il mondo odierno spiegato da un paradosso

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Il mondo spiegato da un apparente paradosso: Marx a Detroit e Adam Smith a Pechino. Il moderno sviluppo geoeconomico può assumere i connotati di un contrappasso? In un articolo contenuto in “Operai e Capitale” del 1971, Mario Tronti, padre dell’operaismo italiano, giungeva a ritenere che la conflittualità tra capitale e lavoro trovasse la sua concretizzazione marxiana nella città del Michigan, Detroit, sede delle Big three dall’automotive mondiale, Chrysler, Ford e General Motors. Qui, a differenza del Vecchio Continente, patria ideologica di Marx, il filosofo di Treviri trovava la sua attuazione nelle lotte operaie fattive che avevano in spinto in modo sostanziale il Capitale a ristrutturarsi.

 In ottica speculare Giovanni Arrighi poneva Adam Smith, il padre della “mano invisibile del mercato” come fondamento della crescita e dell’espansione dell’economia cinese del XXI secolo. Adam Smith e Den Xiaoping, il “piccolo timoniere” protagonista dell’apertura al mercato globale di Pechino, divenivano, nel significativo libro di Arrighi, recentemente ripubblicato dalla casa editrice Mimesis, figure convergenti verso una medesima concezione delle riforme economiche. In altre parole, l’ascesa dell’impero celeste diveniva applicazione del reale pensiero del pensatore scozzese. Un impianto teorico, quest’ultimo, depurato dalle incrostazioni ideologiche che nel tempo avevano fatto di Smith un rappresentante banalizzato del libero mercato e dello Stato Minimo.

Come sottolineava Arrighi tale connessione si era definita nel mantenimento da parte di Pechino dell’impostazione in chiave pragmatica dei fondamenti della rivoluzione cinese ma in dissociazione con gli anni caotici seguiti alla rivoluzione culturale. L’apertura al mercato che ha caratterizzato il successo economico di Pechino si venne definendo sulla base di una gradualità in grado di mantenere centrale il ruolo dell’intervento statale a dispetto delle soluzioni shock applicate in altri ecosistemi economici.

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Tali riforme incontrarono sia il consenso della base sociale popolare sia delle strutture interne del Partito comunista cinese in quanto in grado di disinnescare quei processi entropici che, con la Rivoluzione culturale, avevano rischiato da un lato di far venire meno le conquiste economico-sociali della masse e dall’altro avevano condotto a minare anche le fondamenta del partito comunista stesso.

Fondamentale per il successo dell’economia cinese sarà non solo la competitività salariale della manodopera manifatturiera ma la capacità d’investire in modo strategico sulla crescita dell’istruzione di alto livello, consentendo di risparmiare investimenti di capitale, in una fase cruciale, in favore di un economia della conoscenza e della tecnologia labor intensive. Tale processo, accompagnato da alti investimenti infrastrutturali, faciliterà proprio quella divisione sociale del lavoro per unità produttive in linea con il pensiero di Smith. Caratteristica decisiva nella successiva transizione ad una produzione di beni ad alto valore aggiunto. Da tenere conto come proprio il settore manifatturiero si rivelerà, contrariamente al settore dei servizi, strategico per l’innovazione tecnologica sia di prodotto che dei processi industriali

Allo stesso tempo la graduale costruzione di quella che verrà definita come un’economia socialista di mercato, grazie agli investimenti dei c.d. cinesi d’oltremare localizzati nelle aree limitrofe ma esterne ai confini della Cina, potrà contare su una forte concorrenza dei capitali, pubblici, privati, stranieri o cinesi in grado di provocare una perenne sovraccumulazione e una conseguente competizione tra imprese, dando vita ad uno dei mercati paradossalmente più concorrenziali nonostante un apparente sistema di gestione centralizzato. A tale meccanismo concorrenziale può essere ricondotta la spinta odierna all’espansione globale della overcapacity cinese come strumento di compensazione del calo del saggio, anche questo aspetto in linea con la concezione economica smithiana.

La concorrenza per l’attrazione dei capitali mobili può d’altro canto definire anche la strategia di rafforzamento del dollaro americano e la conseguente risposta del renmimbi offshore di mantenere un valore in linea con la valuta americana. Forse Adam Smith ha trovato veramente casa a Pechino.





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