Sul fiume Tagliamento incombe il progetto di una grande opera anti-alluvioni. Un coordinamento di associazioni ambientaliste, sindaci e cittadini chiede di pensare a soluzioni basate sulla natura per proteggere l’ambiente
Il ripristino della connettività fluviale e la sua conservazione sono un elemento cardine della Nature restoration law. Un obbligo per gli Stati membri
Il Tagliamento, nel suo medio corso, è il più naturale dei grandi fiumi alpini. Viene chiamato il “re”. Conserva caratteristiche ormai perdute in gran parte dell’Europa occidentale e per questo viene studiato da Università ed enti di ricerca di tutto il mondo. Oggi, ancora una volta, proprio su questo tratto fluviale incombe l’ennesimo progetto di una grande opera, pensata per “mettere in sicurezza” la bassa pianura dal rischio alluvionale: un ponte-traversa con paratoie mobili, tra Spilimbergo e Dignano, per la creazione di un bacino di espansione in linea, nell’alveo attivo. Una specie di Mose di Venezia. Costo stimato: 200 milioni di euro.
La comunità tecnico-scientifica internazionale ha risposto con una petizione firmata da oltre ottocento studiosi ed esperti da trentacinque Paesi, per cui «è imprescindibile gestire il rischio di alluvioni conservando l’inestimabile valore ambientale, sociale e culturale del fiume». A sostegno di questa richiesta, è nata la coalizione “Free Tagliamento“, con una pagina web dedicata e una petizione in italiano, inglese e tedesco su change.org: un’iniziativa di Legambiente, Wwf e Lipu del Friuli-Venezia Giulia, con l’associazione locale Foce del Tagliamento.
«Chiediamo che vengano finalmente considerate alternative basate sulla natura. Intervenire in un ecosistema così raro richiede una valutazione attenta degli impatti e dei benefici, e implica scelte condivise con la popolazione», dice Sandro Cargnelutti, presidente di Legambiente Friuli-Venezia Giulia. La proposta della giunta guidata da Massimiliano Fedriga arriva dopo decenni di progetti bocciati, pensati per la gestione del rischio alluvionale nel tratto terminale del fiume, dove scorre stretto tra alti argini, in un contesto fortemente antropizzato e cementificato. L’idea è sempre stata quella di realizzare una sola grande opera salvifica, molto impattante per la parte di maggiore valore ambientale del Tagliamento.
Ad aprile 2024, la firma della delibera regionale che dà avvio all’iter per il nuovo ponte-traversa ha colto di sorpresa gli stessi sindaci dei Comuni interessati, entrambi sostenuti da una maggioranza di centro-destra. A luglio i due hanno votato, insieme, un ordine del giorno per dichiarare la loro contrarietà e in ottobre si sono uniti altri dodici primi cittadini. Il consigliere regionale Markus Maurmair, di Fratelli d’Italia (come l’assessore regionale alla Difesa dell’ambiente Fabio Scoccimarro), ha chiesto il coinvolgimento di esperti e professionisti indicati dai Comuni. Entro febbraio 2025 si terrà un’audizione presso l’Autorità di bacino delle Alpi Orientali, «per favorire la migliore comprensione degli interventi previsti nel Piano di gestione del rischio alluvioni». Ma l’iter non rallenterà, assicura Scoccimarro.
Sono stati già stanziati 1,7 milioni di euro, per affidare gli incarichi e redigere i primi documenti previsti dal Codice degli appalti: il documento di fattibilità delle alternative progettuali e il documento di indirizzo della progettazione. Nei primi mesi del 2025 è previsto l’avvio anche di una seconda opera di laminazione, una cassa fuori alveo più a valle, a Madrisio – Varmo. I lavori partiranno nel 2026, secondo la tabella di marcia dell’assessore, che specifica: «Durante questo periodo verrà garantito come sempre il confronto e la massima condivisione con il territorio». Un confronto che, per tecnici, studiosi, attivisti e cittadini, deve passare per la valutazione di alternative, senza dare per scontato che si faranno il ponte-traversa e la cassa di Varmo.
Oggi la comunità tecnico-scientifica, gli ambientalisti e migliaia di persone chiedono di affrontare il rischio alluvionale con un approccio diverso, in linea con le indicazioni europee di restituire spazio al fiume. Interventi come l’arretramento di argini, la riconnessione di spazi di pianura inondabili e la delocalizzazione di alcuni edifici posti in zone esondabili permetterebbero di coniugare la protezione della popolazione con la tutela del patrimonio naturale. Il tratto a canali intrecciati del Tagliamento è uno dei pochissimi nelle Alpi a essere ancora “free-flowing”, cioè a poter scorrere senza incontrare ostacoli trasversali e divagare anche lateralmente. Il ripristino della connettività fluviale e la sua conservazione – dove ancora presente – sono un elemento cardine della Nature restoration law, approvato la scorsa estate, un obbligo per tutti gli Stati membri.
«Gli interventi proposti sul Tagliamento fanno riferimento a una piena con tempo di ritorno di cento anni, quindi non potrebbero garantire altrettanta efficacia per eventi di maggiore intensità», spiega Andrea Goltara, direttore del Cirf – Centro italiano per la riqualificazione fluviale e primo firmatario della petizione tecnico-scientifica. «Come qualsiasi altro progetto strutturale che non vada a ridurre la presenza di elementi antropici e la loro vulnerabilità, queste opere non “metterebbero in sicurezza” contro le alluvioni, obiettivo impossibile da raggiungere, dovendo sempre far fronte al rischio residuo. Inoltre, basarsi su grandi opere strutturali rende il territorio molto fragile in caso di malfunzionamento o cedimento, eventualità sempre possibile».
Se le istituzioni raccoglieranno la sfida lanciata dalla coalizione Free Tagliamento, il re dei fiumi alpini potrà diventare un esempio di come coniugare sicurezza pubblica e difesa della biodiversità.
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Fiumi, per il Tagliamento una coalizione propone di utilizzare soluzioni naturali per prevenire le alluvioni
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Sul fiume Tagliamento incombe il progetto di una grande opera anti-alluvioni. Un coordinamento di associazioni ambientaliste, sindaci e cittadini chiede di pensare a soluzioni basate sulla natura per proteggere l’ambiente
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Elisa Cozzarini
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