«Catturiamo le intelligenze perché abbiamo sviluppato l’ecosistema del futuro»

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Academy, start-up, aziende innovative in aumento. Poi approccio internazionale alla ricerca, con tanti ricercatori e professori rientrati dopo anni all’estero che vincono prestigiosi finanziamenti dell’European Research Council e rientrano per finalizzare qui i propri studi. E infine stranieri, tanto gli scienziati quanto gli imprenditori, che scelgono la città partenopea per il proprio futuro. Mai come in questi ultimi cinque anni, Napoli sta vivendo una vivacità culturale e scientifica. Ne è convinto Giorgio Ventre, docente dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e direttore della Apple Developer Academy.

Napoli, il ritorno dei cervelli: il patto università-imprese attrae i talenti

Professor Ventre, Napoli sta vivendo un rinascimento?
«Basterebbe informarsi su ciò che si fa a Napoli davvero, per capire che stiamo vivendo una fase di grane creatività, concretezza e determinazione. Turismo e cultura in cima, con una città vitale e piena di eventi, e poi tutto il comparto dell’innovazione, il settore che più mi compete, che offre, finalmente, una visione moderna di Napoli. I risultati parlano da soli, abbiamo dei campi in cui dall’estero vengono qui da noi per lavorare insieme: robotica, intelligenza artificiale, fisica quantistica, aerospazio, e poi l’ecosistema delle start-up, in cui siamo secondi in Italia. Senza dimenticare le Academy, che attraggono ragazzi da tutta Italia e dal mondo, come fa dal 2016 la Apple. Siamo competitivi ed essenziali per trainare il Paese».

Al punto da essere un riferimento nazionale?
«Già lo siamo in maniera indiretta. Ma occorrerebbe che il governo faccia di più per incoraggiare le imprese a usare i progetti innovativi che producono le start-up, perché per far vivere un ecosistema non devi solo dar soldi per aprirlo, ma sostenere il progetto investendo in esso. E incoraggiare il rientro dei nostri talenti che sono rimasti ancora all’estero, sebbene in tanti siano tornati qui, credendo in un futuro negli atenei napoletani. Una visione diversa dalla classifica sulla qualità della vita a Napoli che ci vede al 106esimo posto, su cui va fatta una premessa fondamentale: sono favorevole all’uso dei dati, ma contrario alle classifiche. Le classifiche sono tipicamente redatte da persone che non comprendono i dati, non sanno interpretarli e, peggio ancora, non sanno nemmeno raccoglierli in modo adeguato».

Cosa non la convince?
«No e vorrei spiegarlo attraverso alcuni casi eclatanti. Modena e Parma, due città con una qualità della vita indubbiamente elevata, hanno perso rispettivamente 14 e 15 posizioni nella classifica recente. Questo è un crollo del 15-20%, un cambiamento del tutto sproporzionato che suggerisce un errore nella metodologia di valutazione. Non è possibile che due città di tale livello siano improvvisamente diventate inefficienti. Un altro esempio curioso che mi ha fatto sorridere è quello di Monza, che risulta al primo posto in Italia per numero di laureati. Eppure, non ha nemmeno un’Università».

Queste discrepanze possono derivare da una misurazione selettiva di parametri?

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«Assolutamente sì. Altro esempio emblematico: l’efficienza della rete idrica. Trapani, in Sicilia, è all’11esimo posto, nonostante l’isola soffra da anni di gravi problemi di approvvigionamento idrico. E cosa dire di Belluno, che occupa la 98esima posizione nella stessa categoria? È surreale. Immagino che i cittadini di Belluno siano costretti a riempire taniche d’acqua dalle cisterne tutti i giorni… Questi dati, chiaramente, non riflettono la realtà».

Qualche riflessione sui dati di Napoli?
«Uno su tutti: nella categoria Start-up innovative: Napoli risulta 22esima, quando invece sappiamo da dati ufficiali nazionali che è la terza città italiana, dopo Milano e Roma, e trascina la Campania, seconda dopo la Lombardia. Invece a essere prima è Trieste che fa meglio di Milano, e già c’è da sorridere, mentre terza è L’Aquila. È evidente che ci sia un problema nella raccolta o nell’elaborazione dei dati, o tutte e due le cose. E poi un risultato paradossale: Napoli registra buone posizioni per le ore di sole, ma viene penalizzata per le ondate di calore. Misurare certi dati è importante, ma farlo male può essere dannoso».

mg. cap.





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