Siamo sommersi di foto di minorenni postate da genitori narcisisti. Con il pericolo che finiscano nelle mani sbagliate, come avviene nella metà dei casi. Eppure gli allarmi non mancano.
Chissà quanti genitori, consapevoli o meno, conoscono un numero, che appartiene alle certezze delle statistiche ufficiali, molto impressionante: la metà delle foto dei minori che circolano sui social finiscono in mani sbagliate.
Non significa necessariamente pedofili, per intenderci, ma persone che hanno interessi e obiettivi pericolosi per i nostri bambini e i nostri nipoti. Vogliamo chiudere gli occhi di fronte alla vergogna di questo spreco della privacy, della sicurezza e del benessere dei minori? Vogliamo fare finta che non succede e non accadrà mai nulla? E allora, continuiamo ad andare avanti, come stiamo facendo da tempo, a rovesciare, giorno e notte, a qualsiasi ora e in qualsiasi momento, immagini dei minori sui social, in particolare Facebook e Instagram. Per dare un’idea di che cosa sto parlando in termini di fenomeno di massa, negli Stati Uniti il 90 per cento dei bambini sono, con le loro immagini, online. In Europa, Italia compresa, il 73 per cento dei bimbi compare sui social prima dei due anni. Piazzati, come le foto sull’album di famiglia, dai genitori.
La selfiemania è diventata un’ossessione per mamme e padri che fingono di ignorare tutti gli allarmi lanciati sia dai pediatri e dagli psicologi, sia dalla polizia che si occupa di reati minorili attraverso il web. Questi genitori incoscienti vanno dritti come muli, con i loro selfie ad alto rischio, e non tengono presente anche un piccolo dettaglio. La possibilità che un giorno i loro figli, non contenti delle immagini girate in Rete per volere dei genitori, ne chiedano una spiegazione. e la risposta non sarà facile. Al momento, lo sharenting, la condivisione online di immagini e notizie sui figli, apparentemente innocue, è diventato una moda che, anche grazie al supporto dell’intelligenza artificiale, alimenta la pedopornografia. Tra i mesi di marzo 2023 e febbraio 2024, dunque in un anno, i post a tema “Family&Kids” pubblicati soltanto su Instagram e TikTok sono stati 1,4 milioni.
Lo spreco di questa febbre da web in versione minorenni ha tre punti critici. Il primo è scontato: la riservatezza dei minorenni, che dovrebbe essere totale e comunque ben protetta. E invece va a farsi benedire. E per favore non venitemi a parlare di leggi, regolamenti e divieti: quando scattano, e se scattano, il danno per il minore già è stato fatto. Secondo punto: la famiglia, da queste belle teste riscaldate dalla febbre del web dei genitori alle povere teste ancora innocenti dei bambini, tutta insieme, sta dando un contributo essenziale alla distruzione, e quindi allo spreco, della sua sicurezza. Non viviamo circondati dai lupi che aspettano i bambini fuori casa, ma siamo in un mondo dove risultano evidenti, e in aumento, reati che hanno a che fare con violenze di varia natura nei confronti dei minori. Violenze e rischi collaterali. Terzo: questi genitori smanettoni stanno anche calpestando l’autonoma capacità di giudizio dei bambini. Gli scienziati ci ricordano che un bambino già a 4 anni ha un chiaro senso di sé: dunque se proprio vogliamo sbatterlo online, su qualsiasi social, da Facebook a Instagram e dintorni, allora dovremmo avere il buon senso e buon gusto di ascoltare il bambino e chiedere almeno la sua opinione. Magari non ne ha voglia, e allora sarebbe il caso di rispettare la sua volontà.
Forse darò un dispiacere a qualche genitore, forse avrò la reazione indignata di un padre o di una madre, ma voglio dirlo forte e chiaro: diamoci una regolata con questo diluvio di immagini di bambini, figli e figlie, nipoti e nipotine, che facciamo circolare su Internet e in particolare su Instagram e TikTok. Per il piacere, più che giustificato, di condividere una gioia, un’emozione, e voglio anche crederci, ma molto spesso per puro e semplice narcisismo da Facebook-Fiera delle vanità, e questo è un fatto.
La legge europea, e di conseguenza quella italiana, lasciano ai genitori ogni scelta relativa alla privacy dei bambini da tutelare. E se per esempio una scuola, un centro vacanza, un campo estivo o sportivo, non rispettano le volontà espresse dai genitori, pubblicando senza permesso foto dei bambini sui social, padre e madre possono presentare un reclamo al Garante della privacy. Sarà lui a multare l’eventuale colpevole di violazione della privacy. Fatto sta, però, che la metà delle foto trovate nei database dei pedofili sono state postate dai genitori dei bambini. I francesi, ai quali piace sempre fare i primi della classe hanno introdotto nel codice civile la tutela della “vita privata” dei bambini molto piccoli: i genitori protagonisti dello sharenting compulsivo possono ritrovarsi con un giudice che sottrae loro la tutela dell’immagine dei figli per affidarla a terzi. Ma non bisogna sempre chiedere alle leggi il contenimento di fenomeno che potrebbero essere facilmente arginati con l’uso del buonsenso.
