento della partita IVA e, al contempo, deve presentare la dichiarazione dei redditi indicando “zero” nella sezione dedicata alle somme percepite nel corso dell’anno di imposta.
A questo punto, quindi, è opportuno considerare le spese legate a:
- tasse o imposte;
- contributi previdenziali;
- costi fissi (commercialista, fatturazione elettronica, PEC, ecc).
Tasse forfettari con reddito zero
Il vantaggio delle partite IVA che operano in regime forfettario è l’applicazione di un’imposta sostitutiva unica che, nel caso di reddito nullo, è pari a zero. Questa imposta sostituisce le addizionali e l’IRPEF a cui solitamente sono soggetti i lavoratori autonomi.
Calcolata a partire dal reddito imponibile, attraverso la deduzione di una percentuale stabilita in base al Codice Ateco di ciascuna attività, è pari al 15% oppure al 5% nei primi anni di attività. Tuttavia, essendo il reddito pari a zero anche l’imposta sostitutiva sarà nulla.
Contributi previdenziali forfettari con reddito zero
Un costo che varia in relazione alla tipologia di attività svolta è quello relativo al versamento dei contributi previdenziali. Anche in caso di reddito zero, non è detto che il lavoratore autonomo non debba sostenere dei costi.
Possiamo distinguere tre categorie di appartenenza alle quali si associano regole diverse:
- Liberi professionisti con cassa previdenziale privata (come avvocati, medici, giornalisti, ecc);
- Liberi professionisti senza cassa, iscritti alla Gestione Separata INPS;
- Artigiani e Commercianti iscritti all’apposita Gestione INPS Artigiani e Commercianti.
1. Liberi professionisti con cassa
I liberi professionisti iscritti a un ordine professionale e con una cassa privata devono seguire le regole della propria cassa di appartenenza. In alcuni casi, per esempio per i giornalisti, è previsto il versamento dei contributi minimi; mentre in altre professioni non sono stabiliti costi previdenziali, a fronte di un reddito nullo.
2. Artigiani e commercianti
Anche artigiani e commercianti devono sostenere dei costi nonostante abbiano conseguito un reddito pari a zero: la normativa prevede il versamento di una quota fissa di contributi (pari a circa 4.000 euro all’anno) e una quota variabile in base ai ricavi annui.
Tuttavia, chi aderisce al regime forfettario può chiedere la riduzione del 35% dei contributi previdenziali con conseguente riduzione proporzionale delle settimane accreditate nell’anno i riferimento.
3. Professionisti in Gestione Separata INPS
La Gestione Separata INPS, alla quale devono iscriversi i professionisti non iscritti agli albi professionali, non prevede alcun costo previdenziale per coloro che hanno conseguito un reddito pari a zero.
In questo caso, infatti, il calcolo dei contributi si basa su un’aliquota fissa da applicare al reddito imponibile: se quest’ultimo è pari a zero, anche i contributi da versare saranno pari a zero.
Regime forfettario e reddito zero: i costi fissi
Nonostante il tuo reddito sia pari a zero nel corso di un determinato periodo, devi comunque sostenere dei costi fissi per mantenere la partita IVA attiva nel corso dell’anno.
Tra le principali spese che dovrai affrontare ci sono i costi relativi al commercialista, che si occuperà della tua contabilità e della presentazione della dichiarazione dei redditi.
Ci sono poi i costi relativi ai software di fatturazione elettronica, PEC e firma digitale. Se sei un artigiano o un commerciante, inoltre, dovrai sostenere anche i costi di iscrizione alla Camera di Commercio; mentre se sei un professionista iscritto all’Albo dovrai versare comunque la quota annuale prevista dalla tua Regione.
Dichiarazione con reddito zero: è obbligatoria?
Tutte le partite IVA che conseguono un reddito pari a zero nel corso dell’anno, per evitare eventuali contenziosi, sono tenute a presentare la dichiarazione dei redditi all’Agenzia delle Entrate. Non esiste un vero e proprio obbligo in questo senso, ma è consigliabile presentarla ugualmente.
Infatti, al di là dell’obbligo di dichiarazione dei redditi percepiti, i forfettari devono specificare al Fisco le spese sostenute per il canone di locazione, leasing, eventuali compensi per lavoratori terzi, ecc. Devono poi essere indicate le modalità di utilizzo di eventuali crediti di imposta spettanti.
Regime forfettario e reddito zero – Domande frequenti
Se nel corso dell’anno hai aperto la partita IVA e non hai guadagnato nulla, su quell’anno le tue tasse saranno pari a zero. Indipendentemente dal regime fiscale che adotti, infatti, le tasse vengono calcolate in percentuale sugli incassi che ottieni. Le cose cambiano per i contributi.
Non è sempre vero che la partita IVA non è obbligatoria con un reddito inferiore a 5.000 euro. Infatti, non è previsto un limite di guadagno superato il quale bisogna aprire la partita IVA. La regola generale prevede il rispetto del carattere dell’occasionalità e non abitualità della prestazione.
Se nel corso dell’anno hai conseguito un reddito pari a zero con la tua partita IVA, devi comunque presentare la dichiarazione dei redditi indicando “zero” nello spazio in cui si devono inserire le somme percepite durante l’anno di imposta (a meno che tu non abbia altri redditi diversi da dichiarare al Fisco).
Generalmente il Quadro LM con reddito zero non va compilato, però bisogna considerare che altri campi, ad esempio quelli relativi alle spese con il regime forfettario, vanno integrati.
Si fa riferimento alla situazione in cui una partita IVA non percepisce alcun guadagno durante l’anno dalla propria attività, per cui il reddito è zero. In questi casi non si pagano tasse ma per alcuni potrebbe essere necessario versare i contributi previdenziali. Non va confuso il reddito zero con la no tax area, importo al di sotto del quale è possibile non pagare imposte.
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