il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura per combattere la scarsità idrica e promuovere l’innovazione della filiera agricola – PugliaLive – Quotidiano di informazione on line

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Il riutilizzo delle acque reflue affinate del depuratore di Gallipoli offre una risposta concreta e sostenibile alla scarsità idrica, permettendo al contempo un significativo risparmio nell’uso dei fertilizzanti: fino al 30% di azoto, al 15% di fosforo e al 40% di potassio. I risultati del progetto RIUBSAL, presentati presso il Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti (Di.S.S.P.A) dell’Università di Bari, rappresentano un passo fondamentale verso un’agricoltura più efficiente e resiliente.

Il progetto, finanziato dalla Misura 16.2 del Piano di Sviluppo Rurale della Regione Puglia, dimostra come il riuso delle acque reflue non sia solo una soluzione contingente, ma un tassello strategico per risolvere i problemi legati alla carenza idrica causata sia da deficit strutturali sia da eventi naturali.

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Delli Noci, assessore regionale allo Sviluppo Economico, ha evidenziato il valore di questa iniziativa: “È un tema che seguo con attenzione, da ingegnere e da abitante di un territorio ultimo della rete dell’Acquedotto, che in questo momento soffre particolarmente il problema della scarsità idrica. Non si può rifunzionalizzare l’agricoltura senza acqua. Il riutilizzo dei reflui non è la soluzione definitiva, ma è un pezzo fondamentale. È arrivato il momento di costruire una nuova storia, industrializzando il nostro territorio e supportando la trasformazione della filiera agricola attraverso l’innovazione tecnologica. Siamo la regione italiana con il maggior numero di imprese agricole, ma con il minor numero di imprese agritech: un divario enorme che va colmato”.

La sperimentazione di RIUBSAL, durata tre anni, ha permesso di testare con successo il riutilizzo delle acque rigenerate su ulivi e melograni, dimostrando come sia possibile migliorare la gestione delle risorse idriche in un’ottica di agricoltura di precisione.

Giuseppe Negro, presidente di Ascla, ente capofila del progetto: “Abbiamo verificato sul campo come un uso intelligente delle acque reflue permetta di ottenere risultati straordinari, senza sprechi, promuovendo la sostenibilità e l’economia circolare. Questo progetto può rappresentare un cambio di mentalità per il settore agricolo, coinvolgendo anche le imprese locali”.

Alessandro Vivaldi, responsabile scientifico del progetto, spiega il valore della riproducibilità dei risultati anche grazie alla piattaforma hardware e software messa a punto: “La piattaforma tecnologica sviluppata permette di risparmiare fertilizzanti chimici, sfruttando i nutrienti presenti nelle acque affinate. Abbiamo creato algoritmi avanzati per ottimizzare l’irrigazione e migliorare la produttività agricola”.

Obiettivi del progetto RIUBSAL:

·      Mitigare la scarsità idrica attraverso il recupero e il riuso delle acque reflue.

·      Sostenere l’agricoltura di precisione con strumenti tecnologici innovativi.

·      Industrializzare la filiera agricola, promuovendo l’agritech come motore di sviluppo.

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·      Creare modelli replicabili per il monitoraggio dei nutrienti e la gestione ottimale dell’irrigazione.

La rete partenariale di RIUBSAL, composta da istituzioni accademiche, enti di ricerca e imprese, ha giocato un ruolo centrale nel successo del progetto:

•          Università degli Studi di Bari (Di.S.S.P.A e DISAAT)

•          CNR – Istituto di Ricerca sulle Acque

•          ASCLA Soc. Coop. Impresa Sociale

•          Agromea Soc. Coop. Agr.

•          Tinada srl, Intesis srl e altre realtà agricole del territorio.

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Il risultato atteso più importante è la definizione di una strategia sostenibile e replicabile per il riutilizzo delle acque reflue, incentivando l’economia circolare e supportando il rilancio della filiera agricola attraverso soluzioni innovative.

Il progetto RIUBSAL, dunque, non solo affronta il problema della scarsità idrica, ma pone le basi per una nuova industrializzazione del settore agricolo pugliese, colmando il divario tra produzione agricola e innovazione tecnologica.



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