Assad cartina di tornasole del ruolo russo. Segui i soldi e capirai le guerre

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Putin e Assad

Segui i soldi e troverai le cause delle guerre: questa frase, molto celebrata da tante parti, trova particolare senso nel caso degli acuti contrasti attuali tra Russia e Occidente, guerre e altro, in particolare ora che si è palesemente svelato l’interesse di oligarchi russi titolari di gruppi economici estrattivi e dello stesso Putin nel commercio del gas naturale russo verso l’Europa. L’Ucraina è terra di passaggio di una grande pipeline di distribuzione del gas naturale russo, ma la sua politica è turbolenta… allora ecco nascere un accordo con la Germania per le infrastrutture Nordstream 1 e Nordstream 2. Dall’altra parte, il controllo sul ricco mercato europeo di consumo del gas naturale può ammettere anche l’uso di bacini diversi, come quello del Qatar, amicissimo dell’Occidente, pronto a fornire enormi quantità di gas naturale presenti nel suo territorio, contiguo a quello dell’Iran… Ma la Siria di Assad, per conto di Mosca, blocca il progetto di pipeline dal Qatar, rendendo il territorio della Siria, area strategica di passaggio non disponibile. Il conto a carico del ras siriano si appesantisce.

Rimane così strategico per l’Europa il flusso di gas naturale proveniente dal territorio ex-sovietico, fatto di giacimenti acquisiti da privati con la messa in vendita del patrimonio statale ex-comunista del popolo russo post-Rivoluzione d’Ottobre dopo il 1989. Intanto però si crea una seconda alternativa alla pipeline siriana, una strada che la evita, partendo dal lato iraniano degli enormi giacimenti del Golfo Persico e attraversando Iraq e Turchia… Ad aggiungere ancora qualcosa, con la caduta di Assad vi è una buona probabilità che si ripresenti la possibilità di risvegliare l’offerta del Qatar.

Il quadro è di sicuro molto complesso e non è facilitato dalle mosse ibride compiute da tutti i player della partita. Accanto alle molte variabili, se ne sono però chiarite due importantissime: 1. Le potenze hanno ben nascosti protocolli di dialogo tra loro e quindi hanno ancora alcuni gradi di strategia comune, cosa che implica l’esclusione di un’esplosione imprevista di un conflitto distruttivo ingovernabile; 2. La Russia ha scoperto il suo volto, ben nascosto finora dalla efficacissima propaganda e dalla qualità dei suoi esponenti come comunicatori (Lavrov in testa), di attore economico opportunista e non invece fautore di valori e civiltà anti-egemonica, dal momento che appena ha trovato interessi si è accodata senza batter ciglio. Due fattori centrali, che svelano alcune componenti del gioco in corso e anche la possibilità di un dialogo profondo nel futuro prossimo.

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La Politica, secondo gli esiti semisecolari su mille casi del mio approccio socioclinico e scientifico sociologico E.G.E.E.(Euristica-Gnoseologia-Epistemologia-Ermeneutica), è economia all’80 %, cioè quasi tutta. E il denaro in economia è un equivalente generale molto rilevante, malgrado i tentativi da varie parti di mettere le valute vecchie in concorrenza e/o di crearne di nuove più “sane” e riportarlo al suo ruolo tecnico, storico e anche intrinsecamente contingente. Dunque, nelle analisi sociologiche sui comportamenti autodistruttivi (le guerre) di questa bestiaccia che è l’Homo Sapiens, vale senz’altro quanto detto sopra: opportunismo, potere, denaro, ostilità…

Che fare? Di sicuro non va sbagliata l’analisi, cioè, vanno capite bene le situazioni.

Mi vengono in mente alcuni punti:

1. La possibilità di sostituire una valuta estensiva dell’economia secondaria (dollaro-euro) con una equivalente dell’economia primaria dipende dal grado di importanza attuale dell’economia di trasformazione (dimensioni e tasso di crescita) rispetto a quella estrattiva in genere o legata al territorio (agricoltura-allevamento). Non sarebbe una valuta “buona ed etica” rispetto a una “cattiva e coloniale”, benché ci siano elementi parziali di quel tipo nell’un caso e nell’altro…

2. Si sono avanzate ipotesi neo-marxiste di una valuta equivalente generale basate sul solo lavoro umano. L’idea è molto suggestiva e va riflettuta, ma sembra obiettivamente impossibile a mio avviso escludere il “Lavoro del Capitale”, che è elemento centrale dell’organizzazione secondaria. Basarsi soltanto sul valore lavoro è teorico intanto e forse fuorviante.

3. Va certamente rivisto il ruolo degli Stati nel processo finanziario: a. emissioni di valuta; b. sue coperture in termini di corrispondenza di valore (oro, ecc.) c. Controllo e guida, che possono diventare ostacoli e asperità che danneggiano il naturale fluire dell’economia reale.

4. Intravedo come prospettiva non la presenza di una “valuta equivalente generale” di altro tipo e “più giusta”, bensì la presenza di valori economici conclamati non per vie teoriche ma per sistematica valorizzazione interna al processo economico come avviene coi meccanismi delle neo-valute (non più cript-iche) che vedono fuori gli Stati, cancellati dal campo processuale economico finanziario grazie al meccanismo privato delle block-chain. Anche se rimarrebbero come (importanti…) clienti di beni e servizi e fornitori di welfare.

Le cronache storico-economiche di questi giorni post-capitolazione del regime di Assad, sono stato utilissime per capire la vera sostanza di ciò che sta accadendo, e che io sostengo fin dal primo minuto: questa guerra diffusa è una guerra economica, che vede alcune motivazioni intrecciarsi, ma che è prevalentemente la guerra dei produttori di materie prime e combustibili fossili e gas contro i loro clienti secondari, trasformatori, che oggi detengono, con l’organizzazione industriale, il dispositivo più importante di creazione del valore e di distribuzione dello stesso sui popoli, anche attraverso la creazione di una “vera” classe media, per valore nel sistema economico e nono soltanto per reddito. Malgrado la prevalenza nei mass-media della cronaca e dell’ideologia, in questo caso i fatti descritti avvalorano un’altra interpretazione, non da buoni/cattivi come fanno le ideologie (che vengono dalle favole dell’infanzia…), bensì da fatti obiettivi abbastanza chiari, quindi condivisibili.

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Ma quanta falsa retorica è stata usata per nascondere chiari interessi economici anche personali, in questo caso propri dell’oligarchia primaria russa?

E quanto la strategia di comunicazione utilizzata dipende della strategia di potenza e dell’interesse di una lobby economica di ricchi oligarchi e non da valori umanitari, come la retorica della sottile propaganda ha fatto credere a mezzo mondo di brava gente?



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