RISCHI FOTO BAMBINI SU FACEBOOK
Non chiedo alcuna forma né di censura né di autocensura, e tantomeno penso di invocare il silenziatore a un universo popolato da 1,6 miliardi di utenti in tutto il mondo. Sarei un folle. Ma chiedo uno sforzo di buon senso, di ragionevolezza, di responsabilità, di amore lucido, e non offuscato dall’egocentrismo, per i nostri bambini. E chiedo di valutare i rischi reali, non teorici o da allarmisti, di questa quotidiana e martellante violazione della privacy sulla pelle di chi non ha alcuno strumento di autodifesa. Il professore Stacey Steinberg, che insegna Legge al Levin College of Law dell’università della Florida, e dirige un Centro per bambini e famiglia, dice: «Una prima regola fondamentale per tutti, bambini e famiglie, è molto semplice. Non condividete su Internet nulla che non mostrereste in pubblico». Già, semplice. Ma quanti la rispettano?
Sappiamo che i bambini dilagano sul web, quando sono ancora molto piccoli. Negli Stati Uniti la stragrande maggioranza di bambini di due anni, siamo attorno al 90 per cento, ha già una presenza online: ci hanno pensato i genitori, gli zii e perfino i nonni. Per non parlare di chi non ha ancora visto la luce oppure è solo in fasce: foto di ecografie, macchie scure di un corpo che ancora deve nascere, e poi giù con una serie di immagini dei neonati, anche nella loro più privata intimità. Non vi sembra tutto esagerato?
Se non vi convince questa obiezione di fondo, passo a un altro aspetto che dovrebbe indurci a ridurre questo spreco di privacy da parte dei genitori a danno dei bambini. Se parlate con un qualsiasi funzionario della Polizia postale, che si occupa dei reati sul web, vi dirà che la maggior parte del loro tempo di lavoro passa a registrare, per poi fare indagini che spesso non portano a nulla, denunce di furti di foto su Internet. Foto di bambini, che potrebbero un giorno essere anche i vostri. Il periodico Atlantic ha raccontato la seguente storia, da brivido. Una blogger pensa bene di pubblicare le foto dei suoi gemelli mentre imparano a usare il vasino, salvo poi scoprire che quelle immagini sono state rubate, scaricate, ritoccate e condivise su un sito usato dai pedofili. Già, perché è inutile fare gli ipocriti: dietro i furti di foto dei bambini ci sono spesso i giri dei pedofili e dell’industria della pornografia. Ne volete diventare, in modo involontario, complici?
Infine, il bambino è una persona, con i suoi diritti e con la sua unicità. Perché ridurlo a un’immagine a rischio mercimonio? Perché farlo diventare una sorta di pupazzo nel circo del web? Un giorno, quando saranno maturi, questi bambini potrebbero perfino rimproverarci di avere contribuito a creare una loro personalità online. E questa se non è proprio violenza, è qualcosa di molto simile.
Anche qui: non stiamo sempre a rincorrere leggi, norme, regolamenti. Parliamo di noi, dei nostri comportamenti, dei nostri stili di vita. E cerchiamo di essere conseguenti. Se vogliamo condividere la felicità delle immagini di un figlio (e da genitore capisco perfettamente questo desiderio), se vogliamo avvicinare alla nostra gioia anche familiari che vivono lontano, se vogliamo rafforzare la nostra comunità di affetti con questo tipo di strumenti, possiamo farlo con un minimo di sobrietà nell’uso del web. Per esempio: circoscriviamo la condivisione delle foto a un gruppo ristretto, di amici e familiari, senza fare lanci su Facebook o Instagram urbi et orbi. E ancora nella scelta delle immagini, quando le vogliamo mettere sul web, facciamoci guidare da un semplice principio: non inserire e condividere su Internet nulla che non mostreremmo in pubblico.
Tra l’altro sono proprio i nostri figli che si stanno interrogando sul diritto alla loro privacy, dopo avere assaporato tutti gli enormi vantaggi e tutte le suggestioni del web. Il successo planetario, grazie all’uso che ne fanno giovani e giovanissimi, di un’applicazione come Snapchat, che consente di scambiarsi foto e video per un tempo ristrettissimo di appena 10 secondi, ci dice più di qualsiasi teoria astratta quanto i minorenni ci tengano alla loro privacy. A differenza di tanti genitori. (nonsprecare)
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