Permessi 104 e ricovero in una casa di riposo: la sentenza

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Permessi 104 e ricovero in una casa di riposo. La Corte di Cassazione ha stabilito che per perdere il diritto ai permessi della Legge 104 occorre un ricovero a tempo pieno in una struttura sanitaria con assistenza medica continua. Al contrario, se il familiare disabile è accolto in una casa di riposo senza cure mediche costanti, il lavoratore conserva il diritto ai permessi. Ti spiego perché. – Scopri le nostre guide complete su invalidità, Legge 104 e pensione anticipata. Entra nei nostri gruppi WhatsApp e Telegram.

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Cosa è successo

Un dipendente della ASL Torino 5, assunto come autista, era stato licenziato perché, secondo l’Azienda, aveva dichiarato il falso: aveva detto che sua madre, per la quale usufruiva dei permessi previsti dalla Legge 104/1992 (art. 33), non era ricoverata a tempo pieno in una struttura.

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La ASL sosteneva invece che la madre del lavoratore risiedesse da tempo in una casa di riposo e che quindi il lavoratore avesse fatto una dichiarazione non veritiera.

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Cosa ha deciso la Corte d’Appello di Torino

La Corte d’Appello aveva confermato il licenziamento, considerando la dichiarazione come una grave violazione del rapporto di fiducia tra datore di lavoro e dipendente.

Cosa dice la Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello e rimandato il caso ad un nuovo esame. La Cassazione ha spiegato chiaramente che la Legge 104/1992 (art. 33) concede i permessi per assistere familiari disabili a condizione che la persona da assistere non sia già “ricoverata a tempo pieno” in una struttura sanitaria in grado di fornire assistenza medica continuativa.

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La differenza tra “ricovero a tempo pieno” e semplice permanenza in una struttura non sanitaria:

  • Ricovero a tempo pieno, secondo la Legge 104/1992, significa essere in una struttura (ospedale o simile) che offra assistenza medica 24 ore su 24. In questo caso il familiare non ha più bisogno dell’aiuto diretto del congiunto, perché la struttura garantisce tutte le cure necessarie.
  • Strutture come case di riposo o residenze alberghiere, invece, non forniscono questo tipo di assistenza sanitaria continua. Quindi, se la madre del dipendente si trovava in una casa di riposo che non offriva assistenza medica costante, non si può considerare questo un “ricovero a tempo pieno” nel senso richiesto dalla legge.

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Perché la Cassazione ha annullato la sentenza

La Corte d’Appello di Torino non aveva considerato correttamente la distinzione tra il vero e proprio ricovero sanitario (che esclude i permessi 104) e la semplice permanenza in una struttura non sanitaria. Di conseguenza, non si può dire che il lavoratore avesse dichiarato il falso nel dire che la madre non era “ricoverata a tempo pieno” se la casa di riposo non forniva assistenza medica continua.

La Cassazione ha rinviato il caso alla Corte d’Appello di Torino, in una nuova composizione di giudici, affinché riesamini la situazione tenendo conto delle indicazioni fornite. La Corte d’Appello dovrà valutare se effettivamente c’è stata una dichiarazione mendace oppure no. Inoltre, dovrà anche decidere sulle spese legali di questo nuovo giudizio.

Riferimenti normativi e sentenze richiamate

  • Art. 33, Legge 104/1992: Permessi per assistere un familiare disabile.
  • Sentenza Corte Costituzionale n. 213/2016: rafforza il concetto di assistenza al disabile in ambito familiare.
  • Sentenze della Cassazione Penale (ad es. n. 8435/2013): definiscono “ricovero a tempo pieno” solo quello presso strutture che garantiscono assistenza sanitaria continua.

In sintesi, la Cassazione ha stabilito che per perdere il diritto ai permessi della 104 la persona disabile deve essere ricoverata in una struttura sanitaria con assistenza medica continua. Se invece è ospitata in una casa di riposo senza assistenza continua, non si tratta di un “ricovero a tempo pieno” e il diritto ai permessi resta valido.

Permessi 104 e ricovero in una casa di riposoPermessi 104 e ricovero in una casa di riposo
Nell’immagine una donna ospite in una casa di riposo.

FAQ (domande e risposte sui permessi legge 104)

Come si calcolano le ore di permesso frazionate?

Il calcolo delle ore di permesso frazionate per i caregiver familiari varia tra settore privato e pubblico. Nel settore privato, l’INPS stabilisce che il numero di ore si calcola dividendo l’orario normale di lavoro settimanale per il numero dei giorni lavorativi settimanali e moltiplicando il risultato per 3.

Ad esempio, un lavoratore con un orario di 40 ore settimanali su 5 giorni avrà diritto a 24 ore di permesso mensili [(40:5)x3=24]. Nel settore pubblico, invece, la frazionabilità in ore è subordinata al contratto collettivo di categoria e, se prevista, non può superare le 18 ore mensili.

Cosa si intende per giornate non ricorrenti?

Nel comparto scuola, la frazionabilità in ore dei permessi 104 non è prevista. Il contratto nazionale della scuola prevede che i permessi vengano fruiti in giornate non ricorrenti, ovvero in giorni diversi ogni settimana. Questo significa che se in una settimana il permesso viene utilizzato il lunedì, la settimana successiva dovrà essere fruito in un giorno diverso, per non creare disagi nella programmazione scolastica.

A chi spetta la programmazione dei permessi?

La programmazione dei permessi 104 varia tra settore privato e pubblico. Nel settore privato, il datore di lavoro ha la facoltà di richiedere la programmazione dei permessi, ma solo se il lavoratore è in grado di individuare preventivamente le giornate di assenza, se non compromette l’assistenza al disabile e se segue criteri condivisi con i lavoratori e le loro rappresentanze. Nel settore pubblico, la programmazione dei permessi è obbligatoria e deve essere concordata con un dirigente responsabile.

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Cosa succede se il lavoratore cambia lavoro?

Se un dipendente che utilizza i permessi 104 cambia lavoro, è necessario presentare una nuova richiesta sia all’INPS sia al nuovo datore di lavoro.

L’INPS richiede una nuova domanda telematica, mentre il nuovo datore di lavoro deve ricevere una richiesta formale che contenga informazioni sul lavoratore, sulla persona disabile, sul rapporto di parentela e l’impegno a fornire assistenza e comunicare eventuali variazioni. Il datore di lavoro non può negare il beneficio, ma può verificare la sussistenza dei requisiti.

Cosa può fare il caregiver durante i permessi?

La normativa non specifica nel dettaglio cosa può fare un caregiver durante i permessi 104, ma la giurisprudenza ha contribuito a definire i limiti tra un uso legittimo e un abuso del beneficio.

Le sentenze della Cassazione hanno stabilito che il caregiver può dedicare una parte della giornata alle proprie esigenze personali e familiari, ma deve garantire un’assistenza costante e flessibile al disabile.

Azioni come andare in vacanza, fare shopping o partecipare a feste sono considerate abusi che possono comportare il licenziamento. Tuttavia, attività come fare la spesa, andare dal medico o svolgere commissioni per il disabile sono considerate legittime.

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