Prosecco, il ritorno dell’export: Doc verso il record di bottiglie

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Conto e carta

difficile da pignorare

 


di
Mauro Pigozzo

Dopo il calo 2023, si supereranno i 650 milioni. E il settore guarda al vino senz’alcol

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Prosecco, il ritorno delle vendite all’estero fa tornare le bottiglie prodotte a nuovi livelli record, con la Doc che potrebbe superare i 650 milioni di bottiglie. Le «bollicine» italiane si apprestano a superare la quota record di un miliardo di bottiglie prodotte e commercializzate nel 2024; di queste, 355 milioni (+7%) saranno stappate tra Natale e Capodanno in Italia e nel mondo. I dati sono proposti dall’Osservatorio del vino Uiv-Ismea nel report di fine anno: la «tendenza Spritz» si è tradotta in 2,8 miliardi di cocktail a base di spumante italiano (in particolare Prosecco e altri Charmat), per un totale di circa 340 milioni di bottiglie dedicate al mix. Un fattore determinante per l’export di quest’anno, che si profila in una crescita stimata, lato volumi, del 9%, complice l’ennesimo exploit del Prosecco, con il Doc e l’Asolo in prima linea. Sul fronte della produzione, dicembre è iniziato a ritmi record, tanto che il presidente del consorzio della Doc del Prosecco, Giancarlo Guidolin stima «un’ulteriore crescita del 6% verso fine anno».

Mercati in crescita, nuovi sbocchi e migliore immagine 

Dopo un 2023 in leggero calo (616 milioni di bottiglie contro i 638,5 milioni dell’anno record del 2022), questo 2024 potrebbe dunque concludersi superando l’asticella delle 650 milioni di bottiglie. Il motivo? Stando alle parole del presidente del Gruppo Vinicolo Distillati Liquori di Confindustria Veneto Est, Stefano Bottega, si tratta di un mix di concause: «Export in crescita in Canada, negli Usa e in Germania, ma anche aumento dell’immagine percepita, e grande sfida verso l’Oriente e il Giappone».
In contemporanea, sono giunte le analisi del tavolo del settore di Confindustria che si occupa di vino e grappe, definite nell’incontro di fine anno a Palazzo Giacomelli a Treviso. «Registriamo il recupero del Docg Conegliano Valdobbiadene specie nelle tipologie Spumante, Superiore di Cartizze e Sui lieviti – dice ancora Bottega -. Sempre buona la performance dell’Asolo Montello e crescita del Prosecco Doc con aumento a due cifre per il Rosé».




















































Il vino no alcol e l’attesa per il decreto

Nel mentre, il settore vitivinicolo attende da Roma gli esiti della bozza di decreto proposta dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che potrebbe entrare in vigore già da fine anno. Si tratta del vino «dealcolato», ovvero un prodotto da uve che hanno subito un processo di riduzione parziale o totale del tasso alcoolico. «È un mercato in espansione in tutto il mondo, e che andrebbe a intercettare quel 50% di consumatori che non beve vino», dice ancora Bottega, che sostiene un iter legislativo che potrebbe significare un aumento del fatturato veneto del vino del 2-3% immediato, e si potrebbe arrivare al 10% nei prossimi anni. La riforma sta però destando anche perplessità: l’attuale impianto normativo vieta che si possa chiamare vino una bevanda con un tenore alcolico inferiore agli 8,5 gradi e ne proibisce la produzione in Italia, tanto che le aziende italiane oggi procedono con la dealcolizzazione all’estero. 

Chi dice no e chi spinge

Il fenomeno non toccherà le Dop e Igp: non sarà possibile cioè imbottigliare il Prosecco o l’Amarone «dealcolati». Guidolin sintetizza così la posizione del Consorzio della Doc: «Il dealcolato non ci tocca, è una bevanda come altre – dice -. A noi interessa il vino di qualità. Capiamo che possa essere un’opportunità per certe aziende, ma se devo analizzare la questione dal punto di vista di un produttore di Prosecco credo che si stia facendo confusione». Se il decreto ministeriale sarà firmato, si tratterà poi di definire cosa inserire nelle etichette e quindi chi volesse produrlo dovrà aggiornare i propri macchinari, le prime bottiglie realmente Made in Italy potrebbero dunque arrivare solo nel 2026. In molti stanno sostenendo la riforma, ad esempio i distillatori interessati ad avviare il processo nelle loro strutture. Interviene infine l’Uiv, l’Unione italiana vini: «Prevediamo nuove opportunità per il settore vitivinicolo italiano, si apriranno nuovi mercati e target di consumatori complementari a quelli convenzionali».

Iscriviti alla newsletter del Corriere del Veneto

Conto e carta

difficile da pignorare

 

16 dicembre 2024

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link