I NUMERI DEL LAVORO/ Boomers e laureati fanno crescere ancora l’occupazione

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Crescono gli occupati e calano le ore lavorate per ogni dipendente. Lo afferma Istat che ieri ha pubblicato i dati sul mercato del lavoro del terzo trimestre 2024.

Rispetto all’anno scorso gli occupati sono cresciuti (+517 mila, +2,2% in un anno) e sono circa 24 milioni 129 mila unità; il tasso di occupazione delle persone tra i 15 e i 64 anni raggiunge il 62,6%. Fra gli occupati sono cresciuti i dipendenti a tempo indeterminato (+565 mila, +3,6% in un anno) e gli indipendenti (+131 mila, +2,6%), mentre continuano a diminuire i dipendenti a termine (-178 mila, -5,9%). Crescono anche gli occupati a tempo pieno (+607 mila, +3,1%), mentre calano quelli a tempo parziale (-90mila, -2,2%).


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I disoccupati sono 1 un milione e 428 mila (-418 mila rispetto al terzo trimestre 2023), calano anche i disoccupati di lungo periodo (che cercano lavoro da almeno 12 mesi): diminuiscono di 11,6 punti fino al 43,0%. Il tasso di disoccupazione scende al 5,6% (-1,7 punti in un anno).

Quindi tutto bene, in aggregato. I dati raccolti segnalano anche alcuni problemi noti che si stanno amplificando.



Il numero di inattivi di 15-64 anni è pari a 12 milioni 534 mila unità, in lieve aumento rispetto al terzo trimestre 2023 (+100mila, +0,8%); in particolare aumentano coloro che non cercano lavoro per ragioni familiari (+267 mila, +9,6%). Gli inattivi per motivi familiari sono 3 milioni e 60 mila, dei quali 2 milioni e 918 mila sono donne, più del 95% del totale. Fra i 50-64 anni cresce il tasso di occupazione (+1,4 punti rispetto a +1,0 punti dei 35-49enni e +0,7 punti dei giovani di 15-34 anni) e la diminuzione del tasso di inattività (-0,7 punti), mentre crescono gli inattivi nelle altre due classi di età (+0,5 punti per i 35-49enni e +0,6 punti per i 15-34enni).



In una situazione simile, e con un mercato che comunque sembra in grado di assorbire lavoratori, non sorprende che i canali di ricerca del lavoro restino quelli tradizionali: al 70% reti informali e poi mandare il CV, in crescita il ricorso ai servizi pubblici e in calo le agenzie private. Insomma, le riforme previste dal Pnrr non sembrano avere scalfito il solito andamento, segno che non sono riforme strutturali, ma spese che hanno inciso solo marginalmente sul funzionamento del mercato.

In generale la domanda di lavoro delle imprese resta in crescita anche se rallentata. Le posizioni vacanti sono ancora al 2% rispetto agli occupati, ma vista la scarsità di laureati e diplomati il dato è destinato a restare alto anche in fase di rallentamento.

Il monte ore lavorate su base congiunturale (dati destagionalizzati) diminuisce dello 0,2% nell’industria e dello 0,3% nei servizi; su base annua (al netto degli effetti di calendario), cala dello 0,5% nell’industria mentre cresce del 2,2% nei servizi; le ore lavorate per dipendente diminuiscono sia in termini congiunturali, nell’industria e nei servizi (dello 0,3% e dell’1,2% rispettivamente), sia rispetto al terzo trimestre 2023 (nell’industria dell’1,5% e nei servizi dello 0,6%).

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Quindi, lavoriamo di meno, ma con più persone. Il rallentamento dell’industria (in flessione da più di un anno), si fa vedere come aumento della cassa integrazione. Nel terzo trimestre 2024, le imprese industriali e dei servizi privati hanno utilizzato 8,0 ore di Cig ogni mille ore lavorate, registrando un aumento di 2,2 ore rispetto allo stesso trimestre del 2023.

La somministrazione di lavoro, una sorta di canarino nella grotta per verificare le tendenze del mercato, ha registrato una riduzione dell’1% nel suo complesso, dove però i full time sono calati dell’1,6%. Il calo dura da otto trimestri e l’incidenza della componente part-time sul totale delle posizioni in somministrazione sale al 27,2%

In conclusione, la crescita dell’occupazione la si deve principalmente ancora ai boomers, la classe demografica più ampia, ma anche la più vicina al ritiro e ai laureati, classe meritevole ma molto ridotta rispetto alla media dei Paesi Ocse. L’ampliamento della base occupazionale riduce le posizioni instabili e il part-time, salvo scaricarle sulla somministrazione, la parte di mercato del lavoro più facile da sacrificare per far fronte a una caduta dei mercati o a un cambio repentino delle aspettative. La molla della prossima ristrutturazione, industriale e dei servizi, si sta caricando, aspettando riforme strutturali che ormai non verranno più.

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