solo il 52% degli immobili si è dotato del CIN — idealista/news

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Il tema degli affitti brevi sta diventando sempre più centrale nel dibattito pubblico, soprattutto in vista dell’avvicinarsi della scadenza per l’adozione del Codice Identificativo Nazionale (CIN). A partire da gennaio, infatti, le strutture sprovviste del codice obbligatorio saranno soggette a sanzioni. La Fondazione ISSCON e l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, con il contributo del SUNIA, hanno condotto un’indagine per valutare lo stato di legalità degli affitti turistici in Italia. 

L’analisi, svolta nella prima metà di novembre, ha esaminato quasi mille immobili situati in dieci città campione, distribuiti sia tra gestori privati che professionali e presenti sulle principali piattaforme del settore.

I risultati emersi mostrano che solo il 52% degli immobili monitorati si è dotato del CIN obbligatorio. Percentuale che scende ulteriormente se si guarda alla conformità con i dispositivi di sicurezza. Soltanto l’8,5% degli immobili, infatti, risulta essere pienamente in regola, soddisfacendo contemporaneamente l’obbligo del CIN e le dotazioni di sicurezza richieste: in pratica, 1 appartamento su 12.

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Affitti brevi e CIN, le città più “indietro”

La distribuzione territoriale delle irregolarità evidenzia delle forti disparità. Napoli si posiziona in fondo alla classifica, con appena il 32% degli immobili dotati del CIN. Seguono Firenze con il 37%, Bologna al 48% e Torino al 51%. Situazioni leggermente migliori si riscontrano ad Alghero (53%), Roma (54%) e Venezia (57%). Le città più “a norma” sono Lecce e Catania, con rispettivamente il 60% di immobili in regola, mentre Milano registra la performance migliore, con il 67% di strutture dotate del Codice Identificativo Nazionale.

Sicurezza negli appartamenti in affitti breve

Se si passa a valutare anche i requisiti di sicurezza, Torino è la città meno conforme alla normativa, con appena il 2,2% degli immobili in affitto breve in linea. Bologna, Napoli e Firenze seguono con un 5,6%. Situazioni leggermente diverse si riscontrano a Catania (6,7%), Lecce (7,8%) e Venezia (10%). In cima alla classifica troviamo Milano, con il 17,7%, e Roma, che raggiunge il 19% e si aggiudica il primato nazionale. Tuttavia, questi numeri, seppur migliori, si inseriscono in un quadro generale fortemente negativo.

Affitti brevi, problema o risorsa?

L’analisi evidenzia come il settore delle locazioni turistiche sia da attenzionare, benché non sia da considerarsi il solo responsabile della crisi abitativa nelle città. “Assieme alle innegabili responsabilità dei portali che veicolano l’affitto breve, non possono essere esentati da responsabilità gli amministratori locali, che frequentemente tuonano contro gli affitti brevi, – si legge. – Dovrebbero ricordare, in tali occasioni, le proprie responsabilità (o quelle dei loro predecessori) in materia di politiche del turismo. Molto spesso, infatti, non sono state fatte le opportune valutazioni sugli effetti profondi di tali scelte sui tessuti urbani più fragili. Anche le associazioni degli albergatori, che possono correttamente segnalare una disparità di condizioni con il mondo dell’affitto breve, si devono interrogare sulla eccessiva frantumazione del settore, sulla sua cronica debolezza, su alcuni eccessi sul fronte prezzi”.

L’impatto economico delle scelte immobiliari

È chiaro, secondo l’indagine, che il fenomeno degli affitti brevi non è l’unico responsabile di questa situazione. Molti immobili non sono semplicemente sottratti al mercato degli affitti lunghi, ma rappresentano anche una scelta di investimento alternativa alla vendita, con ulteriori ripercussioni negative sul mercato immobiliare.

Per comprendere meglio la portata economica di queste decisioni, possiamo ipotizzare il caso di un bilocale situato nel centro storico di Firenze, valutato 300.000 euro. Il proprietario si trova di fronte a tre opzioni:

  • Affittarlo a lungo termine per sei anni a 800 euro mensili, con un guadagno lordo annuo di 9.600 euro (pari a un rendimento del 3,2% rispetto al valore dell’immobile).
  • Affittarlo annualmente a due studenti per 1.300 euro al mese, con un rendimento lordo annuo di 15.600 euro (5,2%).
  • Destinarlo agli affitti brevi con un tasso di occupazione del 70% e un canone medio di 150 euro al giorno, ottenendo un guadagno lordo annuo di 37.800 euro (12,6%).

Sebbene questa stima vada considerata con attenzione, tenendo conto dei costi di gestione e delle eventuali variabili, è evidente la netta convenienza economica degli affitti brevi, favorita dalla mancanza di trasparenza fiscale e di controlli che ha caratterizzato il settore, almeno in assenza di gestione professionale e di norme chiare.

La situazione, secondo l’analisi, potrebbe iniziare a migliorare con l’introduzione del Codice Identificativo Nazionale (CIN) e degli obblighi di sicurezza stabiliti dalla normativa nazionale, anche se solo con un monitoraggio efficace e costante sarà possibile far emergere dall’ombra questa zona franca e riportare il mercato degli affitti brevi all’interno di regole chiare, giuste e rispettose delle esigenze delle città e dei loro abitanti.



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