Gode di buona salute il settore lattiero caseario europeo, e con esso anche quello italiano. Nel nostro Paese il prezzo del latte ha superato i record precedenti, i costi di produzione si riducono mentre i formaggi guadagnano posizioni, trainati dalle buone performance delle esportazioni.
È quanto emerge dall’analisi su questo comparto al quale Ismea ha dedicato un recente report, ricco di informazioni sull’andamento di questo settore.
Ma non mancano alcuni elementi di preoccupazione, che lo stesso report mette in luce.
Ma andiamo con ordine, partendo dall’evoluzione del prezzo del latte.
Il prezzo
Superata la fase di debolezza dopo l’impennata di inizio anno, in Europa il prezzo medio del latte ha ripreso quota nel periodo estivo sino a sfiorare i 50 euro al quintale in settembre, con un aumento del 14,3% rispetto all’inizio dell’anno.
Più lineare la scalata verso il record del prezzo del latte in Italia.
Una progressione costante da gennaio a giugno per poi aumentare il passo nei mesi estivi, sino a raggiungere in ottobre quota 55,28 euro al quintale, 5,4 euro in più rispetto all’anno precedente e assai vicina all’esplosione dei prezzi registrati nel 2022.
Un mercato che ha premiato l’impegno degli allevatori, che al contempo hanno beneficiato di una riduzione dei costi, in particolare quelli destinati all’alimentazione del bestiame.
Prezzo al quintale del latte alla stalla in Italia, esclusi i premi
(Fonte: Ismea)
I formaggi
Gran parte della produzione del latte, in Europa e ancor più in Italia, è destinata alla trasformazione in formaggi.
Nei primi nove mesi di quest’anno la produzione casearia europea è aumentata del 2,8%, assecondando una domanda vivace, che ha incrementato i flussi di export.
Questi sono cresciuti dell’1%, in particolare verso Stati Uniti, Regno Unito e Giappone, che hanno potuto beneficiare fra l’altro della debolezza della moneta unica europea.
Merita un cenno la particolare situazione del burro, che vede una richiesta in aumento a fronte di una ridotta disponibilità di prodotto.
Condizione che ha portato a un’impennata delle quotazioni, che hanno superato i 70 euro al quintale.
In Italia il comparto dei formaggi ha visto quotazioni record per il Grana Padano, che ha raggiunto in novembre per le stagionature più brevi il record di 10,32 euro al chilo, il 18% in più rispetto ai 12 mesi precedenti.
Non dissimile l’andamento di mercato per il Parmigiano Reggiano, che sempre a novembre ha superato i 12 euro al chilo, realizzando un più 20,7% rispetto al 2023.
Risultati raggiunti grazie anche al buon andamento delle esportazioni italiane di prodotti lattiero caseari, che per il quarto anno hanno registrato un saldo positivo della bilancia commerciale.
A trainare l’export oltre ai formaggi della tradizione, come Grana Padano e Parmigiano Reggiano, anche il comparto dei freschi con un più 12,8 in volume che corrisponde a un più 7,7% in valore.
La produzione
Sin qui le note positive. Ma dal report di Ismea emergono altri dettagli ai quali prestare attenzione.
Partiamo dalle consegne, ovvero dalla produzione di latte a livello globale.
La produzione mondiale è cresciuta, trainata dalla Nuova Zelanda che segna fra giugno e settembre un più 5,6%, crescita con tutta probabilità continuata anche nei mesi successivi.
Merito (o colpa…) delle favorevoli condizioni dei pascoli. Crescita si registra anche in Australia, altro grande Paese produttore di latte.
Solo negli Usa si registra una battuta d’arresto per motivi di carattere sanitario.
In Europa la produzione di latte è praticamente stabile e si registra un modesto più 0,5%.
Ma se si va nel dettaglio emerge la crescita nei primi nove mesi dell’anno di Francia (+1,5%), Spagna (+1,7%) e Polonia (+3,7%). Non è da meno l’Italia con il suo più 1,3%.
Variazione percentuale delle consegne di latte nei principali Paesi Ue
(Fonte: elaborazioni Ismea su dati Commissione Ue – Milk Market Observatory)
Il consumo
Questi numeri ci dicono che nel mondo ci sarà in prospettiva più latte ed è lecito chiedersi come reagirà il mercato a fronte di questo aumento.
Partiamo dai consumi. In Italia il carrello della spesa in prodotti lattiero caseari si è alleggerito.
I cali più significativi per il latte fresco, il cui consumo è sceso quasi del 7%.
Il report di Ismea non ne fa cenno, ma questa importante flessione potrebbe essere una delle conseguenze delle politiche di distribuzione, che stanno riducendo ogni giorno di più la presenza del latte fresco sugli scaffali della Gdo, Grande Distribuzione Organizzata.
Al suo posto le preparazioni a più lunga scadenza che non costringono a un rapido rinnovo dell’offerta. Preparazioni che non raccolgono però il favore del consumatore, e anche per il latte Uht si segnalano cali degli acquisti.
Crescono in compenso gli acquisti di formaggi, in particolare i freschi e gli spalmabili. Stabili invece i formaggi duri, il cui futuro è sempre più legato all’andamento delle esportazioni.
In Europa ci si attende una scarsa crescita dei consumi nei prossimi dieci anni e flessioni negli acquisti di prodotti freschi, in particolare per il latte alimentare.
Produzione di latte in aumento e domanda in calo possono innescare pericolosi cortocircuiti sul mercato, che solo l’export può scongiurare. Meglio tenerne conto.
Le prospettive
Lo scenario tratteggiato dal report mostra ancora una volta come il futuro del settore lattiero caseario italiano sia strettamente legato all’evoluzione globale del settore e dai flussi di import ed export.
Ora le stime degli esperti confermano una stabilità della domanda da parte della Cina, che anche in questo settore gioca un ruolo di primo piano.
La maggior produzione a livello mondiale potrebbe comunque trovare uno sbocco nell’aumento delle richieste nelle aree del Medio Oriente, dell’Africa e di altri Paesi del Sud Est asiatico.
Ma non bisogna dimenticare che le tensioni geopolitiche in atto potrebbero modificare questo scenario.
Meglio intanto focalizzarsi su questa fase finale dell’anno, che gli operatori del settore affrontano con ottimismo.
Una visione positiva che prende le mosse dalle scarse giacenze di magazzino e che trova conferma nell’Indice Ismea sul clima di fiducia dell’industria alimentare, pronta a trarre beneficio dalle festività di fine anno e dai flussi del turismo invernale e religioso.
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