“Tangenti, 90 giorni che sconvolsero il Veneto”- Vipiù

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Gianfranco Funari conduce “Aboccaperta”

(al telefono): “Senta, ce lo presenterebbe un instant book sul Veneto tangentaro? L’avverto subito che non abbiamo un cachet da offrirle, ma  una cena a base di bacalà o di bolliti al Leoncino, questa sì… ci sta.” Era l’ottobre del 1992, si era in piena Tangentopoli, dall’altra parte  della cornetta telefonica c’era il sarcastico Gianfranco Funari, conduttore tv, giornalista, showman, uno che non le mandava a dire ai potenti&potentati della Prima Repubblica e che per questo, nonostante la sua notorietà tra il pubblico nazional – popolare (“sentitemi bene, sono il vostro giornalaio più famoso d’ Italia…), di volta in volta si sentiva costretto a emigrare da un polo televisivo all’altro, da Telemontecarlo alla Rai passando per i canali Fininvest e Odeon Tv.

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Fu più o meno così che noi – Alberto Franco, il sottoscritto Maurizio Mascarin e Matteo Rinaldi – qualche mese dopo aver concluso l’esperienza al giornale Nuova Vicenza di Gian Franco Filippini, ingaggiammo a zero lire il tagliente Gianfranco Funari per presentare alla libreria Galla di Vicenza il nostro libro – cronaca: “Tangenti, 90 giorni che sconvolsero il Veneto”, edito da PrimaPagina.

“Tangenti, 90 giorni che sconvolsero il Veneto” presentato da Gianfranco Funari

Un titolo che per il suo contenuto d’attualità deve aver fatto fischiare le orecchie e gonfiato le corde vocali al nostro famoso interlocutore. “Speditemi subito via corriere una copia – ci disse – Datemi 48 ore e vi dirò sì o no. E comunque sappiate che del cachet non m’interessa un caz…o”. 

Restammo a bocca aperta (ricordate il suo talk Aboccaperta, in tv dal 1981 al 1987) quando Funari, un paio di giorni dopo, ci disse di sì: “Sarò a Vicenza a presentarvi il libro, l’ho trovato preciso e stimolante...”.

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Al tempo Funari era un personaggio che viaggiava a milionate di lire a serata, ma a noi non chiese neanche un centesimo, solo una copia autografata del libro e un caffè di corsa al bar Italia. Un vero signore.

Già qualche giorno prima della presentazione del libro (la data precisa del giorno ahimè non la ricordo, ndr) in città girava voce che Gianfranco Funari sarebbe stato alla libreria Galla verso le 18 per un monologo contro il sistema corrotto della Prima Repubblica.

Quella Bentley rosa porcellino. Ricordo che eravamo d’accordo col suo autista di trovarci alle 16.30 all’uscita di Vicenza ovest. Segno di riconoscimento? La sua lussuosa ed esilarante Bentley color… rosa porcellino di Winnie the Pooh. Un kitch che solo uno showman come Funari poteva permettersi di mostrare in pubblico senza per questo apparire ridicolo.

Tutto il resto di quella giornata è cronaca: libreria Galla affollata a dismisura, Gianfranco Funari mattatore incontrastato, le copie del nostro instant book pressoché andate esaurite in poco tempo.

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Maurizio Mascarin all'epoca della pubblicazione di Tangenti, 90 giorni che sconvolsero il Veneto
Maurizio Mascarin all’epoca della pubblicazione di Tangenti, 90 giorni che sconvolsero il Veneto

“Tangenti, 90 giorni che sconvolsero il Veneto” di Alberto Franco, Maurizio Mascarin e Matteo Rinaldi 

Giugno 92, uffici del Tribunale di Venezia. Nel Veneto del patriarca DC Carlo Bernini (anche ministro dei trasporti nel governo Andreotti) e del doge socialista Gianni De Michelis, si abbatte un terremoto biblico. I nomi di Bernini e De Michelis figurano come il perno dell’atto di accusa dei magistrati veneziani Ivano Nelson Salvarani e Carlo Nordio. È il teorema di un patto di ferro: “Nell’ambito di un accordo – si legge-  che prevedeva la spartizione tra la corrente dorotea della DC e quella demichelesiana del Psi delle tangenti da incassare dagli imprenditori prescelti… i flussi di denaro in entrata non erano diretti al partito, bensì alle correnti facenti capo ai due leader politici…”.

Parte da qui, e da qualche altro antefatto, la tangentopoli veneta raccontata in “Tangenti, novanta giorni che sconvolsero il Veneto”. Allora, sull’onda dell’inchiesta milanese Mani Pulite, come d’incanto anche a nordest si scoperchiò tutto e dappertutto.

A Padova il 26 maggio i carabinieri fanno scattare le manette ai polsi di Franco Ferlin, detto il “sagrestano” e uomo di fiducia del ministro Carlo Bernini e del presidente della giunta veneta Gianfranco Cremonese. Con altri, dovrà rispondere di irregolarità nell’assegnazione degli appalti per la costruzione della terza corsia della A4 nel tratto Venezia- Padova. 

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A firmare gli ordini di custodia cautelare, il giudice veneziano Felice Casson, che con Ivano Nelson Salvarani (conosciuto come un mastino che non molla la presa, nel 1986 dà il via ad una maxinchiesta e arresta i fratelli Vittadello, re delle Venezie dell’abbigliamento maschile) e Carlo Nordio (allora descritto dai cronisti come il gran signore, con un’innata passione per la letteratura francese), indagano sul maxi giro delle tangenti.

Episodi di corruzione ovunque, anche per la bretella autostradale Serenissima – Marco Polo.

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Ma in quei 90 giorni, tanto altro. All’Ente Fiera di Vicenza tiene banco mazzetta selvaggia. A leggere le cronache si pagava per tutto: per essere ammessi alle esposizioni, per allargare lo stand, per cambiare padiglione. Un sistema di mazzette cosi diffuso che la magistratura parla di concussione ambientale, termine coniato a Milano dal giudice Di Pietro.

”Venezia, nella rete di Nordio politici e industrie per appalti truccati”; “Vicenza, chiesto il rinvio  per l’ex presidente IACP Paccagnella”; “Uffici d’oro per il Catasto, s’indaga anche su Vicenza”; “Scandalo siepi d’oro, tra gli imputati l’ex presidente Serenissima Gianni Pandolfo”. Tangenti di qua e di là. Le cronache dei giornali di allora ricordano che in Veneto partiva un filone d’inchiesta e se ne partiva un altro. Un terremoto, non solo politico. Tanto che Gad Lerner porta in quelle settimane al teatro di Polegge la sua puntata tv di “MilanoItalia”. E commenta:” Siamo venuti a Vicenza perché è uno spaccato di questo Veneto”.

Oltre la cronaca. “I partiti si frammentano, mentre il potere si dilata fatalmente in gruppi, lobbies, organizzazioni di ogni tipo e colore… Non sono tanto i partiti ad andare alla conquista della società, quanto la società alla conquista dei partiti. Gli interessi del NOI, noi partito, noi corrente di partito, prevalgono su quelli dell’intera società – scriverà nella sua prefazione a “Tangenti, Novanta giorni che sconvolsero il Veneto” il noto sociologo Sabino Acquaviva -. L’ augurio è che in futuro  la classe politica sia più preparata, mancando tale qualità ci troveremo ad essere gestiti da quadri politici più o meno delegittimati, con conseguenze pericolose per il futuro della democrazia”.

Un’aspettativa, quella di Acquaviva sulla classe politica, che ancor oggi pare viaggiare nel vuoto.



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