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Il grande disordine in due istantanee fulminanti. Con la Regione Puglia sullo sfondo. La prima: Michele Emiliano scopre quasi d’improvviso il pericoloso potenziale corrosivo delle alleanze extra-large, del trasformismo, dell’abbuffata di consiglieri-figurine di varia estrazione accolti senza troppe remore, tanto c’è sempre il potere che attrae e fa da cemento di tutto. Dice il governatore, condannando il teatrino in Consiglio regionale sulla Legge di Bilancio, tra emendamenti-mancia e rumorosi mal di pancia: «Difficile distinguere i consiglieri come collocazione politica, pensano tutti a se stessi», «ci sono conflitti pre-elettorali». In definitiva: è Emiliano che rimbrotta Michele, è il governatore che censura il suo stesso spericolato metodo elevato negli anni a dottrina elettorale, a vera scienza.

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La seconda istantanea è tutta focalizzata sul centrodestra, che in Puglia resta pur sempre il più fedele alleato e il segreto del successo del centrosinistra largo e variabile di Emiliano o di chi ne raccoglierà lo scettro (Antonio Decaro, presumibilmente): governare – si sa – è il miglior adesivo e l’opposizione viceversa stanca chi la fa da 20 anni, d’accordo, ma lì a destra si procede ormai in ordine sparso, ognuno per sé e tutti cercando di massimizzare piccole rendite e micro interessi, tutelando feudi elettorali a raggio corto, senza guida e progetto di coalizione, senza orizzonte e senza la giusta dose di quella “cattiveria agonistica” necessaria per provare a disarcionare il centrosinistra dal trono regionale. L’esempio cardine è andato in scena l’altroieri in Commissione Bilancio: l’assalto alla diligenza della Legge finanziaria pugliese, una pioggia di emendamenti del centrodestra promossi dalla maggioranza, il gran bazar delle mance e mancette, dai 50mila euro per il Palio delle Contrade di Serracapriola ai 15mila per l’Aquabike o al milione abbondante per le farmacie rurali. In bilico tra galateo istituzionale – che tutto sommato prevede di lasciare alle opposizioni un minimo spazio di manovra nel bilancio – e inciucione trasversale di fine legislatura. Con un dettaglio politico da non sottovalutare: a incamerare mini finanziamenti sono stati consiglieri di Lega e Forza Italia, e invece Fratelli d’Italia s’è tenuto ai margini. «Noi non siamo andati a trattare con l’assessore al Bilancio», ci hanno tenuto a far sapere in serata. Una patente di purezza politica? Non proprio: c’è, anche in questo, una qualche dose di lucido calcolo elettorale. E, nel complesso, s’amplifica la sensazione latente da tempo: il centrodestra è a compartimenti stagni, soffre d’incomunicabiltà interna, è virtuale, quasi una finzione che nasconde spaccature profonde e qualche isolato flirt sottobanco con Emiliano, oltre che la completa assenza di prospettiva e leadership unitarie.

Il clima elettorale

Il clima è quello che è, banalmente: elettorale, in autunno o al massimo in primavera 2026 la Puglia torna alle urne.

Vero, come ammesso con crudezza e disillusione da Emiliano: i consiglieri, tutti, sono divorati dal patema della rielezione e dalla fame di voti, ed è questo il motore di qualsiasi mossa e scelta. Ed è altrettanto vero che la maggioranza consiliare è diventata un magma incontrollabile e ingestibile da tempo e sempre di più, anche perché i singoli consiglieri (formidabili e tattici “animali da consenso”) sanno benissimo che a impugnare le leve decisionali del centrosinistra (e dunque di liste e candidature) sarà a breve Decaro, e non più Emiliano: è in corso il riposizionamento all’ombra dell’eurodeputato barese. Insomma, il mix è esplosivo: da un lato, la naturale tendenza – a ridosso delle elezioni – dei consiglieri a giocare da battitori liberi; dall’altra parte, la ridotta centralità nei prossimi mesi dell’attuale governatore, che lo rende inevitabilmente meno muscolare e attrattivo.

Andrebbe aggiunto un terzo fattore: la coalizione larga “alla pugliese” ha confini e connotati ormai indefiniti, il Pd fa da traino e però vive di contraddizioni e divisioni interne, l’arca dei civici è un contenitore fluido e a porte girevoli, i cinque stelle galleggiano nell’ambiguità a metà tra opposizione e maggioranza, così come Azione. Dopo l’approvazione del bilancio in Consiglio, sarà necessario un momento di chiarezza, per traguardare in sicurezza l’ultimo stralcio di legislatura, cercando di portare a soluzione qualche dossier chiave. E quel chiarimento sulle ambiguità in Regione e in coalizione dovrà passare doverosamente anche dalla regia dello stesso Decaro, destinato – sempre che abbia la ferma e reale intenzione di candidarsi – a ritagliarsi il virtuale ruolo di centro di gravità permanente del centrosinistra largo, ben oltre il “semplice” mandato in Europa e ben prima di qualsiasi candidatura ufficiale alla Regione.

Il centrodestra

Il centrodestra poteva sfruttare l’ultima sessione di Bilancio del decennio di governo Emiliano per provare a lanciare un segnale, incalzando a dovere – e come compete a chi è all’opposizione – la maggioranza. Ma niente da fare. Un errore strategico che si somma al lungo elenco di deficit strutturali, vuoti di leadership, latitanze su temi e contenuti, e infine difficoltà a individuare candidati vincenti e ad ampliare per le Regionali la base elettorale e della classe dirigente. Senza una visione comune – e le dinamiche del Consiglio regionale ne testimoniano la totale inconsistenza o assenza – sarà impresa ardua plasmare un solido e credibile progetto e rintracciare un front runner di valore: al momento, metodo e percorso verso le Regionali sono all’anno zero per il centrodestra. E di questo passo, il centrosinistra “rischia” un totale di 25-30 anni di (beata) solitudine al governo pugliese, nonostante tutto.

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