Buongiorno a tutti. Leggendo l’articolo di Stefano Zurlo pubblicato su Il Giornale lo scorso 30 marzo, vi accorgerete che manca il nome del giudice calabrese “che si droga”. Noi e moltissimi dei nostri lettori sappiamo benissimo di chi si tratta, finora abbiamo rispettato la scelta dell’autore dell’articolo di non rivelarne il nome ma a questo punto non possiamo più esimerci dal farlo. Ripubblichiamo questo articolo rivelando il nome del protagonista perché il magistrato Vincenzo Luberto ovvero il giudice scoperto in preda a convulsioni effetto di cocaina, è stato fino a ieri sera alle 20 formalmente in corsa per diventare nientemeno che procuratore capo di Cosenza. E finalmente è stato escluso all’ultimo secondo e neanche dal Csm ma direttamente dal ministro Nordio, che ha espresso nei suoi confronti il “concerto”, una sorta di parere necessario sul magistrato individuato dal Csm. Ovviamente in gravissimo ritardo… Sveliamo allora l’ennesimo segreto di Pulcinella della nostra Calabria e siamo sicuri che anche l’autore dell’articolo non se la prenderà più di tanto.
di Stefano Zurlo
Fonte: Il Giornale (https://www.ilgiornale.it/news/politica/giudice-che-si-droga-scoperto-e-graziato-2303149.html)
L’atto di incolpazione davanti al Csm ha l’andamento di un referto. E il referto è sbalorditivo: il giudice (Vincenzo Luberto, ndr) era in bagno. «Riverso a terra, in preda a convulsioni ed in evidente stato confusionale». E ancora: «Continuava a dimenarsi a e farneticare», e cercava di bloccare il medico che voleva alzargli le maniche per misurargli la pressione.
Cocaina & anfetamine, la spiegazione arriva in breve. E finisce naturalmente davanti alla Disciplinare del Csm che scopre precedenti per alcol e si accorge che il magistrato – giudice penale – ha già avuto altri procedimenti disciplinari. Un quadro disastroso. «Il magistrato – scrive la Disciplinare – risulta essere stato sottoposto a plurimi procedimenti disciplinari per fatti riguardanti guida in stato di ubriachezza, violenza e minacce ai rappresentanti delle forze dell’ordine». Sembra di leggere il certificato penale di un piccolo pregiudicato, invece stiamo raccontando il curriculum di una toga.
Nicola Gratteri, oggi procuratore a Napoli, ha puntato il dito contro i politici proponendo per loro i test attitudinali e pure quelli per rilevare consumo di alcol e droga. Forse, Gratteri non sapeva che proprio in Calabria, la regione dove è rimasto a lungo, c’ era un suo collega positivo a tutte le analisi da lui suggerite.
Forse i test avrebbero rilevato qualche anomalia e fragilità in una persona che da anni dava segni di squilibrio. E andava alla deriva, fino al giorno in cui era semisvenuto in bagno, lasciando nello sconcerto un intero tribunale. Già il 6 aprile 2003 «circolava in stato di ebbrezza alcolica alla guida della sua autovettura». In quell’occasione, già che c’era, aveva anche «percosso un passante».
Quasi dieci anni dopo, rieccolo, questa volta con una certa familiarità verso le droghe. «La sera prima aveva assunto della cocaina, dei tranquillanti e dell’alcol». Pensava di smaltire gli effetti di quegli eccessi con calma, ma una telefonata inattesa del presidente di sezione aveva scombussolato i suoi piani.
L’indomani il magistrato è chiamato a far parte di un collegio penale. Va dunque a Palazzo di giustizia e qui sente che qualcosa non va. Corre in bagno, «mandando un messaggio alla collega con la quale avrebbe dovuto comporre il collegio per avvertirla di quell’episodio acuto che lo aveva appena colpito».
Il ricovero in ospedale conferma i sospetti: alcol e anfetamine. È un episodio che turba la magistratura, probabilmente un unicum che mette in difficoltà anche i giudici della Disciplinare. Per i fatti precedenti, e per altri ancora, l’avevano già stangato sospendendolo per due anni dalle funzioni. Insomma, aveva già un piede fuori dalla magistratura.
Che fare? Il capo d’incolpazione è sconvolgente: il magistrato ha preso parte «all’udienza sotto l’influsso di sostanze stupefacenti». Andando allo sbaraglio in aula, in stato di «grave alterazione». Senza la necessaria lucidità. Sembra fiction, è la realtà.
La Disciplinare valuta dunque la «dispensa», ovvero l’espulsione dalla magistratura del giudice ma alla fine ritiene che ci siano gli elementi per il suo «recupero». Ha commesso eccessi per tre anni, ma senza sviluppare una dipendenza «da alcol e droga». Lo specialista sostiene che «non presenta sintomi di scompenso psichiatrico in atto». Inoltre, lui si è sottoposto volontariamente e più volte all’analisi delle urine, sempre con risultato negativo. Infine, il trasferimento ad altro tribunale l’ha già sottratto all’ambiente in cui è accaduto il fatto. Il verdetto é pesante ma non da ko: un anno di sospensione. Quel giudice è tornato in servizio… E per poco non ce lo siamo ritrovati procuratore capo a Cosenza: vi rendete conto?
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