L’economia cinese sta attraversando un periodo particolarmente complesso, caratterizzato da una prolungata fase di deflazione che sta mettendo a dura prova le industrie nazionali e costringendo il governo a intervenire con misure straordinarie di stimolo economico. I prezzi alla produzione continuano a calare perché la produzione eccede la domanda e quindi le aziende sono costrette a una sempre maggiore concorrenza.
Un problema della sovrapproduzione
Un caso emblematico è quello della Shandong Chenming Paper, uno dei più grandi produttori di carta cinesi, che rappresenta perfettamente le difficoltà del settore manifatturiero. L’azienda, nel tentativo di smaltire l’eccesso di capacità produttiva, ha tagliato i prezzi per liberarsi delle scorte. Invece di migliorare la situazione, questa strategia ha provocato perdite significative: lo scorso mese, l’azienda ha accumulato circa 250 milioni di dollari di debiti scaduti, tanto che alcuni creditori hanno intentato cause legali e alcuni conti bancari sono stati congelati. L’azienda è al limite del fallimento.
Questo non è un caso isolato, ma un sintomo di un problema più ampio che sta colpendo l’intera economia cinese. I prezzi dei beni in uscita dalle fabbriche cinesi hanno registrato un calo anno su anno per 26 mesi consecutivi, con una diminuzione del 2,5% a novembre rispetto all’anno precedente.
Le misure del governo
Di fronte a questa situazione, i leader cinesi hanno deciso di prendere una posizione attiva. Al cotnrario di quanto accade in occidente la manifattura viene considerata essenziale nella stabilità della società. Quindi hanno annunciato una serie di interventi per stimolare l’economia:
- Riduzione dei tassi di interesse
- Aumento dei prestiti governativi
- Implementazione di una politica fiscale più proattiva
- Adozione di una politica monetaria “moderatamente allentata”, quindi con uno stimolo al rilassamento presso la PBOC
- Impegno a rafforzare la domanda interna
- Stabilizzazione del mercato immobiliare
L’obiettivo è chiaro: interrompere il circolo vizioso della deflazione prima che diventi un problema strutturale. Come sottolinea Penelope Prime, direttrice del China Research Center, c’è il rischio concreto che si inneschi “un ciclo vizioso” in cui le aziende riducono gli investimenti, licenziano dipendenti e i consumatori rinviano gli acquisti nella convinzione che i prezzi continueranno a scendere.
Il confronto con il Giappone
Gli economisti vedono inquietanti parallelismi con la situazione del Giappone negli anni ’90, quando lo scoppio delle bolle immobiliari e azionarie portò a tre decenni di crescita debole e deflazione persistente. Richard Koo, economista di Nomura Securities, ha coniato il termine “recessione da bilancio” per descrivere quel periodo e vede analogie con l’attuale situazione cinese.
La “Recessione di bilancio” è una scarsitàò di fiducia nel futuro da parte di famiglie e aziende che preferiscono rimborsare i debiti piuttosto che investire, Una stagnazione pericolosa che si sta evidenziando nella scarsa domanda di prestiti al sistema finanziario cinese
Le sfide future
Un ulteriore elemento di complessità è rappresentato dalla potenziale nuova guerra commerciale con il presidente eletto Donald Trump. Le possibili tariffe potrebbero rendere ancora più difficile per la Cina smaltire l’eccesso di produzione, aggravando la situazione economica.
L’industria automobilistica offre un altro esempio significativo. William Li, CEO di NIO, ha denunciato un “ciclo insostenibile” di tagli dei prezzi che danneggia la redditività, eppure la produzione di veicoli continua a crescere.
Che dicono gli esperti
Le stime degli analisti economici sono tutt’altro che ottimistiche. Nomura prevede che l’indice dei prezzi alla produzione rimarrà in territorio negativo, con un calo dell’1,2% nel 2025, mentre Macquarie stima una flessione dell’1%. Bank of America e Goldman Sachs si aspettano invece prezzi stabili.
Eswar Prasad, professore di politica commerciale alla Cornell University, mette in guardia: “Più a lungo dura la deflazione, più si radica nelle aspettative delle persone sulle prospettive economiche, rendendo sempre più difficile utilizzare stimoli macroeconomici”.
Senza un duro intervento del governo la recessione rischia di diventare permamente e non risolvibile. Il governo cinese non può permetterselo.
La strategia di Xi Jinping
Il presidente cinese sembra puntare sul manifatturiero per rilanciare l’economia, considerando il modello di crescita basato sui consumi all’americana poco efficiente.
Una strategia che richiederà interventi strutturali e una visione di lungo periodo e che quindi privilegia gli investimenti produttivi all’incentivazione diretta dei consumi, comunque presente.
Un esempio concreto viene dal settore tessile. Lisa Wang, commerciale in una fabbrica dello Zhejiang, racconta come la sua azienda stia cercando di diversificare la produzione, sviluppando prodotti innovativi come coperte con tessuti a temperatura controllata, nel tentativo di attrarre nuovi clienti.
La partita è ancora aperta, ma è chiaro che la Cina dovrà muoversi con estrema cautela per evitare di cadere nella trappola della deflazione prolungata. Inoltre questa strategia punta sull’export, un fattore che crisi europea e presidenza Trump, con i dazi annunciati, richiano di mettere in crisi. Sarà una lotta senza risparmio di colpi.
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