Il turismo enogastronomico muove un giro d’affari di 40 miliardi di euro. Toscana, Emilia-Romagna e Puglia sul podio


Toscana, Emilia-Romagna e Puglia. Il podio del turismo enogastronomico in Italia premia due regioni del Centro Nord e una del Sud in un anno in cui il comparto è cresciuto in doppia cifra, con +12 per cento rispetto al 2023, e del 49% sul 2016. I dati della settima edizione del Rapporto sul settore, ideato da Roberta Garibaldi e curato da Aite  (Associazione italiana turismo enogastronomico) sottolineano il consolidamento del legame tra gli italiani e il viaggio, alla scoperta delle tipicità agroalimentari nazionali. Sette intervistati su dieci dichiarano di aver fatto una vacanza negli ultimi tre anni con questa motivazione. E tale dato, in crescita, arriva in un periodo in cui il turismo generalista in Italia è diminuito nel corso della stagione estiva.

Giro d’affari a 40 miliardi di euro

Per la prima volta, il report di Aite stima l’impatto economico complessivo del turismo enogastronomico. Il dato elaborato in collaborazione con Economics living lab, spin-off dell’Università di Verona parla di oltre 40 miliardi di euro di contributo all’economia italiana nel 2023. Di questi, 9,2 miliardi sono diretti, 17,2 indiretti e 13,7 di indotto, con un rapporto benefici/costi pari a 6,9, che conferma il peso importante di questo tipo di turismo per l’economia italiana. Secondo il report, inoltre, c’è un forte potenziale di crescita e un ruolo non secondario nell’occupazione e nella distribuzione del reddito.

Le destinazioni preferite e i clienti potenziali

La Toscana è la meta preferita tra gli italiani, per i viaggi passati (39,3%) e per quelli futuri (33,9%); poi Emilia-Romagna e Puglia, che s’invertono nell’ordine se consideriamo le intenzioni di viaggio. Ampio il bacino di utenti potenziali, secondo lo studio supportato da Visit Emilia e Valdichiana living, col patrocinio di Federturismo, Fondazione Qualivita, Iter vitis e in collaborazione di Università di Bergamo e TheFork. Si tratta di 14,5 milioni di potenziali turisti del gusto, che opta prevalentemente per mete domestiche (64 per cento). Ma l’enogastronomia si conferma fra le esperienze più desiderate anche per i turisti europei: 15,3% (circa 20,6 milioni di potenziali turisti del Vecchio Continente) ha intenzione di affrontarle nei viaggi in programma per questa stagione invernale, a prescindere dalla tipologia di viaggio (mare, city break, culturali e outdoor). Ed è alto anche l’interesse per le mete e le attrazioni a tema cibo dei mercati long-haul: in particolare svettano le destinazioni del Far East (Giappone, Corea del Sud, Cina) e il Brasile.

Vino prodotto più rappresentativo

Il rapporto sul turismo enogastronomico ha analizzato anche le parole chiave degli utenti. E il vino, con il 38,1 per cento delle preferenze, è considerato il prodotto più rappresentativo dell’Italia in ambito agroalimentare. Alta la percentuale anche di chi, nell’immaginario collettivo nazionale, cita l’olio extravergine di oliva (24%), così come pizza (22%), pasta (15%) e formaggi (11 per cento). La percezione generale, si sottolinea nello studio di Aite, è quella di un patrimonio unico, genuino, diffuso sull’intero territorio e di qualità. Tra le cucine regionali più diffuse, secondo i dati TheFork, emerge quella toscana (17,3% dei ristoranti della piattaforma), seguita dalla cucina piemontese e da quella siciliana. All’estero emerge la forza della cucina campana e napoletana.

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I 5 nuovi profili enogastronomici

Sono cinque i nuovi identikit del viaggiatore enogastronomico in Italia. I ricercatori (42,1%), che viaggiano per provare nuove esperienze, entrare in contatto con la comunità locale e immergersi nella cultura della meta visitata; i festaioli (23%), che si avvicinano con una certa leggerezza all’enogastronomia, vista come una scusa per divertirsi; gli intellettuali (19%), che viaggiano per arricchire il proprio bagaglio culturale; i figli dei fiori (11,5%), che vedono nel viaggio enogastronomico un’occasione per pensare al proprio benessere psico-fisico; gli edonisti (4,3%), che decidono di compiere un viaggio enogastronomico per concedersi un lusso.

Le proposte politiche: evitare la frammentazione

«Urgono modifiche normative, investimenti pubblici per infrastrutture e centri museali, formazione e comunicazione dedicate, innovazione tecnologica, un nuovo modello di governance», ha affermato Garibaldi. Da qui dieci proposte contenute nel Rapporto 2024 per sfruttare il potenziale del turismo enogastronomico italiano. Tra queste, l’apertura senza vincoli normativi all’esercizio dell’attività turistica alle imprese agricole; agevolazioni per le assunzioni e la possibilità di collaborazioni flessibili con figure professionali specializzate, disponibili a chiamata; la creazione di musei nazionali del cibo, dedicati a eccellenze come vino, olio, pizza; introdurre l’educazione alimentare nei corsi scolastici; digitalizzazione delle esperienze e intelligenza artificiale per la gestione turistica, con supporto ai piccoli produttori per superare eventuali divari tecnologici; uscire dalla frammentazione della governance e creare un soggetto inclusivo per la promozione che metta assieme assessorati, Camere di commercio, strade del vino, consorzi, distretti del cibo; sviluppare un sito nazionale dedicato al turismo enogastronomico e creare un ufficio stampa internazionale dedicato alla gastronomia italiana. «Il successo di queste iniziative – è il pensiero conclusivo della presidente Garibaldi – richiederà una stretta collaborazione tra istituzioni, operatori e comunità locali, ponendo il turismo enogastronomico italiano come modello di eccellenza a livello internazionale».



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