Il 2024 si chiude con un quadro preoccupante riguardo alla percezione e alla narrazione dei migranti nel panorama mediatico italiano. I dati del XII Rapporto dell’Associazione Carta di Roma, presentati in questi giorni, dipingono un’immagine di disattenzione crescente nei confronti della questione migratoria. Le prime pagine dei quotidiani, infatti, hanno visto una riduzione del 42% degli articoli dedicati al tema, e i telegiornali di prima serata registrano un calo del 41%. La domanda che ci poniamo è: cosa ha causato questa disattenzione improvvisa? Forse l’esplosione di conflitti geopolitici di portata globale come quello russo-ucraino e israelo-palestinese, o la campagna elettorale per le elezioni europee e statunitensi? Forse sì, ma ciò non giustifica una dimenticanza così netta e drammatica di una questione che continua a riguardare il nostro presente, e che influisce su molteplici aspetti della nostra società.
Eppure, al di là di questo calo di attenzione, restano i numeri. Più di un cittadino su quattro percepisce ancora l’immigrazione come una minaccia alla sicurezza, con una visione di vulnerabilità che è alimentata da una narrazione mediatica spesso allarmistica. La costante associazione tra migrazione e crimine, sebbene in lieve calo, continua a dominare il discorso pubblico, soprattutto nei telegiornali. Questo continuo accostamento ha il potere di influenzare la percezione collettiva, creando un’immagine distorta di un fenomeno che, se gestito in modo adeguato, potrebbe invece rappresentare una risorsa per la società.
Di fronte a questo scenario, il tema dell’accoglienza e dell’integrazione appare come un faro di speranza, ma è una speranza che rischia di spegnersi in mezzo al marasma mediatico. È fondamentale ricordare che dietro ogni singolo migrante c’è una persona, con storie, sogni e desideri, e che l’accoglienza rappresenta un atto di umanità che arricchisce non solo chi arriva, ma anche chi accoglie. Integrarsi non significa solo rispondere a un’urgenza umanitaria, ma costruire una società più forte, più coesa, capace di arricchirsi culturalmente, socialmente ed economicamente. L’esperienza dei migranti, il loro bagaglio di competenze, esperienze e sensibilità, se ben indirizzato, può essere un potente motore di innovazione per il nostro paese.
Nel 2024, nonostante il rallentamento della discussione pubblica, vi sono segnali di speranza. Il quotidiano Avvenire, con il suo impegno costante, si è distinto come uno dei pochi mezzi di informazione che ha continuato a dare voce ai migranti e alla loro condizione, contribuendo a mantenere alta l’attenzione su un tema che troppo spesso finisce nel dimenticatoio. Ma Avvenire non è solo un’eccezione: è un esempio di come i media possano agire da ponte, e non da barriera, nel creare una narrazione che promuove la cultura dell’inclusione. È grazie a voci come la sua che si continua a parlare di migranti non come un pericolo da temere, ma come una risorsa da valorizzare.
Il calo dell’uso di termini stigmatizzanti come “clandestino” è un passo in avanti, e la minore presenza di parole come “emergenza” e “crisi” fa sperare in una graduale evoluzione del linguaggio, un linguaggio che non esprima solo la paura, ma anche la speranza. Anche se la sfida è ancora grande, è essenziale non abbassare la guardia. Dobbiamo comprendere che l’integrazione non è un’utopia, ma una possibilità concreta che deve essere perseguita con determinazione.
È evidente che l’accoglienza dei migranti va oltre la mera gestione dei flussi. È una questione che riguarda la nostra identità e la nostra visione di società. L’integrazione significa garantire opportunità, accesso all’istruzione, al lavoro, alla salute, e soprattutto il diritto di partecipare pienamente alla vita civica e culturale del paese. È responsabilità della politica, dei media e di ciascun cittadino contribuire a questa costruzione, non solo garantendo accoglienza, ma anche favorendo l’inclusione attraverso politiche concrete.
Ma anche i telegiornali devono fare la loro parte. L’informazione ha il potere di cambiare le percezioni, e i tg italiani sono ancora troppo spesso veicolo di una narrazione che divide invece di unire. La cronaca quotidiana sui migranti non può essere ridotta solo agli aspetti negativi e problematizzati. Gli aspetti positivi, le storie di integrazione riuscita, il contributo che i migranti danno alla nostra economia e alla nostra cultura, devono essere raccontati con la stessa intensità.
In fondo, la vera forza di una società si misura dalla sua capacità di accogliere chi arriva, di integrarlo senza paure, senza pregiudizi, e di costruire insieme un futuro più prospero. La Valle d’Aosta, così come l’Italia intera, ha bisogno di riscoprire la bellezza dell’accoglienza, non solo come risposta a un bisogno urgente, ma come elemento fondante della nostra cultura e della nostra identità. Non possiamo permettere che la paura e l’ignoranza prevalgano su quello che rappresenta il nostro vero valore: la solidarietà.
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