IA non deve far paura, Ue eviti frammentazione norme

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“Pmi devono integrarsi con grandi aziende per essere competitive”

L’Artificial Intelligence Act dell’Ue è un atto positivo ma occorre evitare il rischio di “frammentazione” e il “paradosso” di dover usare l’IA per gestire la complessità delle norme sull’IA, penalizzando in particolare le Pmi. Lo ha detto Valentino Valentini, vice ministro delle Imprese e del Made in Italy, intervenendo al Digital Sme Summit presso il Comitato Economico e Sociale Europeo a Bruxelles. Giunto alla sua seconda edizione, questo evento annuale è promosso dalla European Digital SME Alliance per favorire il dialogo tra Pmi, istituzioni politiche, rappresentanti del mondo accademico e imprenditoriale e società civile. L’obiettivo principale del summit è delineare una nuova visione per una leadership digitale europea guidata dalle Pmi innovative.

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Valentini ha sottolineato che la trasformazione digitale dell’Europa si trova “a un punto critico“, in cui le tecnologie emergenti stanno rimodellando il panorama imprenditoriale, e “questo è particolarmente cruciale per le piccole e medie imprese” che costituiscono il 99,9% delle imprese nell’Ue, con il 95,13% di queste classificate come microimprese con meno di 10 dipendenti. In questo complesso ambiente, un’ispirazione può venire dal nostro passato. “Come osservava Bernardo di Chartres nel XII secolo – ha detto – ‘siamo come nani sulle spalle di giganti, e quindi riusciamo a vedere di più e più lontano degli antichi‘. Questa metafora descrive perfettamente come le Pmi devono posizionarsi nell’ecosistema digitale odierno. Devono integrarsi con le grandi imprese per accedere a capacità avanzate di analisi dei dati e partecipare a catene del valore dove l’innovazione dei processi, più che quella dei prodotti, guida il vantaggio competitivo“.

Un’integrazione “fondamentale” perché solo l’8% delle imprese utilizza attualmente tecnologie basate sull’intelligenza artificiale (IA) e solo il 54% degli europei possiede competenze digitali di base. “L’Ue – per il vice ministro – deve accelerare verso gli obiettivi del Decennio Digitale fissati per il 2030. È prioritario completare il Mercato Unico Digitale, condizione essenziale affinché i modelli di business digitali possano scalare e ottenere una crescita esponenziale in tutta Europa“. Se da un lato servono norme per “garantire la sicurezza dei cittadini, proteggere i dati e prevenire abusi” (GDPR, DMA, DSA e Artificial Intelligence Act) dall’altro “una regolamentazione eccessiva potrebbe soffocare l’innovazione e rendere le imprese europee meno competitive a livello globale. Un passo chiave è garantire l’attuazione coerente e armonizzata dell’AI Act in tutti gli Stati membri, evitando il rischio di frammentazione. Bisogna evitare un circolo vizioso in cui la regolamentazione ostacola proprio l’adozione degli strumenti digitali che cerca di controllare, specialmente per le piccole imprese prive di team dedicati alla conformità“. E in particolare, ha rilevato, occorre evitare un paradosso: “I requisiti documentali, le valutazioni del rischio e gli obblighi di monitoraggio previsti dall’AI Act richiederanno probabilmente strumenti automatizzati di conformità alimentati dall’IA per gestire il volume e la complessità delle normative. In sostanza, serve l’IA per poter usare l’IA. E questo, diciamolo chiaramente, allontana più di ogni altra cosa le piccole e medie imprese“.

Per sostenere la transizione digitale delle Pmi – ha ricordato – il governo fornisce incentivi alle Pmi (con il programma Transizione 4.0); collabora con 50 centri di competenza “per favorire il trasferimento tecnologico“; sfrutta il Fondo nazionale innovazione, che gestisce oltre 1,7 miliardi e “mira ad espandere gli investimenti diretti e indiretti nelle startup durante tutto il loro ciclo vitale, promuovendo anche una cultura imprenditoriale in Italia“.

Il futuro – ha concluso – non risiede nel temere la digitalizzazione o l’IA ma nell’abbracciarle come strumenti per democratizzare la tecnologia. Favorendo la collaborazione tra PMI e grandi imprese e gestendo attentamente i requisiti normativi possiamo creare un ecosistema dove la tecnologia diventa un ponte anziché una barriera, consentendo a tutti i partecipanti di prosperare nell’era digitale“.



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