Secondo la Guardia di Finanza di Napoli è stata sgominata, con una sola operazione, l’IPTV che oggi in Italia detiene (o meglio deteneva) quasi il 40% dello share dello streaming illegale.
La situazione, vedremo dopo, è decisamente più complessa perché la persona che orchestrava tutto, ora in carcere in custodia cautelare, aveva messo in piedi anche una rete parallela di vendita di materiale pedopornografico e produceva droga.
Questo, bene specificarlo, disinteressandosi totalmente della privacy dei suoi clienti: secondo le autorità, solo per la parte IPTV, sono stati identificati 6.000 utenti privati che avrebbero fatto accesso ai contenuti multimediali non autorizzati attraverso 46 siti web, di cui 19 inibiti nel corso delle indagini e 27 oggetto di sequestro in data odierna.
Tra i siti sequestrati figura anche il “sito madre”, un link dinamico che tramite un sistema automatico di re-indirizzamento del traffico portava gli utenti ad un nuovo indirizzo web quando il sito di destinazione non era più raggiungibile perché chiuso (privacy shield?).
Nel comunicato si legge che i militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, in collaborazione con il Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche di Roma, hanno eseguito l’ordinanza di misure cautelari nei confronti di tre persone, ma in carcere al momento è finita solo la mente.
I complici, che fornivano assistenza agli utenti e reclutavano clienti, sono stati sottoposti all’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria. Mentre tutti e tre sono accusati di aver preso parte ad un’associazione per delinquere “diretta a realizzare plurimi delitti in materia di diritto d’autore e di reinvestimento dei relativi proventi illeciti”, la mente è anche coinvolta nella commercializzazione di video e foto pedopornografici.
Abbonamenti tra i 10 euro e gli 80 euro, si facevano pagare con bonifico o contanti
La Finanza spiega che gli abbonamenti costavano tra i 10 euro al mese e gli 80 euro annuali, e per tutto il primo periodo di attività gli abbonamenti venivano pagati in contanti o tramite bonifici o accrediti. Per questo motivo sono riusciti a identificare, anche in base ai registri “contabili” dell’associazione, i clienti che ne hanno fruito. Solo nell’ultimo periodo circa 2.000 utenti hanno iniziato a pagare in criptovaluta, con le “rate” della IPTV depositate su 64 wallet, anch’essi congelati. In soli quattro anni il giro d’affari è stato di oltre 850 mila euro.
La mente dell’organizzazione non si è accontentata del business IPTV: completamente sconosciuto al fisco, non ha mai presentato secondo le autorità una dichiarazione dei redditi, l’indagato ha usato la piattaforma IPTV da lui gestita per diffondere canali per adulti. Durante la perquisizione dell’abitazione inoltre sono stati trovati circa 1.600 file pedopornografici che venivano venduti su vari gruppi WhatsApp con un apposito listino prezzi e un conto dedicato.
In questo caso, sapendo che Meta collabora attivamente con le forze dell’ordine su richieste specifiche, specialmente quando si tratta di pedopornografia, gli utenti che verranno identificati rischiano ben di più di quanto rischiano i 6000 clienti della IPTV: l’acquisto o l’accesso a tale materiale attraverso reti telematiche è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con una multa da 1.549 a 5.164 euro.
Questo ritrovamento è stato un po’ una sorpresa per la Guardia di Finanza, che stava indagando esclusivamente sulla trasmissione di contenuti illegali tramite IPTV.
“Per ricercare e categorizzare tali file è stata adottata un’innovativa attività di analisi forense consistente nel confrontare le tracce informatiche presenti sui filmati dei minori con i codici hash che, in ambito internazionale, erano risultati già classificati quale materiale pedopornografico” si legge nella nota della Finanza.
Non solo: durante la perquisizione dell’abitazione è stata trovata la server farm abusiva che, oltre ad avere le apparecchiature per la ritrasmissione della IPTV, aveva anche computer adibiti al mining di criptovalute. Rinvenute anche scorte di sostanze stupefacenti, derivanti dalla cannabis che veniva prodotta all’interno di una serra indoor equipaggiata con irrigatori, luci e termostato ubicata negli stessi locali adibiti a centrale della “IPTV”.
Essendo stati identificati, ai 6000 clienti che hanno fruito dello streaming illegale saranno irrogate sanzioni amministrative comprese tra 150 e 5.000 euro. Le indagini per il filone “pedopornografia” partiranno probabilmente nei prossimi mesi.
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