VATICANNEWS.VA * GIORNATA PACE: PAPA FRANCESCO, «L’UMANITÀ MINACCIATA DALLE DISPARITÀ, CONDONARE NEL 2025 IL DEBITO AI PAESI POVERI»

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07.07 – venerdì 13 dicembre 2024

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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Il Papa: l’umanità minacciata dalle disparità, condonare nel 2025 il debito ai Paesi poveri. Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace 2025 che si celebrerà il prossimo primo gennaio sul tema “Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la pace”. Suggerite tre azioni per rimettere i popoli “sulla via della speranza”: trovare forme di condono del debito estero riconoscendo il debito ecologico tra Nord e Sud del mondo; abolire la pena di morte in tutte le nazioni; destinare fondi non alle armi, ma alla lotta della fame globale.

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Isabella Piro – Città del Vaticano

“Che il 2025 sia un anno in cui cresca la pace!”: a ridosso del Giubileo, che avrà inizio il 24 dicembre, e in vista della 58° Giornata mondiale della pace che si celebrerà il 1° gennaio, Papa Francesco torna ancora una volta a invocare la pace, quella “vera e duratura”, quella che va oltre i cavilli contrattuali o i compromessi umani, quella donata da Dio ai cuori disarmati che non fanno calcoli, che non si impuntano sull’egoismo e sullo sconforto per guardare, invece, al futuro con speranza.

 

Contro la logica dello sfruttamento occorre un cambiamento culturale

“Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace”, scrive Francesco nel suo messaggio. Il versetto della preghiera del Padre nostro diventa così fondamento e sprone per avviare un cambiamento culturale grazie al quale le relazioni con gli altri non siano più governate da “una logica di sfruttamento”, dove il più forte prevarica il più debole.

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Nel “villaggio globale interconnesso” che è oggi il mondo – afferma il Pontefice – occorre mettersi in ascolto del grido dei poveri e della terra, del grido “dell’umanità minacciata”, perché “nessuna persona viene al mondo per essere oppressa”, ma “siamo nati per essere liberi secondo la volontà del Signore”.

 

Concrete minacce per l’esistenza dell’umanità

Richiamando quelle “strutture di peccato” già in passato indicate da san Giovanni Paolo II e che oggi sono consolidate e sorrette da “una complicità estesa”, Francesco denuncia quindi le “disparità di ogni sorta” che affliggono il pianeta:

Mi riferisco, in particolare, al trattamento disumano riservato alle persone migranti, al degrado ambientale, alla confusione colpevolmente generata dalla disinformazione, al rigetto di ogni tipo di dialogo, ai cospicui finanziamenti dell’industria militare. Sono tutti fattori di una concreta minaccia per l’esistenza dell’intera umanità.

 

Spezzare le catene dell’ingiustizia per aprire vie di speranza

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Tutti siamo responsabili, incalza il vescovo di Roma, e tutti siamo chiamati a “rompere le catene dell’ingiustizia per proclamare la giustizia di Dio” e avviare quel cambiamento culturale e strutturale che ci consenta di riconoscerci non solo “debitori” del Signore e dei suoi doni, ma anche “necessari l’uno all’altro, secondo una logica di responsabilità condivisa e diversificata”. Solo lasciandoci “toccare il cuore” da questi cambiamenti, infatti, l’Anno giubilare “potrà riaprire la via della speranza” per ciascuno di noi”:

La speranza è sovrabbondante nella generosità, priva di calcoli, non fa i conti in tasca ai debitori, non si preoccupa del proprio guadagno, ma ha di mira solo uno scopo: rialzare chi è caduto, fasciare i cuori spezzati, liberare da ogni forma di schiavitù.

 

Rimettere il debito estero riconoscendo il debito ecologico

Tre, dunque, le “azioni possibili” che il Papa suggerisce per il 2025: la prima riguarda quelle “due facce della stessa medaglia” che sono il debito estero e il debito ecologico e che alimentano la logica che porta i Paesi più ricchi a sfruttare in mondo indiscriminato le risorse “umane e naturali” dei Paesi più poveri, “pur di soddisfare le esigenze dei propri mercati”:

Invito la comunità internazionale a intraprendere azioni di condono del debito estero, riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo. È un appello alla solidarietà, ma soprattutto alla giustizia. Perché non ci si limiti a “un atto isolato di beneficenza”, Francesco ribadisce che occorre anche “lo sviluppo di una nuova architettura finanziaria, che porti alla creazione di una Carta finanziaria globale, fondata sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli”.

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Eliminare la pena di morte in tutti i Paesi

La seconda azione è “un impegno fermo a promuovere il rispetto della dignità della persona umana, dal concepimento fino alla morte naturale”. E per favorire “la cultura della vita”, il Papa indica “un gesto concreto”: Mi riferisco all’eliminazione della pena di morte in tutte le Nazioni. Questo provvedimento, infatti, oltre a compromettere l’inviolabilità della vita, annienta ogni speranza umana di perdono e di rinnovamento.

 

Investire nella lotta alla fame, non negli armamenti

Per “costruire nuovi cammini di pace” in “questo tempo segnato dalle guerre”, inoltre, Francesco auspica – sulla scia di Paolo VI e Benedetto XVI – che vengano ripensati gli investimenti finanziari:

Utilizziamo almeno una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico.

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Un cuore disarmato non è sordo al grido dei poveri

Chi intraprende questi tre gesti, prosegue il Papa, vedrà avvicinarsi la meta della pace “tanto agognata”, perché essa “non giunge solo con la fine della guerra, ma con l’inizio di un nuovo mondo, un mondo in cui ci scopriamo diversi, più uniti e più fratelli”. Il Messaggio si conclude con una preghiera, affinché il Signore conceda la sua pace ad ogni persona di buona volontà”:

A chi si lascia disarmare il cuore, a chi con speranza vuole rimettere i debiti ai propri fratelli, a chi senza timore confessa di essere tuo debitore, a chi non resta sordo al grido dei più poveri.



